«Dietro la rivolta di Al Sadr c'è il burattinaio iraniano» di Paolo Mastrolilli

«Dietro la rivolta di Al Sadr c'è il burattinaio iraniano» GU ESPERTI ANALIZZANO LA GUERRA AL SUD «Dietro la rivolta di Al Sadr c'è il burattinaio iraniano» Michael Leden: «È la mossa disperata degli ayatollah quando si sono accorti che la coalizione e il governo non sono crollati» intervista Paolo Mastrolilli NEW YORK IL mio consigUo è questo: scriva un articolo in cui fa una ventina di ipotesi, cosi avrà qualche probabilità che almeno una sia giusta». Scherza, Anthony Cordesman, presidente degli studi di strategia al «think tank» di Washington «Csis», quando gli chiediamo di spiegarci perché la milizia sciita di Muqtada al Sadr sia tornata a combattere proprio adesso. Poi però accetta di elencare le ipotesi di cui ha sentito parlare. «I funzionari americani sono molto prudenti nei loro giudizi, perché le notizie che arrivano sono assai contraddittorie, tanto sulle cause quanto sul numero delle vittime. Un'ipotesi è che gli scontri siano cominciati per un incidente casuale: la polizia irachena ha avuto uno scontro con i miliziani, non è riuscita a gestirlo, quindi ha chiesto l'intervento degli americani. Le forze Usa hanno iniziato a combattere in periferia, vicino al cimitero, poi sono state trascinate verso 5 centro. Pare che all'origine non ci fosse un piano specuico del Pentagono per chiudere i conti con al Sadr in questo momento, e (juindi non è sicuro che la polizia irachena abbia avviato gli scontri: può darsi che abbia solo reagito a ima provocazione della milizia». Una seconda ipotesi è che al Sadr abbia deciso di attaccare ora, per approfittare dell'assenza dell'ayatollah al Sistani, in Gran Bretagna per curare i suoi problemi di salute al cuore. Se¬ condo un'altra ipotesi, la milizia sciita ha lanciato l'offensiva per sfruttare un momento di debolezza della coalizione, dopo una serie di assalti condotti al Nord dai sunniti, che hanno praticamente bloccato il traffico dei mezzi militari. Poi c'è l'ipotesi del coinvolgimento iraniano: Teheran, secondo i leader del governo provvisorio iracheno, avrebbe ordinato l'attacco. Questa accusa ricorre spesso, perché l'esecutivo di Baghdad ha l'abitudine di scaricare sugli altri la colpa delle proprie inefficienze. Il regime iraniano non è popolare tra gli sciiti iracheni, tanto meno tra i Paesi vicini, quindi è un buon capro espiatorio. Il fatto che il premier Allawi lànci simili accuse per ragioni strumentali non esclude il reale coinvolgimento dell'Iran. L'ultima ipotesi è che al Sadr abbia stabilito contatti con al Qaeda e quindi agisca in coordinamento con il gruppo di Osama bin Laden. Fra tutte queste ipotesi Michael Ledeen, dell'«American Enterprise Institute», sceglie senza incertezze quella iraniana: «Gli ayatollah di Teheran sono disperati. A questo punto contavano di avere un seguito enorme in Iraq e dominare la situazione con il loro modello, invece sono isolati e disprezzati dalla maggior parte degli stessi sciiti. Credevano che la coalizione avrebbe fallito, e invece sta ancora al suo posto. Pensavano che il governo provvisorio locale si sarebbe dissolto, invece tiene Tutti gli scenari più negativi non si sono realizzati, quindi l'Iran ha ordinato alla milizia di al Sadr di attaccare per provocare il caos». Judith Kipper, direttrice del «Middle East Forum» al «Council on Foreign Relations», punta di più sulle faide inteme: «L' Iraq, bene o male, sta andando verso un'elezione, che deciderà l'assetto futuro del Paese. I vari gruppi pohtici, religiosi, etnici e tribali stanno manovrando per posizionarsi, e queste manovre includono la violenza. Non è la prima volta che succede e non sarà l'ultima, in vista del voto. Non è neanche sicuro che al Sadr controlli in pieno questi scontri, perché ha parlato di tregua. Il governo locale sta negoziando con i vari gruppi per riportare la stabilità, e credo abbia i mezzi per raggiungere risultati concreti. Dove non sarà possibile, però, la soluzione resterà l'uso della forza militare americana». Secondo Ledeen, gli attacchi di questi giorni sono una dimostrazione di debolezza, ma le violenze non diminuiranno finché la questione iraniana non sarà risolta. Cordesman, invece, circoscrive l'emergenza in corso al leader sciita ribelle: «Il problema chiave per il governo iracheno è la sicurezza, che resterà impossibile finché una persona potrà decidere di scatenare violenze per approfittare delle varie situazioni sul terreno. In quella zona dell'Iraq non ci sarà stabilità, fino a quando al Sadr sarà ucciso o catturato».