Il centrosinistra si divide in due correnti trasversali di Fabio Martini

Il centrosinistra si divide in due correnti trasversali CONTRARI ALCUNI DEPUTATI DS E DELLA MARGHERITA Il centrosinistra si divide in due correnti trasversali I Ds avrebbero votato sì, la Margherita chiede e ottiene l'astensione della Lista unitaria. La sinistra radicale e molti del «listone» dicono no Fabio Martini ROMA Alle otto del mattino Luciano Violante aveva deciso: di lì a qualche ora la Quercia avrebbe votato sì all'articolo mio della Grande Riforma elaborata dal centro-destra. Decisione coraggiosa e impegnativa, ma gli alleati? Alle nove, nei labirintici uffici del Gruppo Ds di Montecitorio, si presenta Pierluigi Castagnetti, presidente dei deputati della Margherita: «Luciano, noi non ce la facciamo a votare a favore». Discussione. Deduzioni. Controdeduzioni. Decisione: ci si astiene. E così, poco prima di mezzogiorno, al momento del voto in aula, i deputati della Lista unitaria (ma anche i Verdi) si astengono sul testo che si limita ad affermare che il «Parlamento si compone della Camera dei deputati e del Senato federale». Astensione che tenta di essere coerente con l'impegno, votato dall'Ulivo nel 2001, di istituire un Senato federale. Ma se per il "Listone" l'articolo uno è un guscio vuoto, così non la pensano Rifondazione comunista, il Pdci e soprattutto alcuni deputati ds (Alfiero Grandi, Sergio Sabattini tra gli altri) e della Margherita (Rosi Hindi, Gerardo Bianco, Agazio Loiero, Beppe Fioroni) che votano no, in dissenso dai propri gruppi I frondisti della Lista unitaria non contestano l'utilità del Senato federale in quanto tale, ma il semplice accostamento al centrodestra, considerato un male in sé. Più cruento - come d'abitudine da qualche tempo - il frasario del segretario del Pdci Oliviero DUiberto: «Considero indecente l'astensione del Listone, fatta in una logica inciucista», mentre il capogruppo di Rifondazione Franco Giordano si limita a circoscrivere il dissenso: «Trovo spiacevole che al primo voto ci si sia divisi». Certo, il dissenso emerso ieri mattina alla Camera è stato dilatato dalle dichiarazioni polemiche dei due partiti comunisti, ma la divisione è interessante perché preannuncia due linee - ancora sotto traccia dentro l'opposizione. Due linee su almeno due questioni: provare o no a modificare il testo del centrodestra? Con quale linea affrontare il probabile referendum del 2006? Da tempo ormai nel centrosinistra si confrontano due posizioni sulla possibile modifica della Costituzione, da una parte i "protezionisti" che mirano a proteggere l'impianto e la sostanza della Costituzione del 1948 e dall'altra i "revisionisti", che puntano a sfrondare quelli che ritengono essere i rami invec¬ chiati della Carta scritta dai costituenti. Per il momento la dialettica è stata animata da costituzionalisti e politologi (tra gli altri Pizzorusso, Sartori, Elia da una parte; Barbera, Ceccanti, Fusaro dall'altra), ma ora che la battaglia parlamentare sta per entrare nel vivo stanno affiorando due tendenze anche tra i partiti. Già da tempo il presidente dei deputati ds Luciano Violante va ripetendo nei colloqui informali gli stessi concetti: votando sempre no diamo alibi a chi dice che siamo pregiudizialmente contrari a qualsiasi riforma e dunque cerchiamo di modificare in meglio alcuni dei passaggi più controversi, in particolare l'articolato sul Senato federale. Anche perché una modifica su questo punto cruciale è'destinata a creare nuove divisioni nel centrodestra. Per dirla con Piero Fassino: «L'astensione sull'articolo uno è la prova che l'opposizione non ha alcun pregiudìzio e voterà articolo per articolo». Di diversa opinione è il fronte guidato dall'ex ministro ds Franco Bassanini, animatore di Astrid, vivacissimo pensatoio e anche strumento di lotta. Per il 2 ottobre, insieme a Libertà Giustizia, Astrid ha convocato una mega-assemblea che si terrà al Gran Teatro di Roma (una capienza di oltre 5000 posti) con lo slogan "Salviamo la Costituzione". E l'anima "protezionista" dei Ds si incrocia a quella cattolico-democratica, la cui punta di diamante è costituita da anni dai Comitati Dossetti che proprio per domani hanno convocato un agguerrito convegno a Monteveglio, proprio dove don Giuseppe pronunciò, 10 anni fa, l'ultimo suo discorso, quello nel quale definì alla stregua di «un colpo di Stato» l'eventualità di una profonda modifica dalla Costituzione da parte di un Parlamento eletto col sistema maggioritario. Roberto Calderoli con Luciano Violante

Luoghi citati: Monteveglio, Roma