Nel girone dei precari vite votate alla mobilità di Giulia Zonca

Nel girone dei precari vite votate alla mobilitàIN FILA AL PROVVEDITORATO DI NOVARA: TRATTATI DA RAGAZZI ANCHE A QUARANT' Nel girone dei precari vite votate alla obilitàm A ogni chiamata si riempie una casella e si sente un sospiro Le biro degli aspiranti prof depennano un'altra occasione reportage Giulia Zonca inviata a NOVARA IL precariato gratta via la sicurezza. È difficile trovarsi ogni anno, nello stanzone del provveditorato, in un appello di disperati e mantenere la serenità. Gli insegnanti dicono di esserci abituati, si presentano con la faccia tirata sgretolando cibalgina per scacciare le ansie e recitano liste di nomi e punti per provare a calcolare dove sarà la loro cattedra. Ammesso che ne sbuchi una. Qui a Novara come nel resto d'Italia, è sempre uguale: un funzionario che abbina posti liberi a vite provate dalla mobilità e un proiettore che ingrandisce a dimensione muro U misero file di excel. A ogni chiamata si riempie una casella e si sente un sospirone mentre le biro dei presenti depennano un'altra possibilità. Un posto in meno e non uno sistemato in più perché se va bene si portano a casa una cattedra: 18 ore nella stessa scuola fino «a fine attività didattica» e quando finisce quella, più o meno a metà giugno, si fermano anche i contributi. Altrimenti racimolano qualche ora, 6 di qua 8 di là, 4 alla scuola serale 5 a quella carceraria e nessuno che si sbagli a lasciare un'ora sul tavolo, nemmeno queUe delle classi più malfamate. «Ma lo sai che lì l'anno scorso si masturbavano sotto i banchi?». «E che cosa devo fare?». Alla fine della conta non resta niente tranne le facce distrutte di chi è rimasto a ore zero. Per loro ci sono i ripescaggi, gli spezzoni di orario gestiti dai singoli presidi che rispettano le graduatorie ma anche la reputazione. Quelh però chiamano a inizio settembre, dopo il collegio docenti e non è detto che il gruzzolo di avanzi di tutta la regione basti a sistemare chi è senza un lavoro. Gli insegnanti dicono di esserci abituati e mescolano gh abbinamenti come se stessero facendo i conti del fantacalcio: «Se per itahano ci sono due cattedre, la prima in classifica si prende la più comoda, ne resta un'altra arrampicata chissà dove che di certo la Gemma non molla. Poi ci sono 6 ore in un classico che se le aggiungo alle 11 delle magistrali e mi tolgo le supplenze...». Moltiplicato per un numero di anni infinito fanno un trattamento da ragazzetti anche se ormai sei un quarantenne e le hai provate tutte. Sono pochi quelli che hanno accompagnato decine di concorsi senza mai acchiapparne uno. I casi clinici sono un residuo, la maggior parte della gente ha afferrato l'unico accesso possibile, il concorso del 2000, arrivato dopo nove anni di immobilità. L'ultimo ordinario prima che nascessero le scuole di specializzazione. E ciba aggiunto anni di precariato, ore di supplenza e tutto quanto poteva. Non basta, d listone di quelh che aspettano si è ingolfato. Il ministero dell'Istruzione privilegia chi è uscito dalle scuole di specializzazione perché quella è la strada scelta. Formare personale idoneo e azzerare il resto, e il resto ne è perfettamente consapevole. Pensa persino che non sia proprio sbagliato, in Europa si concentrano sulla preparazione per fare la scrematura, creano dì fatto un numero chiuso a forza di esami. Ma qui ormai la bolla è troppo grossa e chi ci è incastrato dentro si aggrappa ai sindacati per restare a galla. I passaggi al ruolo, al posto definitivo, sono scarsi e le istruzioni dall' alto chiare: «Accorpare il più possibile, non spezzettare». Così si cerca di dare a ognuno 18 ore rastrellando ogni scuola che ne ha una a disposizione. Così per lavorare devi fare il flipper su e giù per la provincia e restare a secco è sempre più facile. Qualche fortunato si è preso il posto indeterminato, in tutta Italia sono 15 mila (ma 2500 per ruoli amministrativi). Qui ci sono un paio di signore a un passo dalla pensione che tra quattro anni rimetteranno in circolo il lavoro che hanno aspettato una vita, e parecchi trentenni. «Quella era una mia alunna, cavoli, dove li ha presi tutti quei punti? Tanto va così, anni nella privata e non ho in mano niente». È gente matura che finge rassegnazione e si sente rivoltare lo stomaco. Lo sanno che molti di questi ragazzi non hanno colpe, sono preparati e si meritano il posto solo che la precarietà ferisce e «poi c'è pure chi quel posto non se lo merita». Gh insegnanti dicono di esserci abituati e quando arriva il dirigente regionale si preparano a quella voce che sembra uscita da un vulcano e non porta mai buone notizie. Paola d'Alessandro è una bella signora, morattiana della prima ora, arrivata insieme a lei, la prima in tutta Italia ad anticipare l'assegnazione delle cattedre, elegante, abbronzata e pragmatica. Voce profonda, parla roco e chiaro. «Non abbiamo fatto le ferie per sistemare le graduatorie in tempo» e poi va giù duro: i posti sono pochi, non aumenteranno e via motivi, ragioni, scelte ingiuste ma inevitabili. Da offrire solo precarietà. E gh insegnanti non ci si abitueranno mai. COSI ANNO PERANNO ■ 2000 Ultimo concorso ordinario dòpo nove anni. Si creano le; ? scuole di specializzazione post laurea che danno l'abilitazione. ■ 2001 Le graduatorie dovevano essere riaperte ogni due anni, ma vengono allestite ogni anno. Le cattedre vengono smaltite solo il 24 gennaio. ■ 2002 In graduatoria i primi prof abilitati. Il corso vale 30 punti e può essere sommato ai punti delle supplenze. ■ 2003 Un bonus da 6 punti per i precari storici. Il passaggio al ruolo viene ridimensionato dal 60 al 10 per cento dei precari. ■ 2004 Vengono reintegrati punti dati da vecchie leggi. Prima rivoluzione delle graduatorie. Gli insegnanti in attesa della «chiamata» nell'ufficio scolastico provinciale di Novara

Persone citate: Paola D'alessandro

Luoghi citati: Europa, Italia, Novara