Permessi di soggiorno, lite tra Castelli e Pisanu di Francesca Paci

Permessi di soggiorno, lite tra Castelli e Pisanu IL PREFETTO PANSA E' A TRIPOLI PER NEGOZIARE L'ASSISTENZA ITALIANA AL CONTROLLO DELLE COSTE Permessi di soggiorno, lite tra Castelli e Pisanu I ministro della Giustizia attacca: i Comuni non devono essere coinvolti Francesca Paci ROMA La questione immigrazione apre un nuovo fronte nel governo nelle stesse ore in cui il prefetto Alessandro Pausa è a Tripoli per negoziare l'assistenza italiana per il controllo delle coste libiche. Dopo l'ultima tragedia del mare il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, impugna l'ipotesi del Viminale di affidare ai Comuni il rilascio dei permessi di soggiorno agli stranieri e mette in guardia il collega Beppe Pisanu: «La Lega ribadisce la propria netta contrarietà al progetto di trasferire alle amministrazioni locali il potere di conferire la cittadinanza agli stranieri, e di estendere a due anni la durata del permesso di soggiorno». Alla dura replica del ministro dell'Interno («Mai pensato di attribuire ai Comuni il potere di cittadinanza e mai adombrato una simile ipotesi in nessu¬ na sede»), il Guardasigilli replicherà in serata precisando di essersi riferito solo «all'anagrafe degli extracomunitari e alla gestione dei permessi di soggiorno». Chiarito l'equivoco, i rapporti tra i due dicasteri appaiono comunque tesi. L'ultima polemica risale a pochi giorni fa, dopo la denuncia dal direttore del quotidiano Le Monde, Jean-Marie Colombani, sui controlli «vessatori» subiti dal figlio di origine indiana all'aeroporto di Venezia. Pisanu si era scusato per «gli eventuali errori e gli eccessi» ai darmi di passeggeri stranieri. Castelli aveva invece difeso l'operato delle forze dell'ordine che «fanno solo il loro dovere». Ora la polemica sul caso-Comuni aumenta la distanza. L'idea di alleggerire le questure del compito di rilasciare permessi di soggiorno, come l'altra di estenderne la durata, era stata avanzata da Pisanu in luglio nella riunione del Consiglio di ministri che aveva esamina- to il decreto sul ritocco della parte di Bossi-Fini dichiarata incostituzionale dalla Consulta. Allora il rifiuto della Lega era stato netto e il dibattito sul decreto, con prevedibile braccio di ferro col Viminale, era sfittato a settembre. Oggi Castelli dice di più; «Non ci pare condivisibile l'escamotage di introdurre questa normativa attraverso emendamenti di natura parlamentare contando sui voti della sinistra. Il Polo non può dividersi su questi argomenti, né in sede di governo né in Parlamento». L'opposizione starebbe dunque lavorando con il Viminale a un eventuale emendamento alla Bossi-Fini? Dagli ambienti ulivisti giungono solo smentite. Eppure il coordinatore nazionale di An, Ignazio La Russa, avvalora il sospetto del collega leghista: «Concordo con Castelli sul fatto che i gravi problemi dei clandestini vadano affrontati all'interno della Casa delle libertà, senza percorrere scorciatoie con forze esteme». Giulio Calvisi, responsabile Ds per l'immigrazione, liquida la querelle come «ima divagazione ferragostana». L'esponente della Quercia esclude qualsiasi contatto con la maggioranza: «Abbiamo visto la bozza del decreto di Pisanu e non c'è alcun punto d'intesa. L'ipotesi non è quella di respousabifizzare i Comuni, come appare, ma di fame centri di raccolta e smistamento per le questure». Figurarsi, aggiunge Calvisi, che l'attesa per il permesso di soggiomo si allungherebbe addirittura rispetto all'originale: «La Bossi-Fini prevede tre passaggi farraginosi che nella nuova ipotesi diventerebbero quattro». A parlare di un programma triennale per «una nuova procedura» da affidare ai Comuni era stato proprio il ministro dell'Interno il 30 giugno. «Questo programma - aveva spiegato Pisanu prevede un rafforzamento iniziale delle questure con l'impiego di 400 lavoratori interinali, esperti di regolarizzazioni». La fase successiva programmava una legge che affidasse ai Comuni «l'intera procedura di rilascio e rinnovo dei permessi». Le questure avrebbero continuato a gestire la pubblica sicurezza. Ipotesi reale o meno, le prime reazioni degli interessati non sono incoraggianti. Napoli e Roma rifiutano la prospettiva di gestire l'Anagrafe dei visti, «un mero aggravio burocratico» per le amministrazioni già provate dai tagli governativi. Napoli e Roma già rifiutano la prospettiva di gestire l'Anagrafe dei visti «È un aggravio burocratico»

Luoghi citati: Napoli, Roma, Tripoli, Venezia