Venturi, il partigiano della Ragione di Angelo D'orsiFranco Venturi

Venturi, il partigiano della Ragione ESCE «PAGINE REPUBBLICANE», UNA RACCOLTA DI SCRITTI DEL GRANDE STORICO A DIECI ANNI DALLA MORTE Venturi, il partigiano della Ragione Dallo studio del 700 una lezione di morale civile per l'oggi Angelo d'Orsi FRANCO Venturi uscì di scena dieci anni fa - nel dicembre 1994 - quasi in punta di piedi, con la stessa leggerezza con cui, negli ultimi suoi anni, camminava, a passettini brevi, quasi come se non si poggiasse a terra, ma si movesse nell'aere lieve del mondo degli studi, a cui si era dedicato con una passione duratura ed entusiastica, dotato di una «incredibile curiosità storica». Così scrive il grande studioso Bronislaw Baczko nella bella introduzione al volume Pagine repubblicane, che, per ricordare u decennale della scomparsa di quello che è riconosciuto come un maestro della storiografia internazionale del Novecento, la^^ìaè^casa editrice, l'Einaudi, sta per mandare in libreria. L'Einaudi fu per Venturi la «sua» casa anche per il decisivo contributo di idee che le aveva dato, nella stagione più febee dello Struzzo, perché, in effetti, egli fu tutt'altro che un topo di biblioteca e d'archivio; fu, piuttosto, un autentico intellettuale europeo, capace di coniugare la vita della ricerca con la passione politica, senza mai deflettere al dovere primo dello storico, che è quello di inseguire e far conoscere la verità, una verità che poteva solo nascere dalla documentazione e dall'insoddisfazione: cercare, cercare e ancora cercare... E la sua stessa biografia è quella di un cosmopolita rappresentante della Ragione, tra Italia, Francia, Rus-, sia..., sempre in caccia di frammenti di verità da acclarare, interpretare, radunare per farne mattoni del grande edificio collettivo della conoscenza storica. Nato a Roma, si era formato a Torino e quindi Parigi, dove era andato con la famiglia a seguito dell'esilio di suo padre, Lionello, uno di quei pochissimi docenti universitari che nel 1931 rifiutarono il giuramento al fascismo. Venturi padre (fighe di Adolfo, come lui studioso di Storia dell' arte) perse dunque la cattedra nell'ateneo torinese; sarebbe trascorso un quarto di secolo prima die suo figlio Franco ne prendesse il testimone nella medesima Facoltà di Lettere: alla storia dell'arte preferi la Storia tout-court, anche se la sua disciplina accademica fu Storia moderna, ma il suo sogno fu la storia totale, che egli cercò di realizzare specialmente in quella prodigiosa opera rimasta incompiuta che è Settecento riformatore: una miniera di informazioni, tratte dalle fonti più varie, e rielaborate con leggerezza (ancora!) e sapienza. Le pagine di questa raccolta postuma, curata da Manuela Albertone - che firma una inforinatissima Presentazione -, sono tratte prevalentemente proprio da quest'opera, ma anche da testi come Utopia e riforma nell'illuminismo e da scritti «minori» solo per mole, tutti concernenti il mondo dei Lumi, in una prospettiva sovr anazionale. L'interesse peculiare del volume, al di là dell'invito che ne promana a scoprire o riscoprire uno storico di eccezionale vigore, sta nel taglio trasversale della scelta, tutta orientata al tema del repubblicanesimo: nel secolo dei Lumi, Venturi cerca con peculiare interesse e attenzione le idee repubblicane, che in effetti vi ebbero grande fortuna; ma compito dello storico è la distinzione, la messa in luce dei caratteri particolari dei fenomeni e degh eventi, prima che la loro visione d'insieme. E nel Settecento si oscilla tra l'ammirazione «neoclassica» per le repùbbliche antiche - Atene e Roma, per intenderci - e l'attenzione a quelle vicine, pur declinanti, come Venezia o Genova; ma c'è anche il ricordo vivissimo della fallita instaurazione del regime repubblicano in Inghilterra, ed altro ancora. È in fondo un dibattito sulle forme istituzionali della democrazia, di quella democrazia che comincia a farsi spazio nella mente di pochi, e che, non molto tempo dopo comincerà a trovare esiti concreti, dagli Stati Uniti alla stessa Francia rivoluzionaria, prima della sua involuzione nel Terrore e poi nel regime bonapartista. Dozzine di personaggi - nell'opus maior sono centinaia - ravvivano un quadro intessuto di idee e istituzioni, di economia e società: despoti illuminati e non, intellettuali e religiosi, finanzieri e librai, avventurieri di ogni specie e risma... Ma, come ancora nota Bazcko, forse tra tanti personaggi, uno dei più interessanti è proprio lui, l'autore così immerso in quel secolo, da conoscerne ogni risvolto, ogni nome, ogni titolo. Venturi, con la sua eccezionale biografia di neoilluminista, di studioso-partigiano, di organizzatore culturale e di docente, fu uno storico «troppo grande per rinchiudersi soltanto nel passato». Ed ecco la sua passione civile - quella die l'aveva portato all'antifascismo, a GL, alla Resistenza, al Partito d'Azione fare continuamente capolino. Del resto, ancora Baczko nota che in Venturi accanto alla curiosità per i documenti e per le idee c'era «un'enorme curiosità per gli uomini». La Repubblica, per Venturi, uomo attento al presente, prima che studioso del passato, incarnò sempre (scrive la Albertone) l'idea di una «passione sociale» e di una «religione libertaria». Forse questo libretto - e le pagine che qui si pubblicano dedicate alle radici religiose del partito repubblicano lo mostrano bene - potrebbe costituire un eccellente viatico all'azione indefessa del Presidente Ciampi per far (ri)soigere negli italiani la Repubblica come nuova morale civile. Franco Venturi con Alessandro Galante Garrone (al centro) e Ferruccio Farri