DALI' maestro d'inganni di Fiorella Minervino

DALI' maestro d'inganni A CENT'ANNI DALLA NASCITA DELL'ARTISTA CATALANO PALAZZO GRASSI GLI DEDICA UNA GRANDE MOSTRA CHE SI INAUGURA OGGI A VENEZIA DALI' maestro d'inganni Fiorella Minervino VENEZIA SUBITO risulta magistrale, inattesa, sorprendente questa vasta celebrazione di Dalì che Palazzo Grassi dedica fino al 9 gennaio 2005 all'artista catalano nel centenario dalla nascita. Intanto è la più vasta antologica mai dedicata all'artista troppo sovente sottoposto a valutazioni agiografiche o denigratorie, fin la personale al Cantre Pompidou di Parigi dell'79, diviene un pallido sforzo a confronto delle 200 opere, dipinti, disegni, grafica, oggetti, tessuti, scritti, film, documenti, foto, schierate in campo nella magnifica retrospettiva lagunare, curata da Dawn Ades e Motóse Aguer, con pezzi prestati da 130 musei e collezioni da varie parti del mondo. Le sorprese sono parecchie e fin sbalorditive anche per chi conosce a fondo (d'artista dalla voce olivastra» come lo definì l'amico Garda Lorca, ed è fresco di viaggi alla ricerca dei luoghi dove trascorse parte dell'esistenza e creò le case che megho rendono l'immagine del genio creatore senza limiti: Figueras, Pubol, Port Lligat e Cadaquès. Lo stupore è all'entrata, nel vasto salone: dalle finestre in alto, il giovane Salvador, sguardo infuocato e spiritato, baffi lunghissimi e rigidi a manubrio, occhieggia dall' alto (in una foto del '48 scattata da Philhp Halsman), con atteggiamneto di potenza, da narciso e istrione di proposito quale egli fu, sull'intero salone e sopra enormi tuli bianchi in successione che da un soffitto nero scendono, sostenendo fra l'uno e l'altro i simboli cari al maestro catalano e rintracciabili in dipinti quali Sogno causato dal volo di un'ape intomo aila melagrana, un attimo prima del risveglio del 1944, immancabile. omaggio alla moghe Gala: la melagrana spaccata genera enormi tigri, poi l'elefante-giraffa che egli ideò per lei nel Castello di Pubol. Insomma la ricostruzione d'un dipinto per pannelli e «animazione» del pubbhco che avrebbe ammaliato Dali». Ne è autore l'architetto catalano Oscar Tusquets, legato d'amicizia all'artista, che collaborò al suo Teatro-Museo di Figueras. Alui si deve l'allestimento angolare e in certo senso visionario e bizzarro come lo fu l'eroe al quale è destinato. Sicché non a caso la mostra comincia a rovescio, dagli anni ultimi dell'immensa produzione di Dalì, quelli che a lungo rimasero quasi nel sottosuolo perchè ritenuti «realisti» Gl'eccesso o frutto di quell'invenzione a getto continuo e desiderio di esibizione che ha contaminato e limitato la comprensione l d'un genio assoluto con lo svantaggio di essere troppo in anticipo sui tempi e sul proprio secolo. Ecco le mirabile Croci nucleari del 1952 che rinviano un Dalì non solo attento alle avanguardie per l'intera sua esistenza, la Op art in specie, ma magistrale per tecnica. Un artistaartigiano nella resa minuta d'ogni dettaglio, come gli amati fiamminghi del '600, con il pane primigenio al centro (il pane, elemento simbolico onnipresente come inizio di vita). Un mago con capacità di usare qualsiasi illusione prospettico o ottica, prospettive nbaltate, visioni dall'alto o dal basso che dilatano spazi, offrono in diverse maniere quella che fu la sua teoria persona- le, desunta da Freud e dal Surrealismo: la teoria paranoico-critica, cioè non l'automatismo caro a Breton e compagni, bensì un'ossessione attiva per cui un'immagine ne genera un'altra e un'altra ancora fino nel caso d'un Autoritratto si arriva a 8 possibilità di visioni personah dello spettatore. Non mancano i dipinti più importanti come La Madonna di Port Lligat (1950) che ancora una volta suggerisce il misticismo speciale, che affiora in Dalì, quella Spagna religiosa, conflittuale e reinterpretata come ogni cosa alla sua maniera: Port Lligat, luogo d'indescrivibile bellezza, con un mare lucente e un cielo che paiono collegarsi all'intero universo, ha per Madonna la moghe Gala, sua musa, madre, amante, dea, amanuense, ispiratrice per la musica, cantata e venerata in ogni modo, amata, forse odiata per la vita intera. Ecco riemergere pure la sconfinata cultura di Dalì, l'adorato Rinascimento e Manierismo italiani, qui con Piero della Francesca e il Crivelli, altrove con Michelangelo, e di nuovo mutarsi in altro, nelle sue ossessioni: la Madonna, Gala, sta seduta sopra un trono composto di mobili, d'una cassapanca, con ogni simbolo ricorrente: l'uovo di Piero della Francesca, altro inizio di vita che compare ovunque fin sui tetti delle sue case, la conchiglia, il fiore, la ciotola forse dove avvenne il lavaggio dei piedi di Gesù. Ai lati nel cielo due tende, al centro il mare, le rocce, e l'isola davanti alla sua casa che ricompare come persistenza quasi in ogni dipinto da principio sino all'ultimo. Come quel continuo sgretolarsi delle rocce, il mutare di natura dal solido al «molle», e viceversa che si rintraccia nei capolavori celebri: dagli orologi molli e sfatti, originati da de Chirico come talune figure degh inizi, o nel fantastico Il sonno del '37 dove la lezione surrealista ha lasciato spazio a un'immagine fra le potenti e suggestive: ima testa molle sostenuta da lunghe grucce, con sotto il mare, sul fondo l'isola davanti a Port Lligat e le rocce trasformate in un paesmo di Cadaquès. Né manca II grande masturbatore del '29 o La persistenza della memoria del '31, con gli orologi molli (ispirati da un formaggio Camembert che si fondeva, sosteneva lui che sapeve mentire pure a se stesso), nel paesaggio desolato, con l'uovo, l'albero dai rami secchi, rocce, mare, cielo di Port Lligat e le formiche, autentica ossessione o incubo nel costante oscillare fra eros e thanatos. Dalì ha rivisitato tutti, Vermeer, Giorgione e la Tempesta, Van Eyck, Tiziano, Velazquez, Raffaello, El Greco, Piranesi, Millet, il cui Angelus lo ossessiona e sconvolge per sempre, Bocklin, spece quello dell' Isola dei morti. Gaudi al quale somiglia parecchio, o de Chirico, altro suo riferimento, e pure Picasso, lo si nota nei dipinti degh esordi, dal Cubismo copiato da libri, e dal ritorno al neoclassidsmo, alla Ingres, come fece il grande amico-nemico che grandeggiò nel secolo tanto da togliergli il primato. Ecco il ritratto giovanile del padre, severo notaio di Figueras, seduto come MonsierBertin di Ingres e poi i vari ritratti di Vollard e altri di Picasso, le rese realistiche della sorella Ana Maria, di schiena alla finestra con lunghi capelli neri, come sarà poi Gala, ripresa nuda di spalle o da un Dalì, a sua volta girato, che dipinge lei die die si riflette in uno specchio, con lui. Fu assai legato pure a Duchamp, al quale dedicò uno dei suoi incredibili oggetti: la scacchiera composta di polhd d'una mano, come stupefa¬ centi sono le lahbra di Mae West divenute il famoso divano a forma di labbra, o il telefono con aragosta che pare antidpare il design radicale Anni '80. Insomma gU spazi di Velazquez si inoltiplicatno, olografie, le invenzioni , gioielli, film, tessuti, scenografie, film, tutto è attuale ed è bene per la visita provvedere al sostanzioso catalogo [edito da Bompiani) per megho capire. Un genio multiforme, insaziabile, narciso, interessato ai miti, leggende, simboli, storie bibliche, scienza, nutrì l'intensa attrazione matematica, ottica, ricerche sul cervello, sul nucleare, geologia, e così via. Spavaldo, timido e gentile negli armi ultimi, Dalì risulta da questa superba mostra grande, grandisismo, innamorato dei labirinti, del sottosuolo psichico con i suoi misteri, come delle cose più semplici del suo Paese, e del suo mare eoa mediterraneo, del deb che lo trasporta in atmosfere celesti. Insomma davvero troppo in anticipo sul secolo appena concluso. 200 opere tra dipinti oggetti, tessuti e sculture in un allestimento scenografico e visionario Si viaggia a ritroso tra le mille sorprese d'un genio che anticipò mode e tendenze In un kitsch sontuoso telefoni aragosta e divani come labbra di Mae West e o o o e ò e o As'misXra La stazione di Perpignano, un'opera di Dal), a destra lo scrittore «vola» in una celebre fotografia di Halsman Busto di donna retrospettivo, una scultura di Salvador Dalì del 1933, che approda a Palazzo Grassi dal MoMa

Luoghi citati: Parigi, Spagna, Venezia