TERMINAL 1 E' qui la mia casa di Cesare Martinetti

TERMINAL 1 E' qui la mia casa IRANIANO, 59 ANNI, DAL 1988 VIVE NELL'AEROPORTO DI PARIGI TERMINAL 1 E' qui la mia casa la storia Cesare Martinetti corrispondente da PARIGI PERÒ che delusione Tom Hanks. Poteva anche fare un salto qui a Parigi, all'aeroporto Charles De Gaulle, terminal numero 1, scendere la sola rampa di scale che porta al seminterrato commerciale, fare i quattro passi che servono per superare la farmacia e sedersi una decina di minuti a chiacchierare con sir Alfred. Lui riceve tutti, è di poche parole, gentile, educato, persino colto. Avrebbero potuto discorrere di pohtica americana perché sir Alfred ne è appassionato, si tiene al corrente di tutto, ha appena finito di leggere l'autobiografia di Bill Clinton, «My life», la mia vita, 950 pagine non proprio leggere. E poi sir Alfred è discreto, non chiede nulla, consuma poco. Abbiamo pranzato insieme e lui ha preso soltanto un sandwich al prosciutto, una bottighetta d'acqua minerale non gasata, un caffé: 7 euro e 35 centesimi al bar «Ritazza». Riceve sul divanetto rosso che da, sedici anni è diventato la sua casa. Per l'ospite c'è anche un tavolino preso in prestito al bar, una sedia e - ogni tanto - un beve sorriso. E invece sir Alfred non ha mai incontrato Tom Hanks che pure interpreta la di lui vita nell'ultimo film di Steven Spielberg che vedremo solo in autunno: «The terminal». E' la storia di Victor Navorski, esule immaginario da un paese immaginario che finisce all'aeroporto JFK di New York, resta intrappolato dalla jungla burocratica e kafkiana dell'ufficio immigrazione e sopravvive scavandosi una tana e un'esistenza nel «non luogo» aeroportuale. Il film finisce con r«happy end» che tutti si aspettano da Spielberg e dall'America che abbiamo nel cuore. Nella realtà sir Alfred è sempre sul suo divanetto rosso del Charles De Gaulle dove ieri ci ha raccontato - un po' - la sua storia. Grazie a Spielberg e a Tom Hanks è diventato ricco. Ma che cosa gliene importa? Quello che si fa chiamare sir Alfred si chiamerebbe in realtà Merhan Karimi Nasseri, avrebbe 59 anni, sarebbe originario deh' Iran. Tutto ciò' che lo riguarda va scritto al condizionale perché l'uomo, con meticolosa foiba ha perseguito il faticoso obbiettivo di cancellare la sua storia e la sua identità. 0 meglio, siccome nessuno Iha riconosciuto per chi era, finito anche lui nel tritacarne kafkiano di timbri, permessi, certificati di immigrazione, s'è rifugiato sul suo divanetto rosso di Roissy demolendo pezzo per pezzo la sua vecchia identità e sta tuttora tentando di costruirsene ima nuova. Appena un nome - per ora - mezzo vero e mezzo falso: sir Alfred Mebran. Comunque sia è dalla sua storia che Steven Spielberg ha preso l'idea per «The terminal» ed è dal suo personaggio che Tom Hanks ha costruito la maschera di Victor Navorski. Il regista americano ha trattato con l'avvocato di sir Alfred la remunerazione dei diritti di riproduzione della sua esistenza. Trecentomila dollari versati su un conto appositamente aperto allo sportello della Posta dell'aeroporto, l'unica banca presente a Roissy. L'ufficio (due impiegate appena al bancone) è proprio prima della farmacia, diciamo a trenta metri dal divanetto di Sir Alfred. Gh chiediamo: contento d'essere diventato ricco? Risposta: «Ma io non sono ricco». E poi precisa che il conto totale è 450 mila dollari. Gh altri arriveranno. Però, insiste sir Alfred, lui non ha mai visto e nemmeno mai parlato con Spielberg: «Ha fatto tutto l'avvocato: fax, telefonate, io non so». E nemmeno ha incontrato Tom Hanks. Eppure, racconta aprendo per la prima volta il suo volto scuro ad un sorriso, «ho visto passare parecchie persone che gh somigliavano. Ma son sicuro, non era lui». Sir Alfred scruta le migliaia di volti che gh passano davanti: «Ho visto parecchi che aSsomighavano a Bush, facce americane, occhi azzurri. Ma non erano lui». Indubbiamente. Sir Alfred ha due grandi amici all'aeroporto: il dottor Philippe Bargain, capo del servizio di medicina d'urgenza, e il dottor Martin Youenang, il farmacista, che ci racconta in breve la sua storia. Merhan Karimi Nasseri sarebbe nato nel Kurdistan iraniano, figlio di un medico, Karimi Abdolkarim, e della sua aman- te, un'infermiera scozzese. Benché illegittimo, il bambino è cresciuto neUa casa del padre, amato e curato come un figlio dalla sua legittima moghe. Alla morte del padre, però, la donna rivela al figlio la verità. Il ragazzo ha già più di vent'anni, ha studiato all'università di Teheran (e sembra che sia anche laureato in psicologia), resta choccato dalla rivelazione e lascia tutto. Sbarca in Inghilterra, si iscrive all'università di Bradford dove - ci ha detto - ha studiato il serbocroato. Diviene attivista dell'Associazione degh studenti iraniani. Nel 76 decide di rientrare in Iran dove la pohzia dello Scià consuma le ultime crudeltà: viene arrestato, finisce in carcere, ci resta quattro mesi e poi viene di nuovo cacciato dall'Iran. Toma in Inghilterra che - da quando ha saputo che la sua vera mamma, Simone, sarebbe stata scozzese, di Glasgow - neUa sua testa è diventata la sua vera patria. Piuttosto ingrata; in reaità. Anche qui viene arrestato ed espulso. La storia a questo punto si confonde su un'infinità di piste: Germania, Olanda, Francia, Belgio, di nuovo Inghilterra. Nell'Sl il Belgio gh riconosce lo status di rifugiato. Neir84 tenta di tornare in Inghilterra ma invia all'indirizzo sbaghato la sua domanda di asilo e le sue carte. I britannici lo espellono di nuovo. Finisce in Francia. Si fa qualche mese di prigione come clandestino. Le sue tracce si ritrovano neU'88 all'aeroporto Charles De Gaulle. Dove da allora non è più uscito. L'inestricabile vicenda è ovviamente punteggiata di aneddoti che non si sa quanto veri, ma indubbiamente verosimili. Per esempio sembra che il Belgio gli avesse offerto di ricostruirgli i suoi documenti a patto che lui stesso si recasse a BruxeUes a richiederli. Ma lui non ci poteva andare perché il «non-luogo» aeroporto gh offriva una copertura che il resto del mondo non poteva dargli: sul suo divanetto di Roissy era qualcuno, fuori un clandestino da arrestare e rispe- dire chissà dove. Commenta il dottor Martin Youenang: «Se solo i belgi avessero accettato di mandargli i documenti per posta, forse tutta la sua vita sarebbe cambiata». Non l'hanno fatto e Merhan Karimi Nasseri ha cominciato a lavorare sulla canceUazione della sua identità. In quel momento ha preso lentamente corpo sir Alfred Merhan. E quando nel 1999 l'avvocato Christian Bourget di Parigi che con infinita pazienza ha ricostruito il puzzle della sua vita è riuscito a portarlo al tribunale di Bobigny dov'erano finalmente disponibili a dargli dei documenti che gh avrebbero consentito di uscire dall'aeroporto, il paradosso si è compiuto. Davanti al giudice l'uomo che si chiamava Merhan Karimi Nasseri ha negato la sua identità: «Mi rifiuto di firmare queste carte, non sono io, io non sono iraniano, mio padre era svedese e mia madre danese». La metamorfosi era compiuta, davanti al giudice c'era ormai sir Alfred Mebran. Sintetizza il dottor Philippe Bargain; «Noi e lui viviamo sullo stesso disco ma non nello stesso solco». Ci ha detto; «Io non so nulla deUe mie origini, forse sono americano». Sir Alfred è un bell'uomo, asciutto, pacato. Parla soltanto in inglese. Ha due baffoni neri, una bella polo grigia, i pantaloni stirati, un buon paio di scarpe. Tutto sembra uscito dalle boutique griffate di Roissy. Se ne sta quasi sempre seduto sul suo divanetto rosso. Intorno c'è la sua vita: una valigiona sul carello portabagagli come se dovesse partire da un momento all'altro, un'altra vahgetta, un ordinato accumulo di piccole cose, una coperta blu piegata per la notte. Il farmacista gh porta gh articoli di giornale che parlano di lui; L'Express, Liberation, The Guardian. Ci chiede di mandargli anche La Stampa. Gh chiediamo cosa pensa di fare: «L'America e il Canada mi hanno promesso un passaporto. Io spero di andare in Canada perché là il sistema scolastico è mighore». Vuole rimettersi a studiare, sir Alfred. Il bravo farmacista sorride e filosofeggia: «Vede, questa storia svela il volto gelido dell'amministrazione che non guarda la faccia che sta dietro una domanda di documenti». La vita non finisce quasi mai come i film di Spielberg. Però, se passa da Parigi, Tom Hanks faccia un piccolo sforzo e venga a salutare sir Alfred: terminal numero 1, seminterrato commerciale, accanto alla farmacia. ÉLÉL Spielberg "" ha preso spunto dalla mia vicenda per il suo ultimo film 10 non l'ho sentito anche perché ha fatto tutto l'avvocato So soltanto che incasserò 450 mila dollari Tom Hanks? Non l'ho mai incontrato 11 mio futuro? Voglio andare in Canada per rimettermi a studiare 99 9 i L'aeroporto parigino Charles De Gaulle Nella foto accanto l'apolide iraniano Merhan Karimi Nasseri Nella foto piccola Tom Hanks che interpreta nell'ultimo film di Spielberg il ruolo di un esule immaginario