L'ipotesi di un sequestro «politico» fa crescere i timori del governo

L'ipotesi di un sequestro «politico» fa crescere i timori del governo LE RAGAZZE POTREBBERO ESSERE VITTIME DIUNO SCONTRO TRA SCIITI E SUNNm L'ipotesi di un sequestro «politico» fa crescere i timori del governo Le anomalie dell'azione terroristica inducono i nostri apparati di intelligence a «visioni» diverse Pochi giorni prima del sequestro le due volontarie avrebbero chiesto protezione a un ulema retroscena Augusto Minzolini ROMA PIÙ scorrono le ore, i giorni e più la vicenda delle due pacifiste italiane invece di chiarirsi presenta altri misteri e la confusione, ovviamente, getta ombre sullapossìbihtà che la storia abbia un epilogo positivo. A Palazzo Chigi, ad esempio, in ossequio al carattere del premier, l'ottimismo di facciata è d'obbligo. Ma se si scava tra le congetture e le sensazioni dei consigheri di Berlusconi si scopre che i dùbbi e i timori aumentano con il passare del tempo. Sono arrivate diverse rivendicazioni da quell'oceano immenso e ignoto che è il web, ma nessuna di queste, neppure quella di ieri (che è considerata la più verosimile), risponde a tutti i crismi dell'attendibilità. «Non ci sono prove che chi ha lanciato l'ultimatum da uno di tanti siti della galassia terroristica - osserva un consigliere ascoltatissimo dal premier abbia davvero in mano le due donne. Chiaramente noi diamo peso a qualsiasi segnale, non lasciamo cadere niente, ma questo non significa che i veri rapitori abbiano già lanciato il primo segnale. Quindi si aspettabensapendo che se il sequestro risponde a logiche criminali, cioè se gh autori puntano ad un riscatto in denaro, le possibilità di liberare le due ragazze crescono. Se, invece, si tratta di un'azione che ha una ratio squisitamente "pohtica", come si evince dall'ultima rivendicazione che dà al governo italiano 24 ore per ritirare le truppe, le possibilità diminuiscono. Del resto i precedenti parlano chiaro: su cinque ostaggi di nazionalità italiani presi dai terroristi due sono stati assassinati mentre gh altri tre sono stati liberati da un blitz. Il che dimostra, purtroppo, che è difficile trattare con interlocutori del genere». Appunto. Così a ben vedere la speranza è appesa alle anomahe che il rapimento delle due ragazze presenta rispetto ad altre vicende del genere. I rapporti che seguitano ad affluire dall'Iraq continuano, infatti, a mettere in evidenza queste differenze. Così, all'ipotesi principale (e più tradizionale) che il rapimento risponda filla logica di colpire il governo itahano (e in questo caso l'ultimatum di 24 ore che scadrebbe questa mattina potrebbe essere reale), se ne affianca un'altra secondo la quale le due pacifiste - vuoi per il loro lavoro, vuoi per i loro rapporti - si sono ritrovate, loro malgrado, al centro dello scontro sotterraneo tra scuti e sunniti. Su queste due ipotesi, inutile dirlo, i nostri apparati dì intelligence hanno visioni diverse; quelh che svolgono, soprattutto, un lavoro di analisi propendono per la prima; quelh che lavorano più sulle fonti in territorio iracheno per la seconda. Questi ultimi basano i loro dubbi su ima serie di circostanze che dimostrano come le due ragazze nel loro lavoro di volontariato simuovevano nella pericolosissima terra di frontiera tra le due etnie, quella sunnita e quella sdita, con il conseguente rischio di scontentare 'ima o l'altra e che due giorni prima del rapimento si siano recate addirittura nella moschea di Um al Kura per incontrare lo stesso capo degh ulema, Abdel Saalam al Kubaisi, per confidargli le loro paure e per chiedergh protezione. L'ultima traccia su cui gh investigatorisul posto stanno lavorando (ma ce ne sono diverse) ipotizza che il rapimento sia stato condotto da un commando formato anche da non iracheni, probabilmente sauditi di fede wahabita, che hanno agito ben sapendo quali erano le persone da sequestrare. Ma a parte le congetture, il lavoro di intelligence sul campo e le due scuole di pensiero che alber¬ gano tra i nostri servizi, emerge con evidenza che l'intera storia continua ad avere degh aspetti estremamente oscuri. Non per nulla ieri il vicepremier, Giancarlo Fini, ha espresso pubblicamente dei dubbi sulTattendibilità dell'ultimatum, mentre il ministro degh esteri. Franco Frattini, ha deciso di svolgere una missione nei paesi della regione per avere informazioni e per spingere i governi ad esercitare pressioni sui diversi gruppi terroristici per favorire la liberazione degh ostaggi. Un viaggio sull'esempio di quello che il ministro degh esteri francese ha svolto nehe settima¬ ne scorse nel tentativo - per ora vano - di risolvere la vicenda dei due giornalisti transalpini che da quasi un mese sono nehe mani dei fondamentalisti. I dubbi di Fini e il viaggio di Frattini sono comunque l'esatta fotografia dello stato d'animo del nostro governo; del rapimento e dei rapitori si hanno poche notizie certe, ma Berlusconi e i suoi ministri voghono dare l'impressione che l'esecutivo è pronto a fare tutti gh sforzi possibih per riportare in patria le due ragazze. Un messaggio rivolto ai sequestratori, ma anche ah'opinione pubblica del nostro paese. In realtà. però, tutti sanno che l'esito della trattativa si potrà capire appena il nostro governo riceverà una rivendicazione a tutti gli effetti attendibile: se le condizioni saranno squisitamente pohtiche, e cioè se sarà confermato che la richiesta è il ritiro delle nostre truppe, i margini saranno praticamente nulli; se, invece, saranno immaginabili subordinate politicamente più "scolorite", ad esempio, il pagamento di un riscatto, le chance di un epilogo positivo potrebbero aumentare. Il primo segnale si avrà questa mattina, quando scadrà l'ultimatum.

Persone citate: Abdel Saalam, Augusto Minzolini, Berlusconi, Fini, Franco Frattini, Frattini, Giancarlo Fini

Luoghi citati: Iraq, Roma