E' INUTILE RINVIARE IL CHIARIMENTO
E' INUTILE RINVIARE IL CHIARIMENTO E' INUTILE RINVIARE IL CHIARIMENTO LE dimissioni annunciate di Umberto Bossi aprono, 0 riaprono, una crisi molto grave nel centrodestra. Non accorgersene, far finta di niente, non serve: eppure, è molto probabile che andrà così. Sull'altare del federalismo, Bossi risorge dopo la lunga 'malattia, e subito si prepara a uscire di scena: come a voler dire che non nutre più grandi speranze che la riforma a cui ha dedicato l'intera sua vita politica possa essere approvata, senza la sordina a cui vogliono sottoporla Pollini e l'Udc. Magari di qui a giovedì, giorno fissato per il primo appuntamento parlamentare, gli emendamenti folliniani saranno modificati o depotenziati, consentendo a Bossi, se non di rientrare al governo, di indicare un suo valido sostituto. E se ne riparlerà a settembre, quando il federalismo e la riforma delle pensioni peseranno sui due paralleli piatti della bilancia da cui dipende la vita del governo. Fuori dall'esecutivo, i due alleati, ormai sempre più duellanti, potranno continuare fino all'ultimo il loro braccio di ferro. Berlusconi può lasciarli fare, o far subito chiarezza. Nella lunga crisi che s'è aperta dopo il 13 giugno, il premier ha adoperato entrambe le tattiche. Pur di evitare le dimissioni, ha immolato la testa del ministro Tremonti, scontando un logoramento che nei suoi piani, giorno dopo giorno, avrebbe dovuto convincere gli alleati a un ripensamento e a un rilancio della coalizione, e invece non ha portato a niente. Quando ormai U baratro era alle viste, Berlusconi ha evitato la paralisi con la nomina di Siniscalco al posto di Tremonti, e ha provato a tirare avanti. In un quadro incerto, ha di certo peggiorato la situazione la reazione di Bossi: mirata, sembra di capire, più che ad aprire la crisi, a collocarsi in una posizione simmetrica a quella di Pollini, sulla porta di uscita dal centrodestra. Ecco perchè la palla torna di nuovo a Berlusconi: tocca a lui ottenere un vero chiarimento, piuttosto che continuare a vivacchiare. Nella Prima Repubblica, Andreotti, giunto al suo settimo governo, diceva: «Meglio tirare a campare che tirare le cuoia». Ma anche in tempi di revival democristiano, questa massima, come tante altre, sembra ormai definitivamente superata.
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