Parigi guadagna altre ventiquattr'ore in Iraq di Cesare Martinetti

Parigi guadagna altre ventiquattr'ore in Iraq DURA POLEMICA CON IL PREMIER IRACHENO, CHE AVEVA DETTO: LA FRANCIA NON S'ILLUDA DI RIMANERNE FUORI Parigi guadagna altre ventiquattr'ore in Iraq Prorogato l'ultimatum. Appello video dei due rapiti: manifestate per il velo Cesare Martinetti corrispondente da PARIGI L'offensiva diplomatica francese ha ottenuto un primo risultato che apre la porta alla speranza: i rapitori dei giornalisti francesi hanno concesso una dilazione di 24 ore dell'ultimatum, che era scaduto alle 21 di ieri sera. L'ha annunciato la Tv araba Al Jazeera, che ha diffuso un nuovo video sui due ostaggi un'ora dopo la scadenza del primo ultimatum: vi si vedono i due reporter, non rasati, seduti insieme di fronte a un muro di fango pigio, con una finestra di dimensioni ridotte sopra di loro. ' E' stata una «corsa contro il tempo», ci ha detto Pierre Rousselin, capo del servizio intemazionale del «Figaro», l'ultimo che ha sentito al telefono da Baghdad Georges Malbrunot quando gh ha inviato l'ultimo reportage, giovedì 19 agosto. «Mi aveva detto che voleva andare a Najaf, ma che non si sentiva sicuro...». C'era ottùnismo, ieri sera, qui a Parigi, sulla sorte di Malbrunot e del suo inseparabile compagno e «complice» di lavoro, Christian Chesnot di Radio Franca Internationale. La Francia intera è scesa in campo per i suoi due reporter. Come aveva detto domenica sera Jacques Chirac, «tutto sarà fatto per salvarli». Tanto per incominciare ieri mattina il ministro portavoce del governo, Jean-Francois Copé, ha annunciato che la legge che vieta il velo islamico (ma anche ima ostentata croce cristiana e la kippah ebraica) a scuola entrerà regolarmente in vigore il 2 settembre, giorno della ripresa. Dunque nessun cedimento al ricatto dell' Esercito Islamico, che ha chiesto il ritiro della legge in cambio deUa libertà per i due giornalisti. Ma a quell'ora il ministro degli Esteri Michel Bamier era già al Cairo, dove ha convocato tutti i giornalisti arabi per ampliare e ritrasmettere il «messaggio solenne» letto la sera prima all'Eliseo dal presidente della Repùbblica. Cosa si dice in quel messaggio? In sintesi che la Francia è la ((patria dei diritti dell'uomo», è «terra di tolleranza é di rispetto», che la Repubblica si fonda sull'eguaglianza e sulla protezione di tutte :e libertà religiose: «L'imparzialità fa parte della nostra identità e garantisce a tutti una totale libertà di culto». Ma il messaggio ha soprattutto un contenuto pohtico laddove dice: «La Francia ha sempre respinto l'idea dello scontro tra Occidente e Islam e difende ovunque nel mondo, in Iraq e in Palestina, nel Vicino e Medio Oriente, la giustizia e la dignità dei popoh, è all' avanguardia nella difesa del diritto intemazionale e difende le sovranità...» In altre parole il messaggio dei francesi ai rapitori è: ricordatevi che noi siamo ed eravamo contro la guerra e non abbiamo invaso l'Iraq. Che significa: con gh occupanti americani non c'entriamo nulla. Un distinguo netto e voluto. Infatti in serata, sotto le forme morbide di un comunicato diplomatico del portavoce del Quai d'Orsay, si è sviluppata una durissima polemica con Ayad Allawi, capo del govemo provvisorio iracheno, per la sua intervista di ieri a Le Monde nella quale diceva: «1 francesi non si facciano illusioni se sperano di rimanerne fuori». Dietro le parole di Allawi era chiara l'intenzione di trascmare la Francia dentro il pentolone iracheno («Non c'è neutralità possibile, come dimostra il rapimento dei due giornalisti») e nella risposta del Quai d'Orsay altrettanto chiaro il tentativo di volerne rimanere fuori: «Le dichiarazioni di monsieur Allawi - ha detto il vice portavoce, Madame Cécile Pozzo di Borgo - non sono accettabili». In queUe stesse ore il ministro degli Esteri Michel Bamier proseguiva il tour de force egiziano per incontrare tutti gh interlocutori possibili e immaginabili, dal segretario della Lega Araba Amr Moussa al leader dei Fratelli Musulmani, Mohamed Akef. E alle 20 il telegiornale annunciava con orgoglio che ((tutti i dignitari arabi» avevano fatto il loro appello e la loro dichiarazione per la liberazione degli ostaggi. Meno politico e meno medlatizzato il lavoro che in contemporanea hanno svolto fin dalla notte di domenica gh uomini deUa task force del Quai d'Orsay inviati a Baghdad sotto la guida dell'ambasciatore Hubert Colin de Verdière, Segretario generale della diplomazia francese. Laggiù in Iraq, sfruttando vecchie conoscenze, tutti i «reseaux» islamici sono stati attivati. Compresi i più estremisti, come i salafisti. Uno dei loro capi spirituali, che si trovava a Damasco, è stato fatto rientrare precipitosamente a Baghdad dove a tarda sera ha dichiarato che «se Dio vorrà, domani (oggi, ndr) avremo buone notizie...» Lo stesso annunciavano i capi tribù sunniti (vecchi alleati di Saddam), pi quah è stato ricordato che Parigi è sempre stata «contro la guerra». Un murale davanti all'ambasciata francese nella capitale irachena