MAOLAND il business turistico del grande timoniere di Francesco Sisci

MAOLAND il business turistico del grande timoniere NOM TRAMONTA t/EPOPEA DEL LEADER CHE HA FORGIATO NEL BEME E NEL MALE UNO DEI GIGANTI DEL MONDO MAOLAND il business turistico del grande timoniere Francesco Sisci PECHINO «Qui, in questa caverna all'angolo, si riuniva l'ufficio politico. Lavoravano di notte, a lume di candela o delle lampade a petrolio. Dieci metri più in là la giovane attrice Jiang Qing bussò la prima volta per incontrare Mao e farsi dare da lui consigli speciali di pensiero socialista. ..». Sembra quasi di sentire la voce squillante della giovane guida vestita da guardia rossa che illustra a dozzine di turisti l'archeologia della rivoluzione cinese. I posti da visitare sono quelli che i bambini cinesi una volta imparavano alle elementari e che oggi studiano svogliatamente al liceo. Wuchang, nelle campagne del Sud, dove Mao organizzò una prima rivolta di contadini. Qui il giovane agitatore impose la sua linea politica: la rivoluzione doveva incominciare dalle campagne, abbandonando le città corrotr te. Quindi c'è Zunyi, dove Mao prese la guida del partito e lanciò la Lunga Marcia. Da lì poi si sale verso il Nord, a Xi'an, l'antica capitale cinese, patria dei guerrieri di terracotta e teatro di uno degli episodi più strani e controversi della storia moderna cinese, quando il generalissimo Chang Kai-shek fu rapito da un giovane signore della guerra e costretto a '^venire' a patti con i comunisti. Si finisce poi comunque a Yan'an, nella provincia dello Shanxi. Qui ebbe fine la Lunga Marcia e da qui rinacque politicamente e militarmente quel partito che nel 1949 prese il potere in tutta la Cina. II «turismo comunista» è un programma governativo che dovrà portare miliardi di capitalistici yuan nelle casse delle provinole arretrate dell'Ovest. He Guangwei, ministro del Turismo cinese, questa settimana ha annuncialo con autentica retorica populista che nel Paese saranno create «basi turistiche roàse», venti «città di turismo rosso» e ben cento «classici scenari turistici», anche loro immancabilmente rossi. I viaggi ideati per le comitive si chiameranno con nomi evocativi come «Fai una nuova esperienza della Lunga Marcia», «Rivisita il campo di battaglia», «Giro eroico della città», «Viaggio nel villaggio natale dei personaggi famosi». Nomi che, in Italia, nel 2004, hanno uno stucchevole sapore di melassa. Idee, si potrebbe dire, da voltagabbana della rivoluzione, come quando He definisce il suo programma - con uno slogan degno del periodo rivoluzionario - «le cinque sintesi e un coordinamento», quasi si trattasse di costruire un nuovo uomo di ferro o di marmo, e non semplicemente di rimpinguare le casse statali e i portafogli. Non è solo turismo, co¬ munque. C'è dell'altro. E in atto la costruzione reale di un mito nuovo per la Cina di oggi. Qui l'ideale rivoluzionario, e quindi destabilizzante, della vecchia rivoluzione viene convertito e nello stesso tempo mantenuto. La Cina ha bisogno di tenere in vita i miti della lotta rivoluzionaria, quelli che hanno portato al potere il partito comunista che tuttora governa il Paese. D'altro canto, il mito deve essere sterilizzato, reso inoffensivo, per impedire che i rivoluzionari di oggi, le classi emergenti o quelle impoverite dai cambiamenti in atto, trovino giustificazione e ispirazione per una nuova guerra nella lotta antica di Mao e dei suoi compagni. A prima vista il compito sembra assurdo e impossibile, ma basta dare un'occhia¬ ta oltre Pacifico per ritrovarlo, uguale e identico come ispirazione e modello. È la vicenda di Elvis Presley, rivoluzionario e sobillatore dei costumi sessuali, provocazione incessante del pensiero conformista, trasformato in perenne macchietta delle migliaia di fan che si tagliano i vestiti e i capelli come quelli di «The king». È limito dei Doors, che celebravano una chimera nichilista nel pieno della rivolta contro la guerra del Vietnam. Gli arresti, le provocazioni della polizia, l'esaltazione della morte e della droga sembravano rendere indigeribili questi personaggi, eroi «alternativi» per eccellenza, eppure Hollywood, la grande industria della mitopoietica americana, è riuscita a riciclare tutto. Allo stesso modo in Cina sembra impossibile riproporre in chiave (lo diciamo?) borghese l'eroismo prometeico di Mao Zedong. Mao, l'uomo che diceva di non essere frenato da alcun limite, l'uomo che si era opposto alle crudeltà dei signori della guerra, alla corruzione dei nazionalisti, ma anche all'ingessamento ideologico di Mosca. Mao che, dopo aver preso il potere, si era scagliato contro la teca di cristallo dove i suoi amici-nemici lo avevano rinchiuso e nel 1965 aveva lanciato la Grande rivoluzione culturale al grido di «Ribellarsi è giusto». Ebbene quel Mao diventerà un pupazzetto come quelli di Micky Mouse o Paperino nei nuovi parchi giochi di Disneyland, cioè di Maoland, che si stanno creando nelle antiche basi rivoluzionarie di Yanan o Zunyi. È eresia, è orrore? È soltanto reabsmo. È quel pragmatismo tanto caro a Marx, come al filosofo legalista cinese del terzo secolo avanti Cristo Han Felzi. E' la filosofia di Han Felzi a spiegare che i mezzi con cui si ottiene il potere devono essere necessariamente diversi da quelli con cui si mantiene il potere. Questa è un'idea vecchia in Cina, dove tutte le dinastie del Paese si sono dapprima imposte con lotte rivoluzionarie, con rivolte guidate da banditi e poi si sono trasformate, in caso di successo, in nuove aristocrazie. Che hanno poi amministrato il Paese come in passato. Il Partito comunista è stato poi così diverso? Per molti versi no, ma per altri sì. Oggi, diversamente dai millenni passati e per la prima volta, la Cina affronta la questione dello sviluppo, della modernizzazione, dell'integrazione in un mondo che si muove secondo regole diverse da quelle stabilite dall'antica tradizione cinese. Il compito davvero rivoluzionario rispetto ai millenni passati, rispetto alla Lunga Marcia maoista, è questo. In tremila anni di storia la Cina di rivoluzioni ne ha fatte decine, ma non ha mai vissuto un'integrazione nel mondo circostante. Il turismo rosso del ministro He, l'apertura al mercato e alle leggi economiche occidentali iniziata dal presidente Jiang Zemin, sono i primi e gli unici in migliaia di anni di storia cinese. Il regime vuole incrementare gli incassi ma soprattutto vuole rinverdire il mito rivoluzionario che legittima il partito IL GENERALISSIMO RAPITO Chang Kai-shek, leader nazionalista, fu il grande rivale di Mao con cui stabilì una fragile tregua per combattere ì giapponesi. Uno degli episodi più straordinari del loro rapporto fu il rapimento di cui fu vittima Chang da parte di un signore della guerra alleato dei comunisti a Xian, antica capitale cinese LA MARCIA DEI CENTOMILA D In centomila partendo dalle basi nelle terre del Sud, nello Jangxi, combattendo, superando fiumi e montagne, effettuando continue diversioni per evitare la caccia delle truppe nazionaliste, le armate comuniste riuscirono a raggiungere lo Shganxi, terra tradizionale di ribelli al potere centrale. Nelle grotte di Yenan Mao consolidò il suo potere e iniziò il suo rapporto sentimentale con Chan Ching LA NASCITA DI UN RIVOLUZIONARIO A Shaoshan, nella provincia dell'Hunan, nel cuore dell'immenso impero decadente dei Qing, Mao Inizia la sua carriera costituendo una cellula comunista. Qui intuisce che i contadini saranno le braccia della rivoluzione