«La difesa di Totti mi ha reso famosa più di Andreorti»

«La difesa di Totti mi ha reso famosa più di Andreorti» GIULIA B0NGI0RN0 E' DIVENTATA PER TUTTI L'«AVVOCAT0 DEL PALLONE» «La difesa di Totti mi ha reso famosa più di Andreorti» Tifa Palermo e sognava di diventare la miglior play-maker del basket italiano Adesso lavora sul calcio-scommesse: dopo Bettarini, si è affidato a lei anche 'arbitro Palanca: «Perché nello sport non esiste presunzione di innocenza?» intervista bùccheri ROMA CENTOTRE' sono i passi che, a San Lorenzo in Lucina, nel cuore di Roma, separano il suo studio da quello del senatore a vita Giulio Andreotti. Un breve percorso, quasi impercettibile, se non fosse per il ritmato assalto dei curiosi. «Ci racconti il personaggio Andreotti lei che gli è stata accanto per dieci anni?». E ancora: «Come se la passa il dottore (Cragnotti, ndr)?». E poi: «Ma è proprio convìnta che Tottì abbia sputato al danese? Ma Bettarini è così bello come si vede in televisione?», per finire ai mali del calcio scommesse con l'interrogativo sull'uomo nero che avrebbe favorito promozioni di club in serie A. Lei, Giulia Bongiomo, l'avvocato che tifa per il Palermo e che sognava di diventare la miglior play-maker della pallacanestro italiana, prova a mettere ordine fra le carte delle sue difese illustri. Da dove cominciamo? «La premessa è che mi viene da ridere quando sento dire in giro o leggo sui giornali "la difesa dì tìzio è affidata al personaggio Giuba Bongiorno". Io mi ritengo soltanto una privilegiata, anzi doppiamente privilegiata: amo il mio lavoro e amo lo sport, così quando sì rivolgono a me per questioni legate al calcio non posso che essere contenta». Il calcio, il caso-Totti, la difesa di alcuni dei protagonisti nell'inchiesta sulle partite presunte truccate. Ma, prima, molto prima, c'è l'immagine dell' urlo liberatorio in un'aula di tribunale dopo l'assoluzione dì Andreotti. «In quel processo ho messo in gioco tutta la mìa vita professionale, un lavoro durato dieci anni: avevo il compito di coordinare sia il procedimento di Roma sia Perugia. Lasciai la mìa città, Palermo, per trasferirmi nella Capitale». Ricorda il primo colloquio con il senatore a vita? «La prima impressione che ebbi, e che poi è stata confermata dall'incontro con altri personaggi famosi, è che la televisione inganna. Le immagini dei tanti suoi imitatori, mi avevano fatto pensare di trovarmi davanti un uomo basso, invece rimasi colpita dalla sua altezza, 1 metro e 82, e dalla sua grandi mani. E poi, la molla fu la grande fiducia che Andreotti mi concesse fin dall'inizio». Televisioni e giornali si accorsero di lei nel giorno della sua esultanza dopo la sentenza di assoluzione. «La gente seguì quel processo come le donne seguono il calcio: si avvicinano alla televisione solo nell'attimo del gol». In quell'occasione in molti scoprirono il suo modo di affrontare l'aula. «Spesso viene sottohneata la mia aggressività, ma una spiegazione c'è. Sono giovane, ma dimostro meno della mia età e così da quando mi trovavo a dover colloquiare con ì collaboratori di giustìzia ho, istintivamente, cominciato ad assumere un certo atteggiamento per fargli capire che ero altro da quello che apparivo». Da Andreotti a Cragnotti, «Ho conosciuto l'ex patron della Lazio in occasione del caso-Veron e la storia dei passaporti falsi nel calcio. Il Cragnotti lontano dai riflettori è una persona affabile e simpatica anche se so che, in pubblico, regala una sensazione diversa. Di certo è un grandissimo appassionato di calcio: durante i giorni in carcere chiedeva sempre permessi per vedere le partite in tv o sentire alla radio i programmi sportivi». Quando gli vennero concessi gli arresti domiciliari, lei però non c'era e, fra i tifosi laziali, c'è chi, scherzando, parlò di tradimento. «E' mia abitudine, quando un mio assistito torna a casa, essere la prima a fargli visita. Ma in quelle ore successe qualcosa di particolare». Ci racconti. «Mi squillò il cellulare. Era la Federcalcio che mi chiedeva dì preparare in 24 ore una relazione sul caso-To.tti: il mondo intero stava, infatti, mettendo sul banco degh imputati il nostro miglior giocatore per lo sputo al danese Poulsen ed io venni investita, in pochi istanti, della difesa di Francesco». Arrivata a Lisbona cosa accadde? ((Alle sette di mattina mi chiusi in una stanza con Tottì. Davanti capii subito di non avere il ragazzo delle barzellette, così come mi avevanno detto in tanti, ma un giovane sveglio e intelligente. Mi disse Lo sputo al dan "io so solo giocare a pallone, il resto lo faccio fare a lei". Sul volo che mi portava in Portogallo pensavo al modo più semplice possibile per far capire a Tottì quale sarebbe stata la nostra linea difensiva, ma le mie paure svanirono in pochi minuti: Francesco si comportò alla grande anche davanti alla commissione»'. Campione in campo, ma non solo, dunque. «Ouando lo vedevo fare certi passaggi o colpi di tacco, non potevo pensare che in gestì del genere non ci fosse il marchio del ragazzo in gamba. Però i luoghi comuni su Totti spesso andavano in quel- la direzione. Ecco, dopo quanto accaduto agli Europei ho capito che il capitano della Roma fa girare il pallone in una maniera diversa dagli altri perchè ragiona prima degh altri». Il caso-Totti cosa le ha insegnato? «La prima cosa a cui ho pensato è stato il ritomo di immagine che ha saputo darmi. Dieci anni di processo Andreotti, in paragone, non sono stati niente rispetto alla notorietà che ho acquisito per aver passato 48 ore in compagnia di Totti. Il mio studio è stato inondato di fax per settimane. Fra i più curiosi quelli in cui mi davano consìgli. Un tifoso scriveva: "Francesco voleva urlargli Poulsen... ed è partito lo sputo"». Di ritorno dal Portogallo alla sua porta ha bussato la Sampdoria per chiederle di difendere Bettarini, coinvolto nel calcio-scommesse. «Nel suo caso il tutto si basa su spezzoni di intercettazioni telefoniche e sms, niente più. Ho ormai imparato che i calciatori, nel loro tempo libero che è moltissimo, non parlano altro che di calcio, di mercato e dì partite: quando avremo i tabulati delle intercettazioni al completo, avremo il quadro della situazione. L'unica cosa che chiedo, allo stato attuale dei fatti, è che la giustizia sportiva faccia presto ad arrivare a una conclusione». Bettarini, ma anche l'arbi¬ tro Luca Palanca ha deciso di rivolgersi a lei. «Il capìtolo dedicato agli arbitri coinvolti merita una riflessione. Non capisco perchè solo per loro valga la presunzione di colpevolezza e non dì innocenza. L'avviso di garanzia dovrebbe essere inteso come nell'ordinamento giuridico, ovvero a tutela dell'indagato. Invece, Palanca e il collega Gabriele sono stati immediatamete sospesi dall'attività». Come andrà a finire l'inchiesta? «Ripeto, tutto si sta basando su spezzoni di intercettazioni fra alcuni personaggi coinvolti. Quando leggo di calciatori che si dicono dispiaciuti per la mancata vittoria della squadra su cui avrebbero scommesso, mi viene da ridere. Se combrìccola c'è stata, infatti, una volta saltati gli eventali accordi la reazione avrebbe dovuto essere di ben altro tenore». I centotre passi fra lo studio dell'avvocato Giuba Bongiorno e quello del senatore a vita Giulio Andreotti sono finiti, ma il pallone continua a rotolare. «Il mìo Palermo vi farà divertire. E, poi, c'è Zamparini, un presidente che, nel modo di fare, mi assomiglia. L'Italia del Trap? Ci credevo, ma mi ha deluso. Nella mia squadra ci sarebbe sempre posto per uno come Cassano e se anche Francesco (Tottì, ndr) mi ha detto che è il più forte al mondo, ci credo». «Francesco non è quello delle barzellette ma un uomo maturo che ragiona prima degli altri Lo capii chiudendomi con lui in una stanza alle sette del mattino I tifosi mi davano consigli confaxemessaggini II più divertente? Dica che lui voleva urlare Poulsen ed è partito lo sputo...» «Nel processo di mafia ho messo in gioco tutta la mia carriera Del senatore mi hanno colpito la sua statura, le grandi mani e la fiducia che mi ha dato Cragnotti? E' un signore molto appassionato che in prigione chiedeva di poter vedere le partite in televisione» Lo sputo al danese Poulsen è costato a Tetti 3 turni di stop L'avvocato Giulia Bongiorno: centotre passi separano il suo studio a San Lorenzo in Lucina, nel cuore di Roma, da quello di Giulio Andreotti