Sciopero della fame nelle carceri Guerra psicologica per fermarlo

Sciopero della fame nelle carceri Guerra psicologica per fermarlo LA PROTESTA COINVOLGE ORMAI TREMILACINQUECENTO PALESTINESI Sciopero della fame nelle carceri Guerra psicologica per fermarlo Yariv Gonen GERUSALEMME Da cinque giorni dietro le sbarre dei pentenziari israeliani è in corso una lotta senza quartiere e senza esclusione di colpi fra le autorità carcerarie e migliaia di reclusi palestinesi proclamatisi «prigionieri politici». In buona parte si tratta di una guerra psicologica, combattuta utilizzando i mezzi di comunicazione di massa. Su tutti i quotidiani israeliani sono apparse ieri le fotografie riprese come attraverso il buco della serratura in una cella di Ohaley Kedar (Beer Sheva) in cui si intravede il dirigente di Al Fatah, Marwan Barghuti: un po' sfuocato, ma chiaramente intento a concedersi uno spuntino, malgrado lo sciopero ad oltranza. In teoria, gli scioperanti dovrebbero essere isolati dal resto del mondo: prima dell'inizio della protesta sono stati requisiti loro televisori e apparecchi radio. Ma le notizie filtrano liberamente e dunque la divulgazione dello «spuntino di Barghuti» (condannato all'ergastolo alcuni mesi) doveva dimostrare agli scioperanti che mentre essi patiscono, i loro dirigenti «fanno la bella vita». Ma ieri un avvocato di Barghuti ha spiegato che si tratta di immagini vecchie e che il dirigente di Al Fatah osserva uno sciopero tutto personale, di carattere graduale, fin dal primo agosto. Da dietro le sbarre, Baiìghuti ha fatto appello all'intera nazione islamica affinchè osservi oggi uno scipoero della fame di solidarietà. Per i circa 7.500 detenuti palestinesi la protesta ha un carattere spiccatamente umanitario. «Vogliamo essere rispettati, non siamo più disposti a essere degradati e umiliati: sia con percosse, sia con ispezioni corporali condotte in pubblico», ha spiegato per telefono uno degli organizzatori della protesta. Ma Israele ritiene che lo sciopero sia stato organizzato da Hamas e dalla Jihad islamica per assumere il controllo delle prigioni e per consentire ai loro quadri di organizzare attentati anche dalle loro celle. Il ministro della Sicurezza intema Zahi Hanegbi e il responsabile del servizio carcerario Yaakov Ganot hanno dunque istruito i loro uomini affinchè non facciano concessione alcuna e spezzino lo sciopero con tutti i mezzi. Ad esempio, infiacchendo la resistenza dei detenuti, minando il morale. Fra le «armi non convenzionali» utilizzate dai secondini sono apparse cosi gustose bistecche cucinate alla brace a breve distanza dalle celle, in modo che il loro profumo vi entrasse liberamente. Ma non solo. Dagli spacci delle carceri sono scomparse tutte le bevande leggere (che gli scioperanti pensavano di utilizzare per alleviare la sete in giorni particolarmente afosi) e i pacchetti di sigarette. «Vuoi fumare? Smetti lo sciopero», è diventato lo slogan più diffuso nelle prigioni israeliane. Tuttavia la protesta si estende. Per duecento che si arrendono, altri quattrocento si associano alla manifestazione. Il numero complessivo de^li scioperanti nella giornata di ien era difficile da stabilire: secondo Hamas, quattromila detenuti scioperavano ieri a oltranza e altri 3.500 per una giornata soltanto. Più basse le cifre israeliane, che parla di 2.885 reclusi in sciopero a oltranza. Le proteste della popolazione palestinese per le condizioni di detenzione dei «prigionieri dell'Intifada» so¬ no destinate a proseguire fino alla fine del mese. Ieri i i carcerati si sono visti requisire anche il sale: una sostanza che avevano accumulato per meglio affrontare il digiuno prolungato. «Niente sale nelle celle», ha stabilito Ganot. Per ora il braccio di ferro sembra avviato verso una pericolosa escalation. Ganot, dall'inizio dello sciopero, ha ordinato la sospensione di qualsiasi visita di familiari ai detenuti. Che sia la nostalgia a spezzare la loro resistenza. Ma loro replicano: «Conosciamo gli indirizzi precisi delle case di Ganot e di Hanegbi. Stiano attenti». Da parte loro, le Brigate dei martiri di Al Aqsa minacciano di rapire soldati per scambiarUconi detenuti. I responsabili dei penitenziari hanno ordinato di cuocere cibo alla brace vicino alle celle per solleticare l'appetito dei detenuti La tv manda in onda immagini del leader dell'Anp Barghuti condannato all'ergastolo che fa uno spuntino L'avvocato insorge «Sono vecchie riprese» Detenuti palestinesi: lo sciopero della fame si estende giorno dopo giorno nelle carceri

Luoghi citati: Gerusalemme, Hamas, Israele