La procura non chiede l'arresto della Franzoni

La procura non chiede l'arresto della Franzoni AOSTA, IL GIORNO DOPO LA SENTENZA La procura non chiede l'arresto della Franzoni concittadini accusati dalla donna: già pronte le querele per calunnia Stefano Sergi AOSTA Il giorno dopo la condanna di Annamaria Franzoni a trenta anni di carcere per l'omicidio del figlio Samuele, davanti al palazzo di giustizia di Aosta è sparita la folla di curiosi che lunedì ha atteso fino a sera la sentenza del giudice Eugenio Gramola. Ma la gente, in città e a Cogne, non parla d'altro. Nei bar, nei negozi e anche al mercato del capoluogo regionale, l'argomento di discussione è sempre lo stesso: Annamaria innocente, Annamaria colpevole. In tanti, soprattutto, s'interrogano sul perché, nonostante la pesante condanna, la dorma rimanga in libertà. E' una questione tecnica, ma non solo. Il pubblico ministero Pasquale Longarini, che ha sostenuto l'accusa nel processo con la collega Stefania Cugge, dal suo ufficio al terzo piano del palazzo di giustizia mette le mani avanti: «Non commento una sentenza», poi si limita ad aggiungere: «Posso soltanto dire che non chiederemo la custodia cautelare in carcere per Anna Maria Franzoni». Stesse parole dal procuratore capo. Maria Del Savio Bonaudo. E' una decisione che mescola questioni tecniche e di opportunità. La procura avrebbe dovuto chiedere (ma lo può fare anche in futuro) al giudice Gramola un'ordinanza di custodia cautelare che, con ogniprobabilità, sarebbe stata respinta. Questo perché mancano le condizioni per le quali la legge prevede la carcerazione: reiterazione del reato (non c'è il rischio, come avevano stabilito i periti su precisa richiesta del gip Fabrizio Gandini), inquinamento delle prove (inesistente, l'inchiesta è chiusa) e pericolo di fuga (nessun elemento ha mai indotto gh inquirenti a sospettare di tale ipotesi). Di conseguenza, e salvo modifiche dei tre requisiti per la custodia cautelare in carcere, Anna Maria resterà in libertà fino al passaggio in giudicato della sentenza cu condanna, cioè dopo l'eventuale esito sfavorevole dei ricorsi in Corte d'Assise d'Appello e in Cassazione. Se i magistrati della procura di Aosta ieri sono tornati al loro normale lavoro di tutti i giorni, per qualcuno il processo conclusosi lunedì sera si è trasformato invece in un silenzioso «via libera» atteso da due anni. Sono le famiglie Ferrod-Guichardaz e Perratone-Blanc di Cogne, che per mesi sono state additate più o meno esplicitamente dalla difesa (e dalla famiglia) Franzoni come persone sospettabili a vario titolo dell'omicidio. I primi, Daniela Ferrod, il marito Carlo Guichardaz e il padre di quest'ultimo Ottino, abitano di fronte alla villetta di Montroz teatro del delitto e avevano avuto con i Lorenzi screzi per banali questioni di vicinato. I secondi, Carlo Ferratone e sua moglie Graziana Blanc, sono andati a cena dai Lorenzi la sera prima dell'omicidio. A loro è toccata forse la sorte peggiore, perché è stata sbandierata ai quattro venti (in particolare durante un popolare talkshow) una loro tragedia intima, come la perdita di un figlio in arrivo, quasi fosse un valido movente per un omicidio. Sono stati tutti in silenzio, in questi mesi. Il loro legale, Claudio Soro di Aosta, ha sempre ripetuto: «Aspettiamo l'esito delle indagini, poi faremo valere le nostre ragioni». Ora il momento è arrivato. «Non commento la sentenza - ha detto ieri l'avvocato Soro -, posso soltanto dire che adesso cominceremo le cause legali per i risarcimenti dei danni. Le persone che rappresento sono state ingiustamente accusate e diffamate». L'avvocato Carlo Taormina, difensore di Annamaria, a proposito del «nome dell'assassino» che da mesi sostiene di conoscere, ieri sera ha detto: «Lo farò davanti ai magistrati e non davanti alle televisioni». Lo aspetta quindi un nuovo incontro con gh stessi magistrati che ha più volte criticato, Stefania Cu^ge e Pasquale Longarini, perchela procu¬ ra competente resta quella di Aosta. Nel palazzo di giustizia valdostano, oltretutto, è stato aperto tempo fa un fascicolo proprio sul fantomatico nome dell'assassino che da quasi due anni Taormina e la famiglia Lorenzi sostengono di conoscere. La procura aveva anche convocato l'investigatore privato incaricato da Taormina di svolgere indagini difensive, proprio per sapere l'identità di questa misteriosa persona. Ma il detective si era trincerato dietro al segreto professionale. Diversa la risposta data alla procura da Stefano Lorenzi: «Quel nome lo sa l'avvocato Taormina, a me non l'ha mai detto». A sinistra il capo della procura di Aosta Maria Del Savio Bonaudo