Lo Cascio: io, strumento per gli autori
Lo Cascio: io, strumento per gli autori AL LIDO CON «OCCHI DI CRISTALLO» DI PUGLIELLI, GIALLO ALLA DARIO ARGENTO Lo Cascio: io, strumento per gli autori «Tornerò al teatro, con Kafka. Ma non gli attribuirò i miei errori» dall'inviata a VENEZIA Luigi Lo Cascio confessa che al cinema da ragazzo c'è andato poco. «Per snobismo lo ignoravo». Faceva teatro che gli pareva più nobile. E tanto gh piaceva il teatro da aver deciso, qualche tempo fa, di smettere di recitare e passare alla regia per impossessarsene in maniera totale. Il cinema l'ha cominciato ad amare facendolo, e facendolo s'è accorto che il mestiere di attore aveva sfumature e possibilità a lui ignote. Non ha modelli, non ha miti, non ha ambizioni: è un territorio, il cinema, sconosciuto. «Sono un duttile strumento nelle mani dell'autore», dice. Alla Mostra è il protagonista di «Occhi di cristallo» di Pughelh, un nero esoterico alla Dario Argento, ma avrebbe potuto esserci anche con «La vita che vorrei» di Piccioni, accanto a Sandra Ceccarelli che era pronto e disposto a venire al festival. Dispiaciuto per l'eliminazione di Piccioni? «Ma no. La qualità di una pellicola non si misura cosi». Allora i festival non servono? «Dipende. Se hai successo e vinci premi possono essere utilissimi. Con "Luce dei miei occhi" di Piccioni qua a Venezia ho avuto la Coppa Volpi e "La megho gioventù" di Giordana senza Cannes non sarebbe stato il successo che è stato». Con i film l'è sempre andata bene. «Benissimo. Da "I cento passi" in avanti ho avuto la fortuna di infilare tutti titoli che univano la qualità e la popolarità. Perfino a Parigi, per strada, oggi qualcuno mi riconosce». «Occhi di cristallo» però è un altro genere. «Mi incuriosiva e mi divertiva questo giallo misterioso». Ha mai fatto una seduta spiritica? «Una volta da ragazzino. Forse qualcuno imbrogliava ma il tavolo s'è sollevato. E pure tanto. Non so, ma ho il sospetto che esista un'altra dimensione». E' vero che vuol tornare al teatro? «Sì ma non voghe lasciare il cinema. Sto preparando uno spettacolo scritto da me su alcuni testi di Kafka. L'ho intitolato "Nella tana". Dovrei debuttare l'anno venturo a Prato, tornando dopo cinque anni in palcoscenico». Come mai Kafka? «Mi piace, anche se non è un drammaturgo. Anzi ha una scrittura talmente nitida e secca da sembrare un verso. Da siciliano un po' barocco l'ho riscritto alternandone lo stile e il lessico per dargli una forma ellittica. Ed è per rispetto a Kafka che lo definisco un testo mio: non posso attribuire a lui i miei errori». * [si.ro)
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