Sui primi ospiti sventola l'icona del «Che» di Marco Ansaldo

Sui primi ospiti sventola l'icona del «Che» IMPONENTI MISURE DI SICUREZZA, SOLO GLI INGLESI SEMBRANO INDIFFERENTI Sui primi ospiti sventola l'icona del «Che» Organizzatori preoccupati: temono un incidente diplomatico con i cubani reportage Marco Ansaldo inviato a ATENE CHE Guevara è entrato nel villaggio olimpico clandestinamente come aveva fatto sbarcando dal Granma per preparare la cacciata di Batista. Si era nascosto bene, piegato in otto come un lenzuolmo tra il vestiario degli atleti cubani, sicuramente complici e fedeli alla causa. Chi pensava di cercarlo là? Adesso il «Che» pende dal terzo piano di una palazzina che ospita i cubani. Non lui, naturalmente. Il suo ritratto. Guevara sta sulla facciata proprio sopra la fermata del pullman, Fidel Castro su un'altra. Giocano a scacchi nell'edificio che hanno già ribattezzato «dei barbudos». Il Ciò non ha gradito. Su Fidel non può dire nulla perché è il capo del govemo e mafia potrebbe appendere alla parete Berlusconi, sebbene qualcuno ne sarebbe altrettanto disturbato. Ma il «Che» è un'icona rivoluzionaria e (da regola del Comitato olimpico vieta espressamente qualsiasi propaganda politica», ci ha detto un funzionario. Questa mattina se ne parlerà nella riunione dell'esecutivo. Il problema è spiegare ai cubani che devono togliere il drappo senza che si crei l'incidente diplomatico: Rogge potrebbe affidare la mediazione a Carraro, che ogni estate si allena a tener buono Gaucci e non si spaventa più di nulla. L'importante è muoversi senza scandali. Dalle trappole del doping alla psicosi per il terrorismo è una corsa a chi insabbia meglio le questioni che scottano. Bisogna capirli, i greci. Hanno lavorato duro prendendosi per sei anni tutte le pernacchie del mondo che fi riteneva incapaci di organizzare un torneo di briscola ad Atene e adesso che il mondo sta per rimangiarsi tutto, qualunque noia diventa un pericolo. Il Villaggio è bello, per quanto può esserlo un formicaio di palazzine uguali che tra un mese saranno assegnate ai baraccati del terremoto del '99. A ciascuno il proprio BeUce. Ci si entra un pò clandestinamente, pure se non si è Che Guevara: per migliorare la sicurezza, e non solo, si vuol ridurre al minimo la presenza di chi non vi alloggia. Il cartello «hospit ality», alTingresso, suona beffardo, la cosa che si avverte meno è l'ospitalità. Nell'immaginario collettivo questo è un obiettivo privilegiato per un attacco terroristico. Gli inglesi se ne fregano. Girano sulle loro macchinette elettriche e per non passare inosservati hanno sistemato una cabina telefonica rossa davanti ai loro quartieri. Vogliono far sapere che sono là. Ci sono bandiere ovunque. Come sem- ra. Ieri, per la prima volta, ne comparsa alla finestra una dell'Iraq. Non se ne vedono di americane. Il Villaggio è come un bosco che all'improvviso si inaridisce: in quel vuoto di colori stanno loro, gli americani che più di ogni altro esaltarono la bandiera alle Olimpiadi, i primi atleti a drappeggiarsene dopo una vittoria. Ora seguono i consigli della Già: basso profilo, pochi segni distintivi, volevano addirittura rinunciare alle tute e alle borse con la scritta Usa, che gli altri invidiavano. Non si sono spinti fin lì ma per la prima volta percepiscono quanto il mondo si sia fatto pericoloso. Dopo un posto di blocco dove si lasciano le auto, si procede a piedi o con la «navetta» fino al secondo check-point: i controlli (per ora) sono sopportabili rispetto, per esempio, ad Atlanta nel '96 ma i divieti sono precisi. Niente foto, bandite le telecame¬ re, per rubare le immagini, come ha fatto sabato la Rai, bisogna èssere cresciuti a Napoli e ben notetti. In teoria per girare tra e casette ci vorrebbe un «tutor», cioè un membro della delegazione che ti ha invitato, come si visitano le carceri con un parlamentare, ma si fa finta di nulla, l'importante è che nessuno si lamenti e che se incontri Kily Gonzalez o qualche campione che conosci tiri dritto con un semphce «buongiorno». Il mito del villaggio come ritrovo con gli atleti è morto con Barcellona e non si riprenderà qui. Le palazzine sono grigette come il cielo che minaccia acqua. Quelle della delegazione italiana si raggruppano nella zona Calisto, la più vicina al ristorante e a una delle uscite principali. Sono due tra le ragioni per cui le ha scelte il Coni: la terza è che i vicini sono tranquilli, Corea del Nord e San Marino, *puoi dormire con le finestre aperte che non arriva neppure il disturbo di un russare. Nel '92, invece, non si chiudeva occhio per il chiasso dei caraibici già contenti di stare lì. Musica, birra e sesso. Da allora i dirigenti italiani hanno imparato a sceghere e lo spiegheranno a Ciampi quando verrà in visita venerdì, rompendo una tradizione di presidenti tiepidini con i Giochi. Ogni appartamento ha un living, due bagni, quattro camere a due letti, arredamento in simil- Ikea se non fosse che le scrivanie non si chiamano «Ullula» e non c'è traccia di brugole intorno. Quando consegneranno gli alloggi ai terremotati allestiranno pure la cucina, ora tutti vanno al ristorante, qualcuno al McDonald's che ha sborsato milioni per figurare tra gli sponsor e cucinare il Big Mac con le cipolle e il cetrio o dove la concorrenza non entra. Dicono che sia la mensa mighore e con la maggiore abbondanza che si sia mai vista alle Olimpiadi. Due giorni fa, alla riunione mattutina, un capo delegazione si lamentò della poca varietà di cereali a colazione: ieri ci si poteva affogare nei com-flakes. Hanno diviso quella specie di hangar in quattro settori, ciascuno con un tipo diverso di cucina, dalla greca all'orientale, un trionfo di insalate e di frutta gratis per gli atleti, a 25 euro per l'ospite: erano dieci dollari due anni fa a Salt Lake City ma questa è la Grecia in cui ci vogliono 50 centesimi di euro dove bastavano 50 dracme, 960 lire e non più 320. Tutto è aumentato, anche il Villaggio, che è più grande che a Sydney (ma questa volta ci vivranno tutti, tranne i cestisti americani e i nostri canottieri), e i suoi costi. I greci hanno giganteggiato nell'allestirlo. Ci sono due piste di atletica, una piscma per gli allenamenti e una per divertirsi, una palestra gigantesca che trabocca di attrezzi e macchine di un'azienda italiana. L'ospedale è attrezzato persino per le Tac. Di rachitico si vedono soltanto gli alberi: li hanno piantati tardi e hanno attecchito male, come l'erba che l'altra sera è stata riportata in rotoli dai vivai, per dare un'idea di prato sugli spiazzi dove non ne era cresciuta un filo. Chiusi i Giochi sparirà pure quella. Diventerà un posto per terremotati. Le palazzine scelte dalla delegazione italiana sono situate accanto a squadre tranquille come S. Marino e Corea per evitare le allegrie del passato quando i vicini erano caraibici Grandi mense comuni e quattro cucine per preparare pasti che tengano conto delle notevoli differenze alimentari di atleti e aggregati Caro-prezzi in agguato La gigantografia di Che Guevara che ha messo in subbuglio il Ciò