PETROLIO CHOC di Francesco Manacorda

PETROLIO CHOC I PREZZI TOCCANO II LIVELLO PIÙ' ALTO DAI TEMPI DELLA PRIMA GUERRA DEL ~'- :-: t. ^ '- : PETROLIO CHOC Il barile schizza a 44 dollari Anche l'Opec si arrende Francesco Manacorda Un terzo eli minacce terroristiche negli Stati Uniti e di attentati agli oleodotti in Iraq; un terzo di crisi del colosso russo Yukos; un terzo di impotenza dell'Opec. Versare il tutto in un barile di greggio, aggiungere una robusta dose di domanda petrolifera in crescita, agitare vigorosamente e servire ai mercati intemazionah. Eccola qui la formula per il cocktail davvero meendiario che spinge il prezzo del petrolio a livelli mai visti in precedenza ed accende la speculazione, pronta a scommettere su nuovi rialzi. ANCORA RECORD Ieri pomeriggio a Londra i contratti per il Brent del Mare del Nord consegnato a settembre si fermano solo dopo aver raggiunto i 40 dollari il barile, il livello più alto dal settembre del 1990 quando l'Iraq invase il Kuwait. A New York il future sulla qualità Wti con scadenza sempre a settembre arriva al suo piassimo storico oltre i 44 dollari il barile. Anche il barile di riferimento dell'Opec, composto da sette qualità diverse di greggio, supera i 39 dollari: è il livello più alto da quando è stato introdotto nel 1980. Una corsa al record che - questo è il rischio potj^2^e.non interrompersi, spingendo d greggio verso lì prossimo traguardo finora inimmaginabile: 50 dollari il barile. Un timore che ormai ha qualche fondamento anche se alcuni segnah sui mercati sono più confortanti delle quotazioni dei futures. Il fatto che ieri non siano saliti .1 contratti sui prodotti petroliferi come il gasolio e che i prezzi per le consegne immediate del petrolio siano cresciuti assai meno dei futures è un segnale incoraggiante. ALLARME TERRORISMO Dietro il rialzo record c'è come sempre la tensione politica internazionale, ma questa volta si muove anche qualcosa di diverso: una combinazione senza precedenti di fattori critici sul fronte dell'offerta e una domanda che corre spinta dall'economia statunitense e dalla cavalcata della Cina - è che è arrivata ormai oltre gli 80 milioni di barili il giorno. Il terrorismo, prima di tutto: quello possibile rende assai tesa la situazione in Arabia Saudita, manda in fibrillazione gli Stati Uniti, che temono attacchi ai loro centri finanziari, e in automatico spinge verso l'alto i prezzi del petrolio. Ma ieri il terrorismo ha colpito anche concretamente in Iraq, do- ve a 120 chilometri a Nord di Kirkuk è stato bombardato l'oleodotto che conduce il greggio al porto turco di Ceyhan. E le tensioni sul fronte dell'offerta non si fermano qui: in Russia lo scontro all'ultimo sangue tra Putin e gli oligarchi che possiedono la Yukos - la compagnia che da sola estrae il 200Zo del petrolio russo e il 20Zo di quello che consumano i mercati mondiali - sembra arrivata all'ultimo stadio: lunedì il governo ha annunciato un'inchiesta sulle tasse evase dalla società nel 2002, dopo che il fisco aveva già inflitto ima multa da 3,4 milioni di dollari alla Yukos per evasione nel 2002. In molti scommettono che il falli¬ mento sia ormai questione di settimane. E poi sul piatto della bilancia ci sono anche le tensioni in Venezuela - imo dei membri dell'Opec più deciso nel non aprire i rubinetti del greggio - in Algeria, inNigeria. PRODUTTORI SPACCATI Ma la novità clamorosa, quella che fa capire che qualcosa è cambiato è l'ammissione di impotenza dell'Opec, ormai arrivata praticamente al capolinea delle sue disponibilità, dopo che in luglio ha pompato 27,5 milioni di barili il giorno, due di più delle sue quote ufficiali. «Il prezzo del petrolio è altissimo, è folle - dice il ministro indonesiano dell'Energia Pumomo Yusgiantoro, che è presidente di turno dell'Organizzazione dei paesi esportatori da cui dipende il 405 della produzione mondiale. Non abbiamo offerta addizionale e l'Arabia Saudita può aumentare la sua produzione, ma non subito». E' il segnale che gli operatori aspettano per scommettere su un ulteriore aumento del greggio. Se l'Opec, che nonostante le molte critiche che si attira, è oggi uno degh elementi, stabilizzatori del mercato, ammette di non avere più spazi di manovra - è il ragionamento - qualsiasi altro problema sul fronte dell'offerta o della maggiore domanda farà schizzare ancora i prezzi. A poco valgono anche le rassicurazioni che quasi contemporaneamente alle parole di Yusgiantoro, e in palese contraddizione con queste, una fonte del governo saudita affida a un'agenzia di stampa intemazionale spiegando che Riyhad è pronta ad aumentare «immediatamente» la sua quota da 9,5 a 10,5 milioni di barili il giorno. Ormai non è un milione di barili da parte dell'unico paese Opec che abbia ancora capacità produttiva in eccesso che può frenare la valanga messa in moto dall'enorme mercato finanziario che lavora sulle previsioni di prezzo. «La verità - spiega Robert Mabro, presidente dell'Oxford Institute for Energy Studies - è che l'Opec ormai non decide in alcun modo il prezzo del petrolio ed è quindi inutile che, come è successo anche a maggio, il G7 si rivolga a questa organizzazione chiedendo di non aumentare il costo del barile. A decidere i prezzi sono gli operatori che si muovono sul mercato dei futures petroliferi, in base alle loro previsioni. Quello che l'Opec può fare è solo mandare segnah a questo mercato sulle sue mosse future». GLI SCENARI FUTURI E di mosse, par di capire, i paesi esportatori di petrolio, ne hanno poche in programma. Già il 3 giugno scorso - di fronte alle insistenze dell'Occidente e soprattutto di un prezzo che tendeva a sfondare la fascia dei 22-28 dollari considerata adeguata dalla stessa opec avevano deciso di aumentare la produzione di un milione di barili il giorno in luglio e di altro mezzo milione in agosto. Impegni mantenuti, ma die non hanno avuto l'effetto sperato. Di fronte a questa situazione rovente sul fronte dell'offerta c'è una domanda che non si ferma. Quest'anno, secondo i calcohdeil'Aie, l'Agenzia intemazionale dell'energia, la domanda mondiale è arrivata a superare gli 80 milioni di barili il giorno, con un aumento di 2 milioni sui 78,4 milioni di barili del 2003: è l'incremento più alto da sedici anni a questa parte. A spingere la domanda di petrolio è una ripresa mondiale che tira, soprattutto negli Stati Uniti, il molo della Cina che dieci anni fa era il quinto consumatore mondiale di greggio e adesso è il secondo con 5,5 milioni - il dato è del 2003 milioni di barili quotidiani. Certo, le previsioni sono che l'anno prossimo l'economia mondiale si raffreddi, portando anche a un minor incremento della domanda, ma proprio l'Aie - in imo studio pubblicato due mesi fa avvertiva che un rialzo stabile nel prezzo del greggio da 25 a 35 dollari ridurrebbe di mezzo punto il Pil mondiale nel 2005 e porterebbe nella zona Euro - l'economia industrializzata più dipendente dall'import di petrolio - a un aumento dell'inflazione dello 0,50Zo. Un cocktail amaro, insomma, che con il barile oltre i 40 dollari potrebbe risultare davvero indigesto. II terrorismo e il forte aumento della domanda globale sono le cause principali di una corsa che potrebbe arrivare fino a quota 50 dollari Ieri è stato sabotato l'oleodotto di Kirkuk che collega l'Iraq con il porto turco Ceyhan. Nuove tensioni anche in Venezuela, Algeria e Nigeria Divergenze a Vienna Il cartello dei Paesi produttori dice di non essere più in grado di aumentare nel breve periodo il pompaggio dei pozzi «Siamo già ben oltre le nostre capacità» Ma l'Arabia Saudita smentisce: «Possiamo anche intervenire immediatamente» DATO DELLE 20,20 ORA ITALIANA LA CORSA DEL GREGGIO PREZZI IN DOLLARI AL BARILE. ANDAMENTO DEL PREZZO DI NEW YORK ■FONTE: Nymex 8 gennaio* \ 2003 1 1 agosto '.- y 2003 V 2 dicembre 2003 1 marzo 2004 26 maggio 2004 Arabia Saudita Russia Osa Iran Cina - , Messico Venezuela Norvegia Iraq Nigeria 183,5 164 162,6 i 159,9 ; 157,5 PRODUTTORI E CONSUMATORI DI ORO NERO IN MILIONI DI TONNELLATE JVi ^^^

Persone citate: Putin, Robert Mabro, Yusgiantoro