ZANDO

ZANDO ZANDO Un veneziano alla corte degli impressionisti maestro ò e creme eppe onismo Marco Rosei A vicenda della fortuna critica ed espositiva di Federico ■«Zandomeneghi dalla Venezia ancora austriaca degli albori postromantici, figlio e nipote degli scultori del monumento di Tiziano ai Erari, e dalla Firenze macchialola alla Parigi impressionista e postimpressionista, dove muore nel pieno della prima guerra mondiale, è complessa, curiosa, altalenante. E' stato l'unico italiano presente, sia pure in seconda fila e per il costante appoggio di Degas, alle ultime quattro mostre degli impressionisti dal 1879 al 1886. Il giudizio di Longhi è riduttivo ma puntuale: ((Artista certamente limitato, ma, nei suoi limiti, assai più serio di De Nittis e di Raffaelli», intelligente mimo di Degas e di Renoir, capace anche di «anticipare certi pensieri del divisionismo seuratiano». Sul versante francese, pesa lo spietato giudizio di Signac nel suo journal del 1898, in occasione della seconda personale dell' artista da Durand-Ruel, tirannico committente da un quindicennio di intimità e delicate mode femminili: «Du lisse, de la pommade, du cold-cream, des petites femmes». (Pelli li¬ sce, pomate, creme di bellezza e donnette») Ovviamenlie ignaro della prima fase italiana, ricca e complessa, ma ingiustamente dimenticando la geniale eterodossia pittorica degh anni '70 e '80, sarà un pesante «copyright» per il futuro. Già condiziona nelle scelte il fallito tentativo di recuperare l'anziano, isolato, iroso «veneziano a Parigi» nella Biennale del 1914 da parte di Pica e dell'editore dannunziano Sommaruga, che in seguito salverà fra le due guerre la memoria dell'artista trasmettendo il suo entusiasmo a Enrico Piceni e ad Edmondo Sacerdoti. Un vero serio recupero si è avuto solo in questo ultimo ventennio, con un ritmo sempre più serrato, a Venezia nel 1988, a Milano questa primavera, ora a Castiglioncello. La tappa milanese, suonando esplicito omaggio a Sacerdoti e Piceni, manteneva il limite dello «Zandò parigino», debordando, accanto a capolavori essenziali, sul versante delle «petites femmes», imposte dal grande mercante Durand-Ruel. Senza le quali però, bisogna ricordarlo, non comprenderemmo né la prima radice del divisionismo secessionista romano «chic» di Innocenti e di Noci né certi pastelli del primo Balla romano. La tappa toscana recupera con legittima ragione la presenza macchiaiola con la bellissima Lettrice, la compagna di Diego Martelli Teresa Fabbrini, e l'evidenza dei rapporti con lo stesso Martelli, fino al culmine delHitratfo, che regge il paragone con quelli di Degas. Il dipinto, lascito di Martelli a Palazzo Pitti, é intelligentemente affiancato in mostra da due impressionisti dello stesso lascito. La Senna di Maureau e il Taglio della siepe di Pissarro, e da due capolavori degh inizi parigini di Zandomeneghi, in cui l'eredità macchiaiola si incontra e si incrocia con Manet e Degas: il piccolo delizioso Luna di miele, quasi una precognizione pittorica di Partie de campagne di Jean Renoir, e A letto. Inviati da Parigi a Firenze nel 1878 e 1879, esposti e invenduti, furono acquistati da Martelli. depGsutdMlpsssnsmal È di nuovo stupefacente, dopo Milano (a Venezia era esposto solo il bozzetto a pastello). Le Moulin de la Gaiette, che parrebbe impossibile nel 1878, in anticipo di un decennio su Toulouse-Lautrec, se non fosse certificato da due lettere da Parigi di Martelli, con lo straordinario lampione centrale verde cupo tagliato in alto che contesta ogni normale profondità spaziale anche impressionista trent'anni prima del giovane Severini divisionista. Forse il grafico illustratore di moda per gazzette parigine e amico di Forain, presente con lui dagli impressionisti nel 1879 e nel 1880, non si era reso del tutto conto (ma Martelli si) della portata sovversiva, anche sul piano pittorico, di questo «scherzo» pieno di cagnolini, di ubriachi, di cocottes. Ma se poi consideriamo in mostra, mai visti nelle precedenti tappe, lo stupendo Ritratto del dottore del 1881 e La coppia al caffè e Al Caffè della Nouvelle Athénes del 1885, con il pittore di spalle e Suzanne Valadon, modella di Degas e futura pittrice e madre di Utrillo, riflessi nello specchio, ci rendiamo conto che il Moulin de la Gaiette é un capolavoro per nulla casuale. La retrospettiva di Castiglioncello rende giustizia al maestro che non si occupò solo di donnine e creme di bellezza ma seppe anticipare il divisionismo «A letto» di Federico Zandomeneghi Il mondo di Zandomeneghi Castiglioncello Castello Pasqulnl Orarlo da martedì a domenica 16-24 Fino al 31 ottobre