Perché Hitler e Stalin? di Federico VercelloneRaymond Aron
Perché Hitler e Stalin? Perché Hitler e Stalin? Federico Vercellone NON c'è dubbio che la questione del totalitarismo risulti oggi quanto mai attuale. Ed è altrettanto indubbio che sia necessario a questo proposito un orientamento teorico quale ci è fornito dal bel volume antologico La filosofia di fronte all'estremo curato presso Einaudi da Simona Forti, il cui sottotitolo suona, per l'appunto. Totalitarismi e riflessione filosofica. I contributi raccolti in questo volume ricoprono un ampio arco di tempo che va dagli anni intomo alla seconda guerra mondiale sino a oggi, attraversando un percorso che ci conduce da Raymond Aron sino a Jean-Luc Nancy e contempla, fra gli altri, autori come Hannah Arendt, Emmanuel Lévinas, Michel Foucault, Vàclav Havel. Prima ancora di considerare lo specificarsi del totahtarismo in costituzioni pohtiche determinate, va detto che esso costituisce una nuova forma di governo da distinguersi nettamente dalla tirannide antica. Il totahtarismo risponde infatti a un'istanza tipicamente moderna, quella del consenso, che esso riesce perlopiù ad acquisire. Il totahtarismo non può dunque essere pensato senza la democrazia moderna come suo antefatto. Esso è dunque un fenomeno squisitamente novecentesco che ben poco ha a che fare con i regimi illiberali che hanno sempre costellato la storia del mondo occidentale o orientale. Nel caso del totahtarismo, da intendersi come fenomeno pienamente novecentesco e postnovecentesco secondo quanto ha mostrato Hannah Arendt, siamo dunque necessitati a riflettere sul perché esso, nelle sue diverse forme, innanzitutto i fascismi e il comunismo, abbia trovato un consenso così ampio. A questo interrogativo si connette necessariamente quello concernente i bisogni umani, materiali, psicologici o culturali che esso soddisfa. Veniamo così subito a contatto con uno dei grandi temi che reggono il dibattito sul totahtarismo, quello concernente L'avvenire delle religioni secolari, un testo di Raymond Aron pubblicato per la prima volta su "La France Libre" nell'estate del 1944. E' un saggio drammatico come i giorni nei quali fu scritto, che fa i conti con la storia e con la speranza. Il Novecento si rivela, in questo quadro, come il secolo delle fedi sostitutive, deUe nuove chiese che hanno soppiantato Dio collocando al suo posto l'ideologia. In luogo della fede nella salvezza ultraterrena subentra così la speranza secolare; e l'attesa messianica si rivolge ora a personaggi terribili e nefasti come Hitler e Stalin. Nazionalsocialismo e comunismo riportano neU'aldiquà le istanze di ima speranza sovratemporale che erano state affidate dal cristianesimo a un evento futuro e imperscrutabile quanto al tempo della sua venuta. E' una massificazione della speranza e del desiderio quella alla quale qui si assiste che implode nell'assemblearismo totalitario di destra o di sinistra, nell'unanimismo deUe piazze cupamente tripudianti al Duce o al Fiihrer. Questo conduce - ma si tratta ora di fare un passo avanti - verso un potere che non si coagula solo nel diritto ma si iscrive anche nel corpo, secondo quanto ha mostrato Michel Foucault. Nulla viene più lasciato alla solitudine "sacra" dell'io che viene invece catturato da codici regolativi e da codici punitivi, che viene spoghato della propria intimità e separatezza per essere introdotto in un meccanismo le cui regole ratificano il totale esautoramento, la più compiuta estraneazione dell'individualità. E' quasi inutile ricordare che su tutte queste pagine aleggia un illustre antenato: e chi altri potrebbe essere se non il Grande Inquisitore dostoevskiano così come esso viene raffigurato nei Fratelli Karamazov? La figura del Grande Inquisitore ci rinvia all'idea di una menzogna necessaria per governare, di una menzogna "utile" che, più della verità, capta il consenso ed è accetta agli uomini. E' un discorso che ci conduce, come fa Derrida, prescindendo da Dostoevskij, oltre i limiti che tendono su questa via a farsi indistinguibili della verità e della menzogna. Non si tratta infatti soltanto di vincoli oggettivi ma anche, anzitutto, di vincoh etici. Raymond Aron A cura di Simona Forti La filosofia di fronte all'estremo. Totalitarismo e riflessione filosofica Einaudi, pp. 240. e 18 FILOSOFIA
Luoghi citati: Nancy
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