Nera e rossa le due Milano
Nera e rossa le due Milano Nera e rossa le due Milano Sergio Peni COME si trasforma la metropoli se gli uomini che la vivono mutano pelle e abitudini a velocità impressionante? Solo ieri c'era una Milano «da bere» nei giochi di potere della Prima Repubbhca, una Milano in cui aleggiava ancora l'eco dell'ironia di Gaber, del furore intellettuale di Testori. E già ci ritroviamo in una dimensione cosmopolita apocalittica, con l'incubo di bombe venute da lontano, una dimensione che è la proiezione in negativo delle ambizioni occidentali. Tra queste realtà di uno stesso tempo intercambiabile - il ricordo, il denaro, la malavita, il terrore si muovono due romanzi significativi e compatti della nostra narrativa noir., E' difficile - e limitante definire in tal senso la trilogia di Colaprico, da lui ironicamente accostata ad altre famose trilogie - Auster, Izzo, Kristof in quanto, vedovo di Pietro Valpreda e del maresciallo Binda, il Kola ha ideato un affresco esemplare, approfondito, di una città in trasformazione, girando intomo a una realtà che ben conosce, quella della cronaca nera. Al di là delle tre vicende che vedono protagonista un bel personaggio, l'ispettore della Omicidi Francesco Bagni, l'autore ha offerto la più vera e complessa analisi di una babele metropohtana appesa alla memoria ma proiettata nel vortice delle frenesie affaristiche, una Milano in cui si passa dalla vecchia osteria sui Navigli alla strada tappezzata di pubblicità esotiche, dalla vendetta del vecchio gangster uscito di pri- fione ai delitti risolti con l'arma elle email. Bel personaggio l'ispettore Bagni, dicevamo, e belle storie che sanno analizzarne l'evoluzione privata all'interno del contesto urbano. Diviso tra l'ex modella Uma - al secolo Giovanna Pasotti, culo da favola r. e una coniugatissima, intrigante collega. Bagni si destreggia tra personaggi caratterizzati con una perfezione straordinaria, risolvendo tre casi che attraversano un anno di vita in una città che è ormai «una piramide innalzata con mattoni di paura». La ragazza della ricca borghesia trovata uccisa con una zanna di narvalo conficcata in gola; il vecchio malavitoso Tris, che toma dalla galera per vendicare la morte della moglie Remedios e del piccolo Lorenzito; il ragazzo cieco che aiuta Bagni a scoprire l'assassino dei suoi amici, in un rigurgito di malaffare post-Tangentopoli. Casi intensi e spesso commoventi nella loro dimensione strettamente umana, casi anonimi in una città che continua a muoversi indifferente, proiettata verso un futuro destinato a rimanere tale, poiché l'importante è correre sempre oltre, sempre più in fretta, dimenticando e dimenticandosi. Bagni è l'ago della bilancia di queste metamorfosi sociali, incerto e discutibile nella sua onestà traballante, ma in grado dì delineare i contrasti di un'epoca smarrita, dove anche la soluzione dei casi d'omicidio non si esalta a componente assoluta del contesto, ma rappresenta il necessario percorso di una guerra sotterranea nei meandri sempre più complessi di questi anni. Ed è qui che il noir riesce a diventare voce neorealistica, senza più sbarre o etichette. Altra atmosfera, altre paure - attuali, post-millenarie - nel convulso Grande Madre Rossa di Genna. L'11 settembre ha demolito le sicurezze psicologiche dell'occidente, il pericolo è onnipresente, la furia del terrore sì scatena in una Milano avvelenata, lìvida, dove «la bruma arrugginisce l'aria», le mescolanze etniche sono la casbah dell'umanità, l'esistenza è sopravvivere a se stessi. Proprio qui la Grande Madre Rossa colpisce: il Palazzo dì Giustizia esplode in una nube che avvolge per giorni la metropoli, mille e più morti che sì aggiungono alla lista delle nuove paure. L'ispettore Guido Lopez, il cane sciolto ormai di casa nelle incursioni giallo-polìtiche dì Genna, segue una pista che lo conduce nei meandri acherontici di una città dall'atmosfera post-atomica, in fuga di massa, senza luce né sorrisi miliaidari. E' l'anticamera dell'apocalisse, ed è ciò che meglio risalta in un romanzo ossessivo e allarmistico, in cui lo stile avvolgente che aveva caratterizzato «Nel nome dì Ishmael» diventa un singhiozzo sincopato, nevrotico, telegrafato nell'urgenza dì un tempo che scade. L'organìz- zazìone del terrore ha matrici sorprendentemente italiane, e nella caccia convulsa Lopez perde amici e collaboratori, si smarrisce nel disagio dì un'epoca inquietante, tanto che la soluzione del caso sarà suggerita non archiviata, poiché la minaccia contìnua - dalla stessa organizzazione terroristica. Il romanzo ci presenta una Milano ben diversa da quella dì Colaprico, ma raffigura concretamente le nostre paure, lo scompiglio dei tempi, la disorganizzazione socio-polìtica che sta dividendo il mondo in buoni e cattivi, laddove i buoni sono spesso causa e conseguenza dei disagi, nascondendo dietro l'accentramento del potere economico le armi più pericolose del nostro tempo, giustificando spesso ì massacri come opere di bene. Più vicino a Ballard che a Le Carré, con questo romanzo Genna mitiga le tensioni dell'intrigo a favore dì un messaggio che nasce dalla consapevolezza della nostra inennìtà, sempre più legata agli astratti furori del Potere. Piero Colaprico e Giuseppe taénnar" due romanzi significativi e compatti della nostra narrativa noir tra ricordo, denaro, malavita e terrore Giuseppe Genna Giuseppe Genna Grande Madre Rossa Mondadori pp.283,ei5 NOIR
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