SE LA VIOLINISTA DEVE SUONARE COL «MULETTO» di Sandro Cappelletto

SE LA VIOLINISTA DEVE SUONARE COL «MULETTO» IL GENIO DA SOLO NON BASTA SE LA VIOLINISTA DEVE SUONARE COL «MULETTO» Sandro Cappelletto SCHUMACHER vince perché guida una Ferrari, o è la Ferrari ad arrivare prima perdié ha Schumacher alla guida? L'uomo o la macchina, il genio e la tenacia dell'individuo o l'affidabilità dello strumento superiore e dei materiali mille volte collaudati? AJdko Suwanai è una giovane, affermata, entusiasmante violinista giapponese. L'altra sera, mentre al Colon di Buenos Aires - il più grande teatro d'opera del mondo - suonava il secondo Concerto di Krzysztof Penderecki, si è rotta una corda del suo Stradivari: lo splendido «Dauphin», uno strumento creato nel 1714 e già appartenuto a Jascha Heifetz. Lei non si è smarrita neppure per un istante, e del resto il ((pronto soccorso» previsto in casi del genere è collaudato: il concertino, il violinista che siede accanto alla spalla dell'orchestra, nel primo leggio subito alla smistra del direttore, scambia il proprio strumento con quello del sofista, esce in punta di piedi dal palcoscenico, cambia la corda rotta, accorda nuovamente il violino, ritoma, sempre beve lieve, in orchestra e al primo momento utile consentito dalla musica restituisce al protagonista il suo strumento. Mentre accadeva tutto questo, tre-quattro minuti, la Suwanai ha continuato a suonare. Era sempre lei, la sua tecnica è rimasta formidabile, e il pubblico ha molto apprezzato la freddezza e prontezza di temperamento di fronte all'imprevisto. Però, proprio lei del tutto non era: come se un velo si fosse steso tra il suo suono e le nostre orecchie, come se la brillantezza, la potenza, la nettezza di prima fossero annebbiate, più opache. Come se, invece della fuoriserie, avesse tra le mani un ((muletto» che più di tanto non può tirare. Quando finalmente il concertino le ha passato lo Stradivari rimesso a punto - e per un violinista lo strumento è un'estensione del proprio corpo, del proprio essere artista - il velo si è alzato, la «messa a fuoco» del suono è tornata perfetta, e lei per prima è sembrata rendersene conto, ritornando più sicura e convincente. Quando ha cominciato, la Suwanai suonava un normale violino di fabbrica, come tutti i giovani violinisti debuttanti che sognano uno strumento superiore. Lei dice che il «Dauphin» le è arrivato quando neppure ci pensava, mentre stava continuando a studiare, con la costanza e la fatica che il violino esige, senza fare sconti. Come se lo Stradivari la stesse aspettando, con calma, conia . naturalezza degli incontri che accadono perché devono accadere, perché il meglio non vada sprecato, nelle mani di chi non saprebbe valorizzarlo. Come è consentito soltanto ai migliori talenti, per fatalità e per scienza, mai per caso.

Persone citate: Dauphin, Jascha Heifetz, Krzysztof Penderecki, Schumacher, Suwanai

Luoghi citati: Buenos Aires