La prima vittoria democratica: un partito unito di Maurizio Molinari

La prima vittoria democratica: un partito unito COMPROMESSO RIUSCITO TRA LA BASE PIÙ' RADICALE E I LEADER PIÙ' CONSERVATORI La prima vittoria democratica: un partito unito Con il colal e pragmatici marciano insieme Maurizio Molinari inviato a BOSTON «Balliamo per accumulare energia in vista gh ultimi mesi della campagna elettorale». Rosy, quarantenne proveniente del Michigan con la mamma di Prosinone e un marito senza lavoro a causa della crisi deUe manifatture, canta a squarciagola «Go Johnny Go» muovendosi a ritmo di rock n' roll assieme alle altre migliaia di delegati che hanno assegnato la nomination a John Forbes Kerry. Karaoke e musica fanno apparire il parterre del FleetCenter come un gigantesco gruppo di attivisti molto affiatato. Ma, al di là dell'impatto visivo, l'unità pohtica del partito democratico - «We are a family» è l'altro motivo più ricorrente - è la caratteristica che ha distinto la Convention e che più ha colpito chi vi ha partecipato. «Non ho mai visto i democratici così compatti come in questo momento - ammette Pam Snyer, delegata della Pennsylvania -. Alle ultime due Convention sembrava che vi fosse sempre qualcosa che non andava, qui è stato davvero tutto diverso». Se è vero che l'ostilità viscerale nei confronti delle politiche e della persona di George W. Bush è stato il collante più importante della coesione, questa ha un valore tanto maggiore quanto gh orientamenti dei militanti, più liberal e antiguerra, sono diversi dal linguaggio della leadership, moderato sui tagh fiscali e sulla guerra al terrorismo. A riassumere il compromesso raggiunto fra la base e i leader è stato Barack Obama, il 42enne afroamericano candidato senatore dell'Illinois, stella nascente del partito e contrario all'intervento in Iraq, quando dal palco ha detto, unendo emozione e pragmatismo, che «il potere comporta fare fronte alle responsabilità». «Quando mandiamo giovani uomini e donne a rischiare la vita e aspettiamo il loro ritomo - sono state le sue parole - dobbiamo assicurarci che abbiano tutto quanto gh serve per vincere la guerra, assicurare la pace e guadagnarsi il rispetto del mondo». Ovvero, possiamo dissentùe dalle decisioni di Bush, non voltare le spalle a 140 mila soldati e alle loro famighe. Accompagnare i valori della base al realismo necessario per vincere le elezioni e governare è L'oratoria ddi Clinton con lo stiledi Kerry e la ricetta che porta la firma di Terry McAuliffe, presidente clintoniano del partito e regista deUe primarie, ma a darle corpo hanno contribuito gli interventi dei quattro leader più carismatici del partito - Kerry a parte - ovvero l'ex presidente BUI Clinton, il senatore del Massachusetts Ted Kennedy, l'ex governatore del Vermont Howard Dean e il candidato vicepresidente John Edwards. Ognuno di loro ha portato il proprio tassello al mosaico di Kerry. Bill Clinton, la cui popolarità fra i delegati non ha pari, ha indicato la strada, suggerendo di unire «forza e saggezza» ovvero determinazione contro i terroristi e abilità nella costruzione deUe alleanze, per affrontare le nuove sfide senza rinunciare ai propri valori. Kennedy ha gettato in campo il peso della tradizione, richiamandosi con solennità ai padri fondatori e rinunciando ah' oratoria liberal che tanto ha aiutato Kerry a imporsi durante la fase deUe primarie. Il liberal radicale Howard Dean, accolto con grande calore da una platea che poteva essere la sua, ha tradito dal palco il malessere per non aver coronato il sogno di una nomination che a gennaio pensava di avere in tasca, ma politicamente ha fatto quadrato. Quando ha detto, non senza esitazione, «farò tutto ciò che è in mio potere per far vincere John Kerry e John Edwards» i delegati hanno capito che questa volta divisioni interne non vi sarebbero state. Forte di quanto avvenuto durante le prime due giornate, Edwards ha potuto indicare alla Convention la posta in palio nell'Election Day del 2 novembre: «Hope is on the way», la speranza è in arrivo, un invito all'ottimismo per «unificare le due Americhe create dalle politiche di Bush». Nello stile i quattro leader sono stati differenti: Clinton ed Edwards, uomini del Sud, hanno usato toni da predicatore, mentre Dean e Kennedy, con il New England nel dna, sono stati più freddi e calcolatori. E il gioco di squadra ha funzionato come doveva, consegnando a Kerry un partito compatto per consentirgli di percorrere l'ultimo miglio della Convention: spiegare a tutti gh americani perché dovrebbero votarlo, convincendoli sui contenuti del progetto un'«America più forte». del Sud e Edwards East Coast Dean L'oratoria del Sud di Clinton e Edwards con lo stile East Coast di Kerry e Dean Oregon Nevada v I : \. 1 i'- Montana Wyoming Colorado IL VOTO DEGLI STATI N. Dakota S. Dakota Nebraska Vermont 4ewYork ,, Arizona , Hew Kansas Oklahoma Kentucky Tennessee js'. Georgia New Hampshire j Massachusetts Rhode Island Connecticut New Jersey Delaware Maryland Washington D.C. Virginia N. Carolina S. Carolina Louisiana! 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