Con il gioco delle mutazioni si scatena la pandemia di Eugenia Tognotti
Con il gioco delle mutazioni si scatena la pandemia LO SCENARIO PIÙ' TEMUTO DAGLI SCIENZIATI Con il gioco delle mutazioni si scatena la pandemia Eugenia Tognotti L' ALLARME per la pandemia influenzale prossima ventura circola da tempo, tanto che l'evocarla, come avviene sistematicamente ogni fine estate in previsione dei primi freddi, comunica l'impressione, a chi ne scrive, di contribuire a dare fiato al classico grido «Allupo, allupo». Sennonché, quest'anno, non sembra per niente ingiustificalo preoccuparsi del virus che verrà: unanimi, scienziati e ricercatori esprimono inquietudine e agitazione di fronte alla possibilità di una «mutazione» del virus umano dell'influenza, alla presenza del fatto, indiscu¬ tibile, che quello dei polli, a dispetto dell'ecatombe di quegli animali - 100 milioni abbattuti nei Paesi colpiti dalla malattia, ha continuato quest' estate a sei^ieggiare sinistramente in Thailandia e in Vietnam, in Cina e nella Malesia, uccidendo ancora questi giorni tre persone. Quello che abbiamo davanti non è uno scenario rassicurante. Non esiste un vaccino e gli antivirali potrebbero funzionare solo se assunti subilo dopo la manifestazione dei primi sintomi. Peraltro, a dispetto delle conlinue acquisizioni che riguardano le dinamiche evolutive dei malefici virus, si ha l'impressione che quello che s'ignora nei comportamenti di quest'invisibile nemico superi quello (ed è tanto) che si sa e che la ricerca biomedica ha accumulato in questi anni. D'altra parte dichiarazioni e smentite non contribuiscono certo a dissipare le ombre: quanto credito si deve dare, per dire, alla smentila circa la notizia, diffusa il giorno prima, che in Cina il virus aviario sarebbe ormai endemico tra i maiali, cioè gli animali «serbatoio» di virus umani e aviari? In questo caso si avvicinerebbe pericolosamente la prospettiva di una «ricombinazione» e, quindi, di una pandemia come la famigerata «Spagnola» che attraversò l'intero pianeta come un uragano all'in¬ domani della Prima guerra mondiale, provocando dai 20 ai 40 milioni di morti, secondo le stime. O, ancora, come r«Asiatica» nel 1957-60 e, a seguire, quella di Hong Kong del 1968-70, con un carico di vittime minore, ma ragguardevole, di un milione ciascuna. Se non è così, se non è vero, cioè, che i inaiali non rappresentano un pericolo, perché Julie Gerberdìng, direttore dei «Federai Centers for Disease Control and Prevention», ha affermato che «slalisticamente» quello che sta avvenendo in Asia è una bomba ad orologeria? E, davvero sarebbe questa l'espressione giusta per indica¬ re la situazione che si verrebbe a creare se, com'è avvenuto quest'inverno, per la prima volta, tanti animali fossero contemporaneamente infetti e a contatto con una cosi grande massa d'uomini. Che fare? Prevedere e prepararsi è la strada migliore. Esistono a livello intemazionale competenze scientifiche in campo biomedico e risorse umane e tecniche capaci di sostenere una fitta rete di sorveglianza epidemiologica. E, intanto, L'Organizzazione Mondiale della Sanità dovrebbe forse rinnovare le proprie strategie di comunicazione per coordinare meglio gli interventi, evitando di alimentare reazioni di panico ingiustificate a livello planetario e tali da produrre, quando si tratta di malattie infettive, fenomeni di discriminazione sociale com'è avvenuto per la Sars.
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