«Apertura» del governo dopo l'ultimatum dei rapitori di Emanuele Novazio

«Apertura» del governo dopo l'ultimatum dei rapitori UN GRUPPO VICINO AD AL ZAWAHIRI: LIBERATE LE MUSULMANE IN CARCERE IN IRAQ ENTRO 24 ORE SE VOLETE NOTIZIE DELLE RAPITE «Apertura» del governo dopo l'ultimatum dei rapitori Chiesto a Baghdad di valutare i casi più controversi di donne imprigionate Emanuele Novazio ROMA Il governo italiano apre un dialogo sia pure indiretto e prudente, e soprattutto senza dar segni di cediménto con i, presunti rapitori di Simona Pari e Simona Torretta. Ai terroristi vicini ad al Zawahiri che ieri mattina avevano chiesto con un comunicato via internet l'impegno di Roma («un governo crociato, sionista e criminale») per la «liberazione entro 24 ore» di tutte le donne musulmane rinchiuse nelle carceri irachene in cambio di «poche informazioni» sulla sorte delle due giovani volontarie «delle quali altrimenti non saprete più nulla». Palazzo Chigi replica: «Proseguiremo nella nostra azione, in tutte le sedi proprie e istituzionalmente competenti, affinchè eventuali detenuti che risultino ristretti in assenza dei necessari presupposti possano essere liberati». Tutto questo, beninteso, «a prescindere dal fatto che la richiesta provenga o meno da un gruppo effettivamente rappresentativo». Sono da poco passate le 20 quando, dopo una giornata di assoluto silenzio ufficiale sul presunto ultimatum, da Palazzo Chigi arriva all'improvviso «il segnale», un comunicato di 26 righe diffuso in tempo per i tg serali di massimo ascolto. Due le frasi chiave, oltre a quella. citata. La prima: il «sedicente gruppo dei sostenitori di al Zawahiri», si legge nel testo diffuso dalla presidenza del Consiglio, «sembra non valutare» non solo che è in (aWwtnMJnPEOgressiwo ripristino della piena autonomia decisionale del sistema giudiziario iracheno», una circo-, stanza ohe limita le possibilità del nostro intervento diretto (poche ore prima il ministro degli Interni iracheno aveva giudicato «impossibile» lo scambio). Ma dimentica soprattutto che «da lungo tempo gh italiani, sia in veste istituzionale che attraverso le organizzazioni di volontariato, sono impegnati nel perseguire, nella prospettiva del pieno rispetto della dignità umana e della più rigorosa difesa dei diritti fondamentali della persona, la revisione e l'approfondimento delle posizioni giudiziarie di quanti sono stati privati della libertà personale in un contesto di guerra». Palazzo Chigi non scende nei dettagli, ma fra i riferimenti impliciti c'è l'impegno dei nostri soldati per la bonifica umanitaria delle prigioni dirette da personale iracheno, oltre alle critiche rivolte agli americani per le torture nel carcere di Abu Graib. La seconda frase è il corollario della prima: «Il governo italiano conferma che è suo fermo intendimento assumere ogni iniziativa utile a pervenire quanto prima al rilascio dei quattro ostaggi, italiani e iracheni, appartenenti alle organizzazioni "Un ponte per..." e "Intersos"». «Ogni iniziativa»: anche quella di dialogare - sia pure a distanza e con le dovute precauzioni retoriche e politiche - con quelli che potrebbero essere i rapitori delle due giovani italiane, dunque. Fin dove si spingerà Roma? Il comunicato sembra segnalare che, almeno per quanto riguarda la richiesta di liberazione delle detenute musulmane, il governo non potrà dire o fare altro: ma indica contemporaneamente che, se dai rapitori veri o presunti arriveranno altri messaggi, da Palazzo Chigi potrebbero uscire altri segnali. D. testo diffuso ieri sera dal governo sembra indicare infine che nessun contatto sul campo - diretto o indiretto - è stato stabilito finora con i sequestratori delle due italiane. L'analisi italiana contraddice quella del presidente iracheno Ghazi alYawar - 46 anni, sunnita, capo di una delle più grandi tribù irachene, gli Shammar, e accorto uomo d'affari formatosi nelle università americane arrivato ieri a Roma dopo una breve visita a Berlino. Nei suoi colloqui con il presidente Ciampi e poi nella colazione di lavoro con Silvio Berlusconi, che haugarantitondi proseguire l'impegno dell Italia in Iraq, Yawar ha insistito su due aspetti a suo dire essenziali del sequestro: Dia rivendicazione del - gruppo di Zawahiri «non è credibile» e non merita dunque risposta; 2)il rapimento è opera di «banditi» che mirano a un «riscatto» in denaro: nessun risvolto politico, insomma. Yawar ha comunque promesso «uno sforzo eccezionale» per favorire la liberazione delle due giovani e il recupero del corpo di Enzo Baldoni, rapito e ucciso due settimane fa. Il governo iracheno metterà anzi «una forte somma» a disposizione di chi fornirà informazioni che consentano il recupero delle spoglie del giornalista italiano: «Vi parteciperò anch'io»,- ha annunciato Ghazi al Yawar. Ieri sera il presidente iracheno ha incontrato gli operatori economici. Oggi salterà la tappa di Napoli: nel capoluogo campano è prevalsa la linea dei comunisti italiani, secondo la quale l'incontro con il presidente regionale Bassolino. avrebbe potuto avere ripercussioni negative nella vicenda di Simona Pari e Simona Torretta. Roma ha voluto dare un segnale di disponibilità ai presunti sequestratori senza però dare segni di cedimento Il presidente iracheno ieri in Italia, è scettico sulla richiesta: non è credibile, i banditi mirano a un riscatto Silvio Berlusconi e il presidente iracheno Ghazi al Yawar prima della colazione di lavoro a Palazzo Chigi