Cresce allarme sui costi della riforma federale di Antonella Rampino

Cresce allarme sui costi della riforma federale NUOVI INCONTRI DI CALDEROLI, CHE HA VISTO I «SAGGI DI LORENZAGO». E IL CENTROSINISTRA DICE «NO AGLI INCIUCI» Cresce allarme sui costi della riforma federale I minist'ara uno studio: aggravi del 40 per cento Antonella Rampino ROMA Non solo imo studio del ministero del Tesoro, che sarà presentato ufficialmente a settembre e che stima in 93 miliardi di euro il peso finale sui bilanci pubblici dell'attuazione di federalismo e devolution. Adesso, si apprende da una interrogazione urgente a Berlusconi e a Siniscalco presentata dal senatore e costituzionalista diessino Stefano Passigli, c'è anche un'analisi dei costi elaborata dal Dipartimento affari economici della presidenza del Consiglio, che stima l'aggravio totale per le casse dello Stato nel 40 per cento. Dopo gli allarmi della Corte dei Conti e di Confindustria, respinte dal ministro Calderoli con l'osservazione che «gli stati federali costano meno di quelli centrali», il che è certamente vero nel lungo periodo, riemerge l'ipotesi che, come suggerisce Passigli, «il governo, prima ancora di pensare ad ulteriori modifiche del testo costituzionale, awii un'approfondita analisi dei costi cu riforma». Una preoccupazione che non è solo dell'opposizione, se Carlo Vizzini, forzista presidente della Bicamerale regionale ha già preso carta e penna e scritto a Siniscalco chiedendogli di essere audito in commissione proprio sul tema dei costi. Le parole di Passigli, nella giornata in cui il ministro per le Riforme Calderoli ha impresso un'accelerazione agli incontri informali in vista dell'apertura del tavolo ufficiale di discussione, previsto per il 2 settembre, sono anche la più concreta risposta a quello che continua ad essere un mistero. Il ministro per le Riforme asserisce di aver «recepito le proposte dell'opposizione», ma l'opposizione quotidianamente smentisce. Con alti lari: «Nessun inciucio» (Alfonso Pecoraro Scanio dei Verdi), «Calderoli mente» (Marco Rizzo dei Comunisti italiani), «Il luogo in cui ci confronteremo è il Parlamento» (Roberto Villetti dello Sdi). Ieri, nella riunione di tre ore che Calderoli ha avuto con gli altri tre «saggi di Lorenzago» Schifani, Nania e D'Onofrio, oltre che con Vizzini, ha ribadito che quegli incontri ci sono stati, e anche che per ragioni di riservatezza non intende dire con chi. E la sensazione dei presenti è stata che un filo con l'opposizione ci sia. La riunione, che ha trattato quasi esclusivamente di federalismo e Senato delle Regioni, nella valutazione sia di Schifani che di Nania, è stata «positiva», «Calderoli è molto impegnato nella ricerca di una soluzione», aggiunge Vizzini. Lo schema è quello di esperire tutti gli incontri con gli enti locali (ieri anche le Province han fatto sapere di voler essere rappresentate nel futuro Senato Federale), con le parti sociali, nonché con i capigruppo di Camera e Senato (riunione che si terrà ai primi di settembre) per trovare un equilibrio tra i due rami del Parlamento. Materiale di lavoro col quale poi Calderoli si presenterà al vertice decisivo: quello della maggioranza di governo. Il metodo che si è scelto infatti è ancora una volta quello di sciogliere prima i nodi tecnici, e poi di trovare l'equilibrio politico nella coalizione. Una cosa che lascia perplesso non poco Francesco D'Onofrio, il capogruppo dell'Udo di Palazzo Madama gran tessitore della riforma in Senato il quale, avvertendo che dal 4 all'11 di settembre non sarà disponibile per impegni personale, ha anche ricordato ohe «noi abbiamo votato in Senato un disegno di riforma costituzionale della maggioranza, anzi del governo». Aggiungendo anche che «certo, se il governo cambia opinione...». Un modo per ricordare, infine anche al suo stesso partito assai contrario alla devolution, ai super-poteri del premier, alla limatura ai poteri del presidente della Repubblica, che gli accordi erano quelli. E anche che gli accordi possono cambiare. Sarà un caso, ma scorrendo l'agenda si scopre poi che Pollini parlerà a Fiuggi, alla festa dell'Udo, il 12 settembre. Proprio il giorno prima che la riforma arrivi in Aula alla Camera. Lo scontro potrebbe diventare, nella Cdl, al calor bianco. Ce ne sarebbe motivo, anche perché come ieri ha ricordato dal Meeting di Rimini Giulio Andreotti, che fu membro della Costituente, «anche se non si parla più, per fortuna di secessione, nel nostro Paese si cerca sempre più di dividersi, e proprio mentre l'Unione europea si unisce». Questa, spiega Andreotti, «è una contraddizione», e poi «la Costituzione prevede già un forte decentramento, non solo amministrativo ma anche legislativo». Il riferimento è alla riforma del Titolo V della Costituzione, votato a maggioranza dal centrosinistra nella scorsa legislatura. Attuare solo quello, dicono le prime elaborazioni della Scuola superiore dell'Economia e delle finanze, che fa capo al Tesoro, costerebbe «solo» 16,7 miliardi di euro.

Luoghi citati: Fiuggi, Rimini, Roma, Vizzini