Chirac non si piega al ricatto del velo islamico

Chirac non si piega al ricatto del velo islamico A TRE GIORNI DALL'ENTRATA IN VIGORE DELLA LEGGE CHE VIETA L'OSTENTAZIONE DEI SIMBOLI RELIGIOSI NELLE SCUOLE Chirac non si piega al ricatto del velo islamico «Faremo di tutto per liberare i due giornalisti francesi sequestrati in Iraq» dal corrispondente da PARIGI Jacques Chirac compare alle 18,30 sugli schermi della tv mostrando in pochi minuti i due volti di un paese che si può ben dire «choccato» per il rapimento dei suoi due giornalisti in Iraq, intrappolati in un incredibile ricatto: la loro vita in cambio della legge contro il velo a scuola. Dapprima il presidente ostenta una faccia conciliante, ricordando la posizione francese contraria alla guerra: «La laicità significa per noi la difesa della libertà di tutti ed è questo principio che ha ispirato la pohtica francese in Iraq». E aggiunge: «Per questo vi chiedo solennemente di liberare i nostri due compatrioti». Subito dopo Chirac cambia espressione e con tono risoluto conc ude: «Tutto sarò fatto per liberarli». A tre giorni dal 2 settembre, data della ripresa scolastica, quando finalmente entrerà in vigore la contrastatissima legge che vieta l'ostentazione di un velo islamico (ma anche della kippà ebraica e di una grande croce cristiana) nelle aule, la Francia s'è risvegliata ieri in una morsa dalla quale verosimilmente si riteneva esclusa. La posizione del governo, contrario alla guerra in Iraq e tuttora al di fuori di qualunque impegno sul terreno a Baghdad e dintorni, si è riflessa nel corso di quest'ultimo anno e mezzo con una posizione dei media - tutti - sostanzialmente antiamericana. I francesi si ritenevano probabilmente coperti dalle ritorsioni irachene antioccidentali e raccontavano guerra e dopoguerra con distacco e un palese senso di rimprovero verso i paesi (come l'Italia) che invece avevano condiviso la posizione americana e poi l'avventura sul terreno a Baghdac. In questo panorama abbastanza uniforme va detto che Christian Chesnot (di Radio Franca International) e Georges Malbrunot (inviato del Figaro) occupavano uno spazio originale. I due, poco prima dell'inizio della guerra, avevano pubblicato un libro di inchiesta («Saddam, portrait total») che dava del dittatore iracheno un ritratto «totale» anche e dei rapporti - inconfessati e soprattutto molto nascosti - della Francia con Saddam. Per esempio i due avevano trovato riscontro al fatto che Saddam Hussein è sicuramente stato curato da un'equipe medica francese fino all'estate 2002. Insomma un libro abbastanza imbarazzan- te per la Francia sempre sospettata di non aver preso parte all'avventura irachena per gli inestricabUi rapporti con Saddam, amico di Chirac fin dalla metà degh anni 70. Di tutto ciò non si è parlato naturalmente ieri a Parigi dove il Quai d'Orsay (il ministero degli Este¬ ri) per tutta la notte di sabato ha negato l'evidenza. Di prima mattina il primo ministro Jean-Pierre Raffarin ha riunito a Matignon il suo gabinetto di crisi e deciso di inviare subito a Baghdad il ministro degli Esteri Michel Bamier. Poi è uscito dall'ufficio per dare ai giornalisti una dichiarazione che sembra una frase in codice: «La Francia aumenterà la sua capacità di iniziativa nella regione». Che vuol dire? Non si sa. Va ricordato che i francesi non hanno preso parte né alla guerra, né al dopoguerra. L'ambasciata a Baghdad - come abbiamo anche visto ieri sera nei tg - è aperta è attiva. Ma nessun militare è presente. E Chirac ha fatto recentemente un'altra battaglia diplomatica per evitare l'impiego di truppe Nato come era stato richiesto da Bush. In giornata il ministro dell'Interno Dominique de Villepin ha ricevuto tutti i membri del «gran consigho» del culto musulmano. C'era anche il rettore della gran moschea di Parigi, Dalli Boubakeur, che ne è il presidente, rappresenta l'Islam laico e moderato e naturalmente s'è detto «choccato» per il rapimento e il ricatto. E c'era anche una ragazza col velo, Fatima Aglil, in rappresentanza di un'associazione più estrema che davanti alle telecamere dei tg si è offerta di andare a Baghdad per essere scambiata con i prigionieri. Villepin ha fatto uno di quei gran discorsi che l'hanno reso famoso quand'era ministro degh Esteri e strapazzò il segretario di Stato americano Colin Powell al Consiglio di Sicurezza dell'Onu: «La laicità non divide, ma unisce». Al di là delle belle parole è però chiaro che il governo è preoccupato di cosa potrà accadere il 2 settembre, quando si riapriranno le scuole, e la legge sulla «laicità» dovrà essere davvero applicata. Per quanto riguarda il destino di Christian Chesnot e Georges Malbrunot il particolare che inquieta di più è che sono prigionieri di quell'«esercito islamico» che ha rapito e ucciso Enzo Baldoni. I due sono comparsi in un video del tutto simile a quello in cui abbiamo visto l'italiano per l'ultima volta. Malbrunot - che o tre ad essere un bravo giornalista è anche molto simpatico - ha cercato di rassicurare la famigha: «Tranquilli, stiamo bene». Ma un angosciante conto alla rovescia è cominciato. L'ultimatum, come per Baldoni, è di 48 ore. [e. mar.) II ministro degli Esteri Michel Bamier vola a Baghdad. De Villepin riceve i leader della comunità islamica