Mazzini, Pantheon di carta

Mazzini, Pantheon di carta Mazzini, Pantheon di carta L'edizione nazionale degli Scritti: 106 volumi, 40.000 pagine, un'impresa di decenni, dal 1905 al 1943 DER mettere in moto la fabbrica della memoria bisogna decidere, prima di tutto, a quale materia affidarsi: marmo e bronzo, ad esempio, s'impongono alla grande nel fervore di monumentahzzare i padri del Risorgimento così da tramandarne, ad unificazione nazionale avvenuta, il ricordo. Stando al Fondo Fotografico dei Musei Risorgimentali del Museo Civico di Bologna l'hit parade della monumentalizzazione del quartetto dei padri della patria vedrebbe in testa, con ben 86 monumenti, Garibaldi. Segue a significativa distanza Vittorio Einanuele II con 60 statue, per lo più equestri (il che, forse, aumenta di fatto la posizione del sovrano in classifica), mentre i soliti Mazzini e Cavour sono condannati al ruolo di fanalini di coda, rispettivamente a quota 12 e 11. Come va a raccontare lo storico Michele Finelli nell'interessante saggio II monumento di carta. L'edizione nazionale degli Scritti di Giuseppe Mazzini, forse è proprio davanti alla progressiva emarginazione di Mazzini dal Pantheon dei facitori dell'Italia unita che i repubblicani - dopo la morte del loro leader, a Pisa - si pongono la questione dell'erigere un monumento all'autore dei «Doveri dell'Uomo». Un giovanissimo Emesto Nathan, non ancora gran Maestro della Massoneria né sindaco di Roma, prende posizione contro l'idea di monumentahzzare Mazzini con una statua nella neo-capitale del Regno. Il monumento, decenni dopo, verrà reahzzato ma, intanto, prevale l'opinione di destinare i fondi raccolti per la statua al finanziamento dell'edizione delle Opere di Giuseppe Mazzini. Da realizzare a cura di un'apposita Commissione editoriale (composta, tra gh altri, da Saffi e dallo stesso Nathan). Già in passato, nel 1861, l'editore Daelli aveva sfornato una dozzina di volumi coinvolgendo direttamente Mazzini, vincolato a consegnare un volume ogni quaranta giorni. Quattro anni più tardi all'editore Daelli subentra nell'impresa il libraio milanese Levino Robecchi. Ma tutte queste edizioni producono testi senza rigore filologico. Privilegiando piuttosto l'attualità politica delle tematiche mazziniane. Più avanti l'idea dell'edizione completa si riaffaccia in alternativa a forme più tradizionali, ma efficaci in un Paese ad altissimo analfabetismo quale l'Italia di allora, di celebrazioni di Mazzini con statue o busti. Così, proprio per non soggiacere a quella che Cavallotti definisce la «monumentomania» dilagante, i mazziniani insistono nell'obiettivo di erigere a Mazzini un monumento, sì, ma di carta. Realizzando l'edizione completa delle sue opere. Accade così - scrive Finelli - che «l'esule uscì dalle piazze italiane senza esservi di fatto mai entrato e in termini di visibilità-è un prezzo che Mazzini pagò carissimo. La sua serietà diventò tristezza, il vestirsi di nero lo trasformò in un menagramo, la sua attività intellettuale lo rese meno eccitante di Garibaldi»". L'obiettivo di pubblicare finalmente, in un'edizione nazionale, e dunque a spese dello Stato, tutta l'opera di Mazzini, si colloca però nelle strategie politiche che all'inizio del Novecento Emesto Nathan dispiega ambiziosamente. Ponendosi in sintonia con la scelta di Giolitti di limare le ah estreme dell'arena politica itahana attraverso la loro cooptazione su valori condivisi. Anche se nello schieramento radicale e repubbhcano permangono elementi che non cedono, almeno nella forma, sulla preclusione antimonarchica. Nel marzo del 1904, alla vigilia del primo centenario della nascita dell'agitatore genovese, si giunge al paradosso di un decreto reale che delibera l'edizione nazionale delle opere di Mazzini. A questo risultato il Gran Maestro della Massoneria Nathan è giunto con una politica dei piccoli passi. E, tra questi, si annovera l'adozione del testo fondamentale di Mazzini, i «Diritti dell'Uomo» che. grazie al ministro Nasi, entra ufficialmente in tutte le scuole del Regno. Peccato che per rendere possìbile l'operazione Nathan sia intervenuto spregiudicatamente sul testo mazziniano, tagliando e togliendo tutto quanto poteva turbare ravvicinamento alle istituzioni. Sono in molti, tra i mazziniani ed i repubblicani, a rifiutare questo compromesso. Napoleone Colajanni scriverà che «in quelle soppressioni c'è alterazione sostanziale ed essenziale del pensiero di Giuseppe Mazzini, c'è la sua mutilazione che equivale ad una vera e disonestissima falsi¬ ficazione». E si chiede se Nathan e soci intendano per caso «colla menzogna e colla falsificazione educare la gioventù itahana». Questa polemica, quando si vara il decreto per. l'edizione nazionale dell'opera mazziniana, sembra scordata. Ma, intanto, insorge un'altra difficoltà: appare chiaro come l'impresa di inserire le prime pubblicazioni dell'edizione nazionale nelle celebrazioni del 1905 sia impossibile. I centosei volumi che, per complessive 40.000 pagine, compongono l'edizione nazionale mazziniana impiegano infatti diversi decenni - dal 1906 al 1943 - per giungere al completamento. L'avventura editoriale affidata alle cure tipografiche della Cooperativa Tipografica Editrice «Paolo Galeati» di Imola (azienda un tempo sponsorizzata da Andred Costa, attivissimo nel far affluire un po' di lavoro verso questi bravi tipografi suoi corregionah) si rivela un delirio. A cominciare dal fatto che Nathan, nel progetto iniziale, non ha valutato l'impatto, sull'ampiezza dell' opera, di ben 40.000 lettere mazziniane (sessantaquattro volumi!). I realizzatori puntano, poi, sulla sottoscrizione in abbonamento ma questa scelta, tagliando fuori le librerie, riduce prima a poche migliaia, poi a poche centinaia, gh acquirenti dell'opera. Alla fine pur spendendo per questo monumento di carta oltre un milione di lire la si porta a realizzazione soprattutto per la dedizione totale di due personaggi che vi buttano quasi per intero le loro vite: il bravissimo curatore, lo storico Mario Menghini, e il responsabile tipografico Ugo Lambertini. I due, decennio dopo decennio, in mezzo all' oblio di tutti, tra Roma e Imola proseguono imperterriti e commoventi nella titanica impresa. Affidata, come solo da noi poteva accadere, alla follia stakanovista di due personaggi veri che sembrano uscire da un romanzo. L'iniziativa promossa da Nathan, non ancora Gran Maestro della Massoneria né sindaco di Roma, si colloca in sintonia con la scelta di Giolitti di limare le ali estreme dell'arena politica italiana attraverso la loro cooptazione su valori condivisi L'arresto di Giuseppe Mazzini a Roma il 5 marzo 1849, poco dopo la proclamazione della Repubblica romana « Michele Finelli Il monumento di carta L'Edizione Nazionale degli Scrìtti di Giuseppe Mazzini Pazzini. www.pazzinieditore.it pp. 139. e 75

Luoghi citati: Bologna, Imola, Italia, Pisa, Roma