Il viaggiatore che cercava i mali del mondo

Il viaggiatore che cercava i mali del mondo ERA STATO DESCR8TTO COME UN «IMPRUDENTE», MA IN REALTA' SI MUOVEVA SEMPRE CON CAUTELA Il viaggiatore che cercava i mali del mondo Baldoni era pubblicitario, giornalista e ironico traduttore di fumetti Si considerava un «uomo di pace», ma non amava l'etichetta di «pacifista». Lavorava come «free lance» in cerca di notizie personaggio Jacopo lacoboni E adesso è proprio difficile dire chi fosse davvero, Enzo Baldoni. Era un pubblicitario à la page o un volontario impegnato? Un giornalista free lance o invece, e addirittura, un missionario? Un appassionato degh uomini e un viaggiatore, una specie di Bruce Chatwin all'italiana, o il radicai chic milanese che poteva permettersi di andare a rischiare laggiù, a due passi dalla moschea di Kufa dove s'è perduto, per dire semplicemente questo, «gh iracheni sono un popolo di persone perbene»? Era, in definitiva, realmente Enzo Baldoni o semplicemente il rovescio speculare e purtroppo predestinato di Fabrizio Quattrocchi, tanto forzuto quello quanto ùonico e disincantato Enzo, tanto orgogliosamente ottocentesco Quattrocchi quanto ostentatamente postmoderno Baldoni, tutti e due però condannati a dimostrare che i terroristi se ne fregano di distinguere tra due Italie, uccidono soltanto, e uccidono chiunque non sia uguale e barbuto come loro? Era tantissime cose e sicuramente molto altro da quello che leggerete qui, Enzo Baldoni. Un ficcanaso, sia detto con rispetto, e considerando che era lui a dirselo: «Non c'è niente da fare: quando uno è ficcanaso è ficcanaso. È insopprimibilmente curioso, gh interessano i lebbrosi, quelli che vivono nelle fogne, i guerriglieri. E poi a un ficcanaso non basta fare il pubblicitario, deve occuparsi anche di critica di fumetti, di traduzioni, di temi civili e perfino di robe un sacco zen». Un uomo ironico, che aveva ribaltato lo slogan da dopoguerra «italiani brava gente» nel motto compassionevole della prima guerra globale, «siamo itahani, quindi ci intendiamo con gh iracheni». Uno ipertecnologico e perciò persino capace di spiegare ai sequestratori, come ha ipotizzato il caporedattore di Al Jazeera, in che modo si fa un video decente: col risultato che sul sigillo della sua morte, su queUe immagini in cui si vede un uomo composto e volutamente sereno sottostare al ricatto, c'è appunto la sua firma. La firma di una persona curiosa e probabilmente, anche se è difficile dirlo senza averlo conosciuto, gentile. Era, forse soprattutto, il papà di due ragazzi come è bello vederne. Non facce lobotomizzate, facce di ventenni solari e fiduciose anche nei giorni terribili dell'ansia e dell'attesa, guardate il video in cui cercano di spiegare chi è il papà, Guido con una camicia coreana e il sorriso appena accennato, Gabriella, anche lei superimpegnata nel volontariato, con una ciocca di capelli sul collo e lo sguardo che si rivolge ai terroristi non supplicante, semphcemente ragionevole: «Liberate papà, era un uomo di pace». Un uomo di pace, non un «pacifista», «perché sono giorni in cui pesare le parole, non voghamo che qualche etichetta renda tutto più difficile». E hanno cercato di etichettarlo, Baldoni, hanno detto che era naif sprovveduto temerario. Nel migliore dei casi: imprudente. Tutto il contrario: si muoveva con cautela. Era stato praticamente ovunque, nel mondo: a mangiare, sono parole sue, «riso e ranocchi con la portavoce dei ribelli birmani Aye Aye Khing»; a correr via come l'acqua «nella giungla thailandese alla ricerca dei fratelli Htoo», li ricordate?, i gemellini di dodici anni che fumano cannoni con una mano e nell'altra hanno il fucile dell'Esercito di Dio, da loro comandato; oppure in Colombia, dove «ho intervistato la cupola del movimento guerrigliero, frequentato transessuali e rifiuti umani»; o ancora a Timor Est, a nascondere un leader dei guerrigheri (la stessa cosa l'ha fatta un altro: il Nobel Ramos Horta) e diventare amico del leggendario Xanana Gusmao, all'epoca galeotto, oggi presidente; o nel lebbrosario di Kalaupapa, a leccare ferite, o ancora nella fogna di Bucarest uscita dal comunismo... fl tutto dicendo di sé senza ironia, battuta fondamentale per capirne l'understatement: «Eh sì, onestamente sono un pigro, uno che farebbe volentieri a meno di viaggiare». Questo era l'uomo che non conosceva i pericoli del mondo. Uno che sapeva tutto dei fumetti, era il traduttore di Doonesbury (roba anti-Vietnam, anti-Nixon e Bush, ma vallo a spiegare agh assassini), aveva scritto per «Linus» «Diario» «Specchio della Stampa» e «Venerdì». Aveva persino stretto la mano a Marcos, e non andava in giro a sbandierarlo. Accadde per caso, viaggio in Chiapas, fine degh anni Novanta, Baldoni incontra «una simpaticissima signora francese». Era DanieUe Mitterrand: lo trovò a tal punto simpatico e documentato da chiedergh «vieni con me sugli Altos», a trovare il subcomandante col quale lei aveva già un contatto. Racconto di Baldoni, autoironico e in terza persona: «Il Baldoni arriva scettico, pensando al sohto Caudillo messicano con la variante del passamontagna ma, quando incontra il subcomandante in una radura della selva, dopo dieci minuti che ci parla imbraccerebbe un fucile per liberare eli indios dai ganadores, dal petroleros e dai coltivatori di caffè che li stanno sterminando»... Amava il giornalismo (non date retta a chi dice: il giornalismo «vero») come una pratica, non una teoria e tecnica. Gh è capitato di fare persino del bene, se non fosse che sarebbe stato il primo a riderne. Racconta il direttore di «Diario» Enrico Deaglio che «nel suo breve soggiorno in Iraq, Enzo Baldoni è stato determinante nell'organizzazione di due convogli di aiuti umanitari della Croce Rossa Italiana e della Mezzaluna Rossa, arrivati a Najaf il 15 e il 19 agosto», dice che «in entrambi i casi è riuscito a entrare nella città, a consegnare viveri e medicinali e trarre in salvo donne e bambini, mettendo a rischio la propria vita». Aveva 56 anni e una moglie, l'elegante Giusy. Era già stato sequestrato una volta, in Colombia, un paio di ragazzini col mitra lo prendono, lui se h conquista a tal punto che trasforma il sequestro in un'intervista al comandante che l'aveva fatto rapire. Ci ha provato, sommessamente, anche stavolta. L'ultima intervista è rimasta nella penna perché davanti non c'era umanità da raccontare. I figli di Enzo Baldoni durante la registrazione dell'appello ai rapitori del padre

Luoghi citati: Bucarest, Colombia, Iraq, Timor Est