Falliti i negoziati per Najaf, sI torna alle armi di Paolo Mastrolilli

Falliti i negoziati per Najaf, sI torna alle armi OGGI A BAGHDAD 1.300 DELEGATI PER LA CONFERENZA NAZIONALE IN VISTA DELLE ELEZIONI Falliti i negoziati per Najaf, sI torna alle armi I governo: siamo dispiaciuti. Al Sadr: sono loro che hanno lasciato il tavolo Paolo Mastrolilli NEW YORK Le trattative di Najaf sono fallite, e adesso la gente si aspetta solo la ripresa dei combattimenti. Ameno che l'annuncio venuto dal governo non sia una mossa tattica, per spingere il leader religioso ribelle Muqtada Al Sadr a fare più concessioni. La notizia negativa sui colloqui l'ha data lo stesso Muqafaq Al Rubale, il consigliere per la sicurezza nazionale che guidava la delegazione del nuovo esecutivo presieduto dal premier lyad Allawi. «E' con grande dispiacere e rimpianto - ha detto durante una conferenza stampa improvvisata ieri pomeriggio - che annuncio il fallimento degli sforzi per porre fine alla crisi irachena in maniera pacifica. Il nostro obiettivo era evitare lo spargimento di altro sangue, preservare la sicurezza, e far deporre le armi alle mihzie». Quindi il consigliere del premier ha aggiunto: «Abbiamo discusso tutti i temi rilevanti negli ultimi tre giorni, ma non sono stati compiuti abbastanza passi avanti. D mio governo pensa che sia venuto il momento di interrompere i negoziati e ritornare a Baghdad. Ora ricominceranno le operazioni militari, per ristabilire la legge e l'ordine». I portavoce di Al Sadr hanno scaricato la responsabilià del fallimento sul premier Allawi. Lo sceicco Ah Smeisim ha detto ad Al Jazeera che «le parti avevano raggiunto l'accordo su tutti i punti, ma all'improvviso il primo ministro ha ordinato ai suoi inviati di interrompere i colloqui e tornare a Baghdad. Questa è una cospirazione per commettere un grande massacro». Un altro collaboratore del religioso sciita, Ahmed al-Shaibany, ha puntato il dito anche contro gli Usa, che non hanno partecipato direttamente alle trattative: «C'erano alcuni punti specifici e domande su cui chiedevamo la firma degli americani, ma loro hanno rifiutato». Il rehgioso ha anche aggiunto che Al Sadr sarebbe disposto ad accettare una forza delle Nazioni Unite: «Noi preferiremmo le forze dell'Onu alle forze di occupazione, perché l'Iraq è un membro delle Nazioni Unite» e quindi «c'è una grande differenza fra i caschi blu e le truppe di occupazione», ha sottolineato. Lo stesso Sadr, in un'intervista con Al Jazeera registrata forse prima della fine dei colloqui, ha detto che le violenze dei giorni scorsi sono scoppiate perché lui voleva il ripristino dei servizi municipali a Najaf, e si era rifiutato di partecipare alla conferenza nazionale che comincia oggi a Baghdad per selezionare i cento membri dell'assemblea incaricata di preparare le elezioni del gennaio 2005: «Se avessi accettato di andare, e di non chiedere il rispetto dei diritti del popolo, non mi avrebbero fatto tutto questo, prendendo di mira me e lo sciismo». Al Rubale ha risposto che «alcuni elementi mi hanno impedito di incontrare Al Sadr, ma se lui volesse discutere, saremmo pronti a vederlo». Potrebbe essere uno spiraglio lasciato aperto per la ripresa delle trattative, oppure solo una copertura per giustificare l'offensiva finale. Al Sadr aveva posto dieci condizioni per firmare la tregua definitiva, tra cui il ritiro di tutte le truppe straniere da Najaf, la consegna dell'amministrazione cittadina alla Marjayia, ossia l'autorità religiosa sciita, il riconoscimento della milizia Al Mehdi come movimento politico, il permesso per i suoi membri di continuare a portare le armi, e la liberazione di tutti i prigionieri. Il rehgioso, poi, voleva che gli americani ricompensassero le famiglie degli iracheni morti nei combattimenti degh ultimi giorni. Se le denunce dei suoi collaboratori sono vere, Allawi e Washington hanno deciso che le richieste di Sadr erano inaccettabili e hanno messo fine alle trattative. La ripre- sa dell'offensiva militare, però, rappresenta un grave rischio politico per il nuovo governo e per gli Usa, proprio mentre oggi 1.300 delegati arrivano a Baghdad per la conferenza nazionale che dovrebbe creare l'assemblea incaricata di guidare il Paese alle elezioni. Circa diecimila sciiti ieri sono confiniti da varie città su Najaf, offrendosi come scudi umani e promettendo di impedire un nuovo attacco. Tra di loro, così come era avvenuto nelle ultime manifestazioni a Baghdad, c'erano anche dei poliziotti. Al Sadr aveva sollecitato questa mobilitazione, e il risultato dimostra che la sua popolarità sta crescendo. Nuovi scontri poi sono scoppiati a Hilla, circa 60 miglia a Sud della capitale, dove le forze dell'ordine locali hanno ucciso circa 40 militanti. Invece a Samarra, nella zona dove opera la guerrigha sunnita, sono entrati in azione gli aerei americani. Nel bombardamento, secondo fonti locali, sarebbero morte circa 60 persone. Poco lontano, nella regione di Al Anbar, due soldati americani sono stati uccisi. Ieri sera un attacco aereo statunitense ha colpito alcune case a Falluja, dove sono ripresi i combattimento con i ribelli: otto i morti, quasi tutti donne e bambini. Al Nord, intanto, sono riprese le esportazioni di petrolio, ma al Sud un nuovo atto di sabotaggio ha colpito il terminale meridionale nella zona di Haswa. La ripresa dei combattimenti a Najaf potrebbe avere l'effetto di rilanciare anche queste violenze nel resto dell'Iraq. llleader sciita «E' una cospirazione per commettere un grande massacro Saremmo disposti ad accettare una forza dell'Onu C'è una grande differenza fra caschi blu e forze d'occupazione» Bombardamenti Usa a Samarra, dove hanno perso la vita sessanta persone eaFalluja:gliaerei hanno colpito due case Tra le vittime otto donne e bambini Uccisi due soldati americani 2-, Un miliziano di Muqtada al-Sadr dà a una bambina un AK-47 a Najaf, dove la ripresa della battaglia sembra imminente Il generaleTricarico ieri a Nassiriya WSiM