«Il piano per il futuro: attentati devastanti»

«Il piano per il futuro: attentati devastanti» UN RAPPORTOALLARMANTEDELWASHINGTONINSTITUTE SUL TERRORISMO «Il piano per il futuro: attentati devastanti» Migliaia di morti e danni enormi in modo da condizionare il Paese colpito Maurilio Molinari corrispondente da NEW YORK A tre anni dall'I 1 settembre i gruppi terroristi del fondamentalisti islamico tentano di organizzare mega-attentati con l'uso di armi di distruzione di massa. E' questa la tesi del rapporto «11 settembre, tre anni dopo» realizzato dal «Washington Institute per il Vicino Oriente» - e di cui La Stampa può anticipare i contenuti - per descrivere quali sono state le conseguenze degli attacchi di allora sulle strategie del terrorismo intemazionale. La tesi di fondo è che quel successo ha avuto un impatto nel modo di operare, pensare e progettare dei terroristi. «Dall'indomani dell'I 1 settembre 2001 diversi gruppi hanno mostrato un crescente interesse nel mettere a segno mega-attentati capaci di uccidere centinaia, mighaia, di vittime innocenti causando danni massicci al fine di condizionare profondamente la psicologia della società colpita», scrive Michael Eisénstadt, coordinatore della task force di esperti che ha realizzato lo studio, sottolineando che il fine politico del mega-attentato è proprio quello di cambiare il comportamento della nazione colpita. Non a caso Osama blu Laden ha più volte detto che il suo intento è costringere gli Stati Uniti a «ritirarsi dal Medio Oriente e cessare l'oppressione dei musulmani in tutto il mondo». Se è vero che anche prima dell'I 1 settembre erano avvenuti dei mega-attacchi - come in occasione degli attentati di Al Qaeda contro le ambasciate Usa in Africa Orientale nel 1998 e degli Hezbollah contro le caserma dei marines a Beirut nel 1983 ed alle Khobar Towers saudite nel 1996 - il successo colto dal commando di 19 kamikaze guidato dall'egiziano Mohammed Atta «è stato senza dubbio quello di maggior impatto, divenendo fonte di ispirazione per questi gruppi in quanto ha dimostrato che è possibile causare stragi di massa grazie al ricorso all'immaginazione per adoperare strumenti disponibili con facilità». L'organizzazione più impegnata nel mettere a segno mega-attentati resta Al Qaeda, che dopo l'I 1 settembre è riuscita a causare stragi di massa a Bali (ottobre 2002), Casablanca e Riad (maggio 2003) e Madrid (marzo 2004). La rete di Osama bin Laden è anche quella considerata più vicina alle anni di distruzione di massa, perché «in Afghanistan produsse veleni e agenti chimici, effettuando test su animali nel campo di Derunta vicino a Jalalabad, coltivando antrace in un laboratorio vicino a Kandahar e tentando di casuare dispersione di radioattività in un laboratorio diHerat». Proprio vicino a Herat si trovava il campo di addestramento gestito dal giordano Abu Musab al-Zarqawi «che in seguito alla caduta dei taleban si trasferì in un campo vicino a Khurmal, nel Kurdistan iracheno, dove assieme ad Ansar ai-Islam effettuò test con ricina e cianuro». Zarqawi è al momento considerato il capo delle operazioni di Al Qaeda in Iraq, e il rapporto del «Washington Institute» gli attribuisce la paternità di tre megaattentati: contro la sede dell' Onu a Baghdad nell'agosto del 2003, contro le moschee di Kadhimiya e Najaf nel 2004 e anche quello sventato nell'aprile del 2004 ad Amman grazie all'intercettazione dei camion carichi di tnt entrati dalla Siria. In quel caso il progetto era «colpire il quartier generale dell' intelligence giordana, l'ufficio del primo ministro e l'ambasciata Usa usando esplosivo e sostanze chimiche per sprigionare ima nube tossica». Anche Hamas ha cercato di colpire Israele con mega-attentati tentando, senza successo, di far esplodere ima cisterna nel maggio del 2002 a Herzliya, un deposito di combustibile ad Ashdod nel marzo del 2004, progettando di inquinare le fonti idriche e di attaccare le Azrieli Towers a Tel Aviv. Considerate le caratteristiche dei mega-attacchi, riusciti e falhti, il rapporto trae tre con¬ clusioni: a perseguire le stragi di massa sono gruppi terroristi soprattutto fondamentalisti islamici, sunniti o sciiti, e non di ispirazione laica, marxista o nazionalista araba; l'esplosivo ad alto potenziale rimane l'arma prescelta; la difficoltà maggiore dei terroristi è la carenza di tecnici capaci di usare sostanze non convenzionah. Da qui l'allarme sulla possibilità che «i gruppi interessati a compiere azioni di distruzione di massa tentino in qualche maniera di cercare collegamenti con elementi a loro favorevoli in nazioni della regione che possiedono simili professionalità come la Siria, l'Iran ed il Pakistan». Seguendo il modello di quanto avvenuto nei traffici di materiale nucleare grazie al network clandestino che era stato creato dallo scienziato pakistano Abdul Qadeer Kahn. Ground Zero oggi: il «successo» dell'attentato dì tre anni fa ha convinto i terroristi a tentare di ripetere operazioni così sanguinose e spettacolari

Persone citate: Kahn, Maurilio Molinari, Michael Eisénstadt, Mohammed Atta, Osama Bin Laden, Towers, Zarqawi