I popolo di KERRY di Maurizio Molinari

I popolo di KERRY:,.. ; L'IDENTIKIT DEI DELEGATI RADIOGRAFIA DI UNA AMERICA CHE VUOLE CAMBIARE I popolo di KERRY reportage Maurizio Molinari dall'inviato a BOSTON Priorità all'economia, opposizione all'intervento in Iraq e poca attenzione per la guerra al terrorismo. L'identikit dei 4322 delegati in arrivo a Boston da ogni angolo degli Stati Uniti - per prendere parte alla Convention che inizia questa sera al Fleet Center e che si concluderà giovedì sera con la designazione di John Kerry a candidato presidente - suggerisce che fra gli attivisti del partito democratico il desiderio di riportare l'America sul sentiero della crescita clintoniana si impone sui temi del conflitto contro i terroristi iniziato dopo gli attacchi dell'11 settèmbre. Affuendo nei 61 alberghi della città scelti dagli organizzatori, incontrandosi nei primi sopralluoghi nel Fleet Center e partecipando a meeting a cielo aperto a Copley Place i delegati si raccontano, spiegando senza troppe remore che cosa si attendono dalla Convention. Nella maggior parte dei casi si tratta di attivisti molto motivati ma volontari, imprestati alla politica: non funzionari di partito bensì impiegati e professionisti che hanno organizzato le vite loro e delle loro famiglie per far coincidere la Convention con una settimana rubata agli impegni di lavoro ed ai |"éiòfnì 'dèlie féfié; '«Siamo qui perché abbiamo bisogno di energia - spiega Jason SawatzkiigiuptO, da Seattle e sosternitore di Howard Dean - perché dopo la vittoria di Kerry nelle primarie c'è stato un calo di tensione nel partito». Con il termine «energia» per Paul Berendt, presidente del partito nello Stato di Washington, deve intendersi la necessità di «stimolare abbastanza la base e la sinistra del partito per evitare di perdere voti a favore di Ralph Nader», il candidato indipendente che già nel 2000 rubò ad Al Gore voti che alla fine si rivelarono decisivi. L'interrogativo dunque è quali debbano essere i contenuti politici di questi «stimoli» ed a rispondere sono i sondaggi d'opinione realizzati fra i delegati da New York Times/Cbs News ed Associated Press. Ciò che emerge è l'immagine di un popolo di attivisti molto orientati a sinistra, di opinioni più liberal dell'elettore medio americano e dello stesso elettorato democratico, che in maggioranza si definisce «moderato». Appena il 3 per cento dei delegati ritiene che la guerra in Iraq doveva essere combattuta - contro il 36 per cento a livello nazionale - e spio il 13 considera necessario emanare nuove leggi antiterrorismo per difendere la nazione dal rischio di nuovi attacchi contro il 44 -, mentre l'opposizione alla pena capitale arriva oltre il 60 per cento - contro il 39 -, il sostegno per i matrimoni omosessuali al 44 - contro il 26 - ed all'aborto «genericamente permesso» tocca il 75 contro appena il 34 per cento a livello nazionale. Ma l'identità liberal della base del partito di Kerry si comprende ancora meglio andando a vedere quali sono le priorità politiche per i delegati. In cima, incontrastati dominatori con il 50 per cento delle preferenze, ci sono i temi di «economia» e «lavoro», seguiti subito dopo dalla «assistenza sanitaria» mentre il 44 per cento risponde «Iraq» ed appena un sesto del totale «guerra al terrorismo». «Non ci deve essere nessuna sopresa per questi dati commenta Jim Wallace, delegato di Carson City in Nevada - perché la situazione economica nel Paese è assai peggio di come la descrivono i repubblicani, i posti di lavoro si vanno a cercare all'estero e l'aumento della paga minima è uno dei temi più sentiti dalla gente». Come dire: anche se la tv parla ogni giorno di Iraq, Al Qaeda ed allarmi per nuovi possibili, devastati, attacchi in realtà la preoccupazione dei più riguarda la carenza di lavoro. Se è vero che tradizionalmente gli attivisti - tanto democratici quanto repubblicani - esprimono opinioni più estreme rispetto ai rispettivi elettorati, lo zoccolo duro liberal crea qualche difficoltà a Kerry il cui dichiarato intento durante questa settimana è sfruttare la Convention per guadagnare terreno lì dove i repubblicani restano solidamente in vantaggio, ovvero l'affidabilità nella lotta al terrorismo. La capacità di «combattere il terrorismo» del presidente George Bush riscuote infatti la fiducia di un americano su due mentre il sostegno al senatore John Kerry in questo ambito è al trenta per cento. Con il Paese diviso statisticamente a metà nelle intenzioni di voto e Bush in leggero vantaggio nella conta dei voti assegnati dagli Stati - ne servono almeno 270 su 538 per diventare presidente - Kerry scommette sulla Convention per conquistare l'attenzione di quel 30 per cento di americani che - secondo il «Los Angeles Times» - confessa di non conoscerlo abbastanza e del 16 per cento che ancora non ha deciso per chi votare. Da qui il cambio di strategia annunciato con una raffica di interviste pubblicate ieri: dopo aver vinto le primarie cavalcando l'ostilità dei democratici nei confronti' delle politiche dell' amministrazione Bush la fase finale della campagna sarà destinata a conquistare gli incerti con «messaggi positivi», tesi a presentare agli elettori una nuova visione dell'America. «Non voglio che la Convention divenga un podio per l'oratoria anti-Bush - ha dichiarato Kerry al "New York Times" - perché è il momento di affermare che cosa ho in mente, perché mi candido e cosa vorrò fare se verrò eletto presidente», oltre a convincere gli americani di essere anche un migliore comandante in capo per la guerra al terrorismo. Più liberal dell'elettore medio americano sono radicalmente contrari alla guerra in Iraq, considerano economia, lavoro e assistenza sanitaria più importanti della lotta al terrorismo Il candidato: «Non voglio che la Convention diventi un podio per l'oratoria anti-Bush E' il momento di dire perché mi candido e che cosa ho in mente di fare se verrò eletto alla Casa Bianca» Il viaggio di Kerry verso Boston è partito da Aurora, Colorado, la città dov'è nato, e ha toccato alcuni dei luoghi simbolo degli Usa: Sioux Falls, Columbus, Cape Canaveral, Norfolk, Filadelfia. Nella foto piccola, John Edwards