Alla corte della zia un segreto siciliano di Giovanni Tesio
Alla corte della zia un segreto siciliano Alla corte della zia un segreto siciliano Giovanni Tesio APPENA due armi fa da queste colonne di ttL Aldo Busi salutava con entusiasmo l'esordio della siculo-inglese Simonetta Agnello Homby con La Mennulara che diventò uno dei romanzi più venduti e più tradotti dell'annata. Non so se Busi sarebbe disposto a spendersi altrettanto generosamente per La zia marchesa, il secondo romanzo dell'Agnello Homby ora in libreria, perché in genere i secondi libri sono meno sorprendenti dei primi, e soprattutto perché questo è un po' meno "sfirontatamente prosaico" del precedente. Ma certo di quel fascino restano molti elementi. Resta la rotondità apparentemente retriva del romanzo di stampo classico, ma come scorciata e prosciugata (nessun compiacimento mai). Resta la ragnatela assassina delle vite che semphcemente accadono, senza ricerca di abbellimenti e redenzioni (la morte basta a se stessa). Resta l'assenza assoluta di sentimentalismo e nostalgia (pur essendo molti gh amori e gh amplessi consumati). Resta un personaggio che dalla nascita alla morte condensa su di sé l'intero filo delle storie e il gremito intreccio delle voci intinte nel dialetto, che i proverbi con cui si aprono i singoli capitoli sono lì a sottolineare. Cambiano tempi e personaggi, ma non la strategia narrativa. Resiste la forza di una narrazione che sembra farsi di rigo in rigo, come frutto non già di una facile prevedibilità, ma di una continua sorpresa. Non siamo certo nell'ambito di ima visione storicistica ma nemmeno di un esile scenario di cartone. E a questo proposito la scommessa narrati¬ va di Nicoletta Agnello Homby è ancora più ambiziosa dell'esordio, perché si pone sulla scia del grande romanzo siciliano che va da De Roberto a Temasi di Lampedusa, ma sceghe Pirandello come mentore e nume. Prende I vecchi e i giovani e rifa su quel!' opera le arie più sue, persino nel numero dei personaggi, che nei Vecchi e igiovani sono centotrenta e qui sono comunque settantacinque, comportando una notevole capacità di orchestrazione. Non un calco, beninteso, ma certo più di una suggestione. Lo sfondo è quello della Sicilia appena pre e poi soprattutto postunitaria, ma i fatti storici risultano solo accennati, sono poco più che date e fatti lungo i quali ' corre il destino degli uomini. La materia è quella di una famiglia baronale del Palermitano, la famiglia Safamita, splendida di feudi e di potere, ma attorno la ramificata genealogia dei parenti e degli afferenti, e naturalmente il mondo minuto ma non meno fitto e frastaghato dei maestri di casa, delle istitutrici, dei cocchieri, delle balie, dei cuochi, dei camerieri, degli sguatteri, dei preti, dei notai, delle levatrici, delle sarte, dei campieri. Tutto comincia con una nascita travaghata e tutto finisce con una morte illacrimata. Ma nel mezzo accadono gh eventi di un teatro della memoria che è legato ai ricordi di Amalia Cuffaro, una balia che è vissuta in casa Safamita dalla nascita alla morte della marchesa Costanza. Amalia Cuffaro è infatti tornata in famiglia e vive di fronte al mare in una delle grotte naturali della Montagnazza che erano servite in passato come riparo dalle razzie dei pirati barbareschi. Accudendo a ima nipote minorata, le parla delle storie del suo servizio e le racconta la vita della marchesa nata da un matrimonio d'amore tra lo zio Domenico, il "baronello", e la nipote Caterina, figlia malinconiosa del primogenito Guglielmo, l'erede del titolo. Una nascita di dubbia paternità che alimenta un segreto resistente. Intomo a questo segreto, che appare e dispare, si ordina tutto un universo di voci suddite e maliziose che studiosamente anticipano, prudentemente commentano, cautamente alludono, accortamente informano. Amori ancillari, amori misti, figli bastardi, figli contro, nipoti sviati, matrimoni combinati, avidità assortite, la roba, i patrimoni, le eredità, le parentele, gh orgogli, gh odi, le diverse mentalità, le case, le caste, i palazzi, i poderi, le campagne, le feste splendide, i nomi inventati, da Padre Sedita a Maria Pissuta, da Pepi Tignuso a RuraFecarotta. Un andirivieni tra alto e basso, che si muove sempre un po' di traverso lungo il filo rosso della storia di Costanza dai capelli di fuoco e dalle membra sottili, rimasta appesa alla fiaba della principessa Babbaluci che da bambina le ha raccontato Annuzza la Cirara. Obbediente e generosa, laboriosa e schiva, bella di una bellezza inconsueta, tocca a lei reggere le sorti di una dinastia al tramonto. E tuttavia il senso del romanzo - ancora una volta non è solo qui. Non solo nelle storie di rapporti fittamente sbagliati e controversi ma in quello di un'esistenza capace di figurare tutte le altre. Com'è vero che sempre e solo nel momento della morte la vita diventa destino. Simonetta Agnello Hornby: una famiglia nella Sicilia fine Ottocento La nuova opera dell'Agnello Homby dopo «La Mennulara»: sulla scia del grande romanzo isolano scegliendo Pirandello come mentore e nume Simonetta Agnello Hornby La zia marchesa Feltrinelli, pp. 332, ei 6 L'autrice sarà al Festivaletteratura di Mantova mercoledì 8/9 h. 18 ROMANZO
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