Addica Giuni Russo voce di estati al mare e talento da virtuosa di Marinella Venegoni

Addica Giuni Russo voce di estati al mare e talento da virtuosa Addica Giuni Russo voce di estati al mare e talento da virtuosa Ricordata soprattutto per il brano deliziosamente leggero firmato da Battiato e per «Voglio andare ad Alghero», da anni ormai aveva scelto altre strade. Percorsi di sperimentazione, diventando autrice Marinella Venegoni MILANO Era fra le interpreti più dotate. Era ima voce capace di raggiungere le vette che appartennero alla leggendaria andina Yima Sumac. In una ideale scuderia di stelle virtuose ed eclettiche, qualunque discografico avrebbe dovuto sognare di esibire, soprattutto in questi tempi di fusion, un'artista come Giuni Russo. In realtà, l'eccezionale vocalità e la duttilità espressiva della grande artista, scomparsa ieri dopo una lunghissima e dolorosa malattia a soli 53 anni (appena compiuti, il 10 scorso), hanno finito per diventare una sorta di prigione. In questo mondo distratto che sempre più difficilmente sa apprezzare il talento, abituato da decenni a preferire la plastica, ancora oggi (ventidue anni dopo) Giuni era soprattutto ricordata per «Un'estate al mare», l'enorme successo deliziosamente leggero firmato da Battiato nel 1982: ima delle rare canzoni intelhgenti dell'estate, dove eleganza e virtuosismo andavano (come raramente accade) a braccetto. In realtà, da anni ormai, altri percorsi aveva scelto Giuseppina Romeo, in arte Giuni Russo. Percorsi di sperimentazione, sul filo di una coerenza che l'aveva anche vista scendere in campo come autrice, spesso al fianco della compagna di sempre i Maria, Antonietta Sismi: .«giUSndq vwflJjRW?bwr«Ptrada e ;ilterreno ti si brucia intomo, si tende a far morire l'artista. Ma sono una prigioniera che urla, io. Non mi possono tenere dietro le grate. La discografia preferisce sempre più le canzonette; Dio mi ha dato un talento, più volte ho cercato di dire "Non canto più", invece è come portare avanti un dono di Dio», ci disse nel '98 all'uscita del misticheggiante ed «Voce prigionie- ra», cantando Battiato e Bellini, Donizetti e Camisasca. Si era, allora, al termine di uno dei tanti estenuanti percorsi per poter dare alla luce uno dei suoi ormai rari dischi. Quasi ossessionata da quella che avvertiva come una sorta di persecuzione del ricordo di successi più facili e immediati, Giuni combatteva da anni una battaglia tenace per rimanere invece nel solco più rigoroso che si era scelta. Bisogna purtroppo dire che ha dovuto combattere quella battagUa con le sole proprie forze; spesso ci è capitato di raccoghere le sue amarezze per le miserie e i rifiuti che si trovava ad affrontare nell'ambiente discografico a tutto tondo, dove assai raramente ha trovato interlocutori capaci di raccoghere la sua sfida, uomini senza cultura pronti magari ora,, dopo la sua scomparsa, a ristampare album preziosi del suo lontano passato finiti nel dimenticatoio. Le rende in parte giustizia il suo ultimo lavoro, «Napoli che canta», uscito in primavera, un dvd e un disco che faceva da colonna sonora a un film muto del '26 girato da Roberto Leone Roberti, padre di Sergio Leone: è un'antologia sui generis della canzone napoletana più classi¬ ca, con anche un medito di cui aveva scritto lei stessa la musica su versi di Totò, intitolato «A cchiù bella». L'ultima apparizione davanti al grande pubblico della tv risale invece all'ultimo Festival di Sanremo targato Bando, l'anno scorso, dove già minata dal male e da cure durissime presentò «Morirò d'amore», che lei stessa aveva scritto, arrangiata da Franco Battiato. L'artista, come lei siciliano, in tutti questi anni è sempre rimasto suo grande amico e non ha smesso di collaborare con lei e di aiutarla, oltre che sponsorizzarla quando era il caso; in viaggio di lavoro verso la Lettonia in queste ore, Battiato ha fatto sapere che preferisce evitare commenti sulla sua scomparsa. Nata a Palermo nel '51 («Siamo nove figli e cantiamo tutti quanti», raccontava) Giuni Russo aveva precocemente studiato canto e composizione. La sua prima esibizione professionale è del 1967, quando vince a 14 anni il Festival di Castrocaro. Nel 1975 incide un album intitolato «Love is a Woman», oggi assai ricercato dai collezionisti; raffinatissimo si rivelerà poi «Energie», disco del 1981 ancora oggi non disponibile in ed (c'è da scommettere che lo sarà). Poi, il grande successo popolare di «Un'estate al mare» e i successivi brani «Vox», «Mediterranea», «Alghero» (anche questa molto popolare, faceva: «Voglio andare ad Alghero/In compagnia di uno straniero»). Altro album originale e assai interessante si rivelerà, nell'88, «A casa di Ida Rubinstem», dove interpreta romanze e arie di Bellini, Donizetti e Verdi. Su questa scia insisterà, fra le resistenze della discografia, a registrare. La sua scomparsa, ora, è una perdita vera per la musica popolare italiana: anche nella dimensione dei concerti, sempre affollatissimi. Era fra le interpreti più dotate, ma trovava grandi difficoltà. Diceva: «lo sono una prigioniera che urla. Non mi possono tenere dietro le grate. Dio mi ha dato una possibilità e io la devo far fruttare» Giuni Russo, scomparsa a 53 anni, era un'artista di eccezionale vocalità e duttilità espressiva

Luoghi citati: Alghero, Bando, Lettonia, Milano, Napoli, Palermo, Sanremo