Principi e borghesi alla fine dell'Impero

Principi e borghesi alla fine dell'Impero Principi e borghesi alla fine dell'Impero Marco Rosei L secolo dell'Impero, ovvero l'arte trentina del XIX secolo e fino al 1915, dairitrattiimperiali di Lampi, di Tommz, deHom- i bardo veneto Sogni ai dipinti giovanili di Segantini, gardesano imperiale che mai rinunciò alla cittadinanza austriaca e anche per questo fu ammirato e celebrato dalla Secessione viennese, e di sudditi come il meranese Leo Putz, protagonista della Secessione monacense, e il trentino Moggioli, protagonista di quella romana e di Ca' Pesaro. Questo potrebbe sembrare un omaggio datato ad una storia dell'arte anagrafica, ma sta di fatto che una bell'aria di famigha artistica comune circola fra i lombardo veneti Hayez e Molteni e un protagonista del Biedermeier viennese come Friedrich Amerling. È noto che le due versioni di Meditazione di Hayez del 1850, capolavori di erotismo metaforizzato che quasi mi fanno suppoire una riflessione del pittore sul seicentesco Cagnacci, con la modella discinta a seno nudo che in entrambe le versioni tiene in grembo un volume Storia d'Italia e in ima impugna una croce con la data delle Cinque Giornate di Milano, sono espliciti simboli della caduta delle speranze del 1848. Ma è anche indubbio che i più fascinósi confronti e accostamenti della mostra h troviamo nella sala che comprende le due versioni di Hayez, L'innamorata di Molteni. L'assopita di Amerling e il marmo della Fiducia in Dio: tutte opere, in forme diverse, esemplari della poetica dell'ambiguità delle passioni come evo- luzione dal romanticismo al simbolismo. Il sottotitolo della mostra, a cura di Gabriella Belli e Alessandra Tiddia, parla di Principi, artisti e borghesi. Esso corrisponde perfettamente alla prima parte ospitata al primo piano. Al busto «cesareo» di Francesco I del Canova seguono i grandi «ritratti di stato», con lo stesso Francesco I e Ferdinando I, con i quah il goriziano Tominz, mirabile ritrattista borghese, si rivela poco simpatetico nella veste ufficiale, ma con l'alto interesse documentario e di costume del trapasso dall'ambiente decorativo di Francesco, ancora «impero napoleonico» anche per l'antagonista, a quello neogotico di Ferdinando, con lo sfondo di Trieste. Quanto ai ritratti di Sogni, professionalmente impeccabili, l'arredo del fascinoso ventenne Francesco Giuseppe è ancora egizio a sfingi, quello di Elisabetta, che il nostro occhio «legge» irresistibilmente come Sissi, è già neorococò. Dopo i principi, la ritrattistica romantica conferisce indifferentemente tma sorta di uniformità sociale borghese, tanto più evidente quando si tratta di piccoh ma affascinanti maestri locali. Giustiniano degli Avancini di Levico, allievo a Milano di Palagi poi a Roma con i nazareni, raffigura se stesso, berrettone e baffoni neri, mentre presenta un quadro ai genitori, con il padre in papalina rossa, e ad un amatore. Il boemo Giovanni Pocfc,- «p- prodato a Riva del Garda poi a Trento e a Milano, raffigura l'incontro di Carlo Melzi d'Eril, di ritorno dalla caccia, al cancello della villa di Bruzzano con mogbe, figli piccoli, suocera, sorella, mentre il pittore è appollaiato in cima al muro con in mano un fogho con un'altra testa di infante. Consonanze deliziosamente ingenue, in cui si respira più l'aria dei primitivi statunitensi che non il modello dei ritratti di famigha inglesi. Il discorso assume altre cadenze di specificità storico artistica con il secondo '800 e il primo '900 al secondo piano, con beUe scoperte, dai pannelli decorativi floreali del giovane Segantini, che ricordano in maniera singolare i tardi fiori di Previati, alla ricostruzione dello studio dello scultore verista Andrea Malfatti attraverso opere e modellini della gipsoteca donata alla città di Trento. E qui fatalmente emergono i due volti, le due anime lungo l'Adige. Mentre i trentini Bartolomeo Bezzi ed Eugenio Prati rendono omaggio al lussurioso verismo cromatico veneziano di Favretto, l'alto atesino di cultura monacense Defregger continua a frequentare le glorie di Andreas Hof er e la pittura di genere di costume tirolese. Più oltre. La leggenda di Orfeo del 1905 di Luigi Bonazza di Arco rende omaggio, anche nella splendida cornice fra Sezession e Wiener Werkstatten, a Klimt e von Stuck ben prima della lora fortuna secessionista itahana. Ai Palazzo delle Albere di Trento rivive l'epopea degli artisti che vissero .L'ultimo secolo della dinastia asburgica tra suggestioni napoleoniche e influenze secessioniste