Il caso Cuffaro spacca la Procura di Palermo di Francesco La Licata

Il caso Cuffaro spacca la Procura di Palermo IL GOVERNATORE DELLA SICILIA Il caso Cuffaro spacca la Procura di Palermo Delega revocata al pm che non ha firmato il documento di fine indagini Della questione si occuperà il Consiglio Superiore della Magistratura La divergenza sul «grado» di coinvolgimento con la mafia del politico Francesco La Licata inviato a PALERMO La vicenda giudiziaria del governatore della Sicilia, Totò Cuffaro, è al centro dello scontro interno alla Procura di Piero Grasso. Un braccio di ferro sordo, andato avanti sottotraccia pennesi e esploso pubblicamente adesso, in occasione della chiusura delle indagini preliminari e del relativo avviso ai diciotto indagati, Cuffaro compreso. La storia del dissidio era già venuta fuori nei giorni scorsi, quando si è saputo che imo dei sostituti titolari dell'indagine, Gaetano Paci, non aveva voluto firmare l'avviso perché convinto che il reato ipotizzato (favoreggiamento aggravato in quanto commesso «al fine di agevolare l'attività dell'organizzazione mafiosa Cosa nostra») fosse un'interpretazione minimalista della condotta di Cuffaro, riconducibile - a parere del pm - al più grave «concorso estemo». Un dibattito, quello sul «concorso estemo», che ha raggiunto il suo apice nel corso della, riunione-fiume di venerdì scorso sancita dal «rifiuto» opposto da Gaetano Paci che dichiarava di non voler sottoscrivere le decisioni dei suoi colleghi. Sembrava che lo strappo di Paci potesse rimanere circoscritto e «ammortizzato» all'interno del gruppo, anche per l'assicurazione espressa dal pm di «non voler intralciare il lavoro a nessuno». Ieri mattina, invece, il procuratore Grasso ha chiesto a Paci una relazione scritta sui motivi che lo hanno spinto a non firmare. Dopo aver letto il documento del suo sostituto, il procuratore ha compiuto il passo, eclatante, di ritirare la delega sulle diverse inchieste esistenti, «per irreparabili divergenze di vedute che potrebbero portare il processo alla paralisi». Un'iniziativa che non potrà rimanere indolore, sia per le implicazioni sui rapporti interni all'ufficio sia per l'inevitabile intervento del Consigho superiore della magistratura. Non sfugge a Grasso il fatto che sarà necessario trasferire a Palazzo dei Marescialli i motivi dell'ennesima polemica palermitana. Per questo il capo dei pm di Palermo ha già, come dire, «preavvertito» il vicepresidente del Csm, Virginio Rognoni. Si prospetta, dunque, una sorta di revival di quelle che furono le indimenticabili estati dei veleni palermitani. Lo scontro in Procura, infatti, sembra voler raggiungere temperature ragguardevoU. Perchè, seppure mascherato da un dibattito tecnico-giuridico che riguarda l'interpretazione del codice penale e quindi i singoli episodi che vengono contestati a Cuffaro, l'oggetto del contendere concerne, in ultima analisi, la gestione complessiva delle indagini su mafia e politica. E non è un mistero, ormai, che una parte della Procura (i pm che vengono genericamente individuati di area «caselliana») non nasconde il retropensiero secondo cui la gestione Grasso sarebbe blanda rispetto alla «necessità di recidere il cordone tra Cosa nostra e mondo imprenditoriale e pohtico. Cosi, quando si è trattato di dare sostanza al comportamento dell'indagato Cuffaro - accusato di aver rivelato a Mimmo Miceli, suo compagno dipartito, e ai mafiosi Salvatore Aragona e Giuseppe Guttadau- ro «notizie che dovevano restare segrete perchè concementi i procedimenti penali e le attività di investigazione in corso nei confronti degli stessi Miceli e Guttadauro» -, quattro pm si sono pronunciati per il favoreggiinanto. Paci per il concorso estemo. Un comportamento, quello di Cuffaro, che, secondo l'accusa, sarebbe stato esercitato anche per aiutare gli stessi «ad eludere le investigazioni che li riguardavano». Il riferimento va alle notizie fornite dai maresciaUi dell' Arma Riolo, Giuro e Borzacchelli (eletto nel frattempo all'Assemblea siciliana nelle fila del partito di Cuffaro), che mettevano m guardia i mafiosi circa la presenza di microspie (alcune piazzate dallo stesso Riolo). La tesi definita «più cauta» (0 favoreggiamento aggravato) viene motivata con la difficoltà, incontrata in passato, di «reggere» alla prova dell'aula, com'è avvenuto péiresempio -nel caso dell'arresto di presidente della Provincia Fran^ cesco Musetto, poi assolto. I fautori" dèi Concorso, invece, ; vedono nelle cautele dei colleghi una sorta di «inadeguatezza alla gravità dell' intreccio tra mafia e politica». E rimproverano l'esercizio di una «giustizia a due velocità: forte coi deboli e timorosa coi potenti». Una polemica, tuttavia, non sempre comprensibile a tutti e, forse, gradita alla mafia: al di là dell'aspetto della corruzione tra imprenditori della sanità e politici, infatti, l'indagine si occupa della «protezione» offerta al superlatitante Bernardo Provenzano, il boss che riesce a fuggire sempre un attimo prima delTarrivo degli «sbirri». Salvatore Cuffaro, presidente della Regione Siciliana

Luoghi citati: Palermo, Sicilia