Sulle tracce di Provenzano, in film

Sulle tracce di Provenzano, in film IL TRAILER PRESENTATO IERI A PALERMO, REGISTA AMENTA Sulle tracce di Provenzano, in film Lara Sirìgnano PALERMO A caccia della primula rossa di Cosa nostra tra realtà e fiction. È l'ultimo film del regista siciliano Marco Amenta, «Il fantasma di Provenzano» (un trailer è stato presentato ieri durante la commemorazione del giudice Borsellino), la storia di un ritomo alla terra d'origine sulle tracce del boss latitante che, per il protagonista, un giornalista che ha lasciato la Sicilia da anni, diventa un viaggio metaforico alla riscoperta del rapporto con le proprie radici. Una pellicola surreale, a metà tra la docu-fìction e l'autobiografia, tutta girata in Sicilia, con Palermo, Corleone ed Erice a fare da sfondo alla storia di una latitanza che dura da oltre quarant'anni. Amenta racconta l'eterna fuga del padrino di Corleone attraverso l'incontro con personaggi reali ed immaginari. Attori professionisti come Marcello Mazzarella, Vincent Schiavelli, Donatella Finocchiaro - nel ruolo di una misteriosa donna che incarna le ambiguità dell'essere femminile ed al tempo stesso di una terra d'origine piena di contraddizioni - si alternano a mapistrati, psichiatri ed investigatori che reatano se stessi. Come i pubblici ministeri Roberto Scarpinato e Guido Lo Forte, che raccontano la loro ricerca di Provenzano. Come lo psichiatra Girolamo Lo Verso, che affida alla colorita espressione dialettale siciliana «cumannari è meglio ca futtiri» la descrizione dell'unico vero movente che anima gli uomini di Cosa nostra: la ricerca di un'identità forte attraverso il potere. E nel «Fantasma di Provenzano» parla anche un investigatore. Uno che il padrino Iha mancato davvero per poco. È Michele Riccio, ex colonnello del Ros dei carabinieri dalle alterne fortune, giunto a pochi metri dal «capo dei capi» grazie alle rivelazioni di un confidente, Luigi Ilardo, assassinato misteriosamente poco prima di mettere nero su bianco la sua intenzione di collaborare con la giustizia. Per la prima volta Riccio racconta la sua storia fuori da un verbale di polizia. Ed è la storia amara del cacciatore che si è trovato ad un passo dalla preda ed è stato fermato. Nell'ottobre del 1995 i superiori impedirono all'ufficiale ed ai suoi uomini, appostati vicino ad uno sperduto casolare nelle campagne del palennitano, di seguire gli uomini d'onore che stavano andando ad incontrare Provenzano. Il racconto di Riccio non fa che dare forza ad un interrogativo che ricorre in tutta la pellicola. Perché Provenzano non è ancora stato arrestato? «In questo film dice Amenta - parlo della quarantennela latitanza del capomafia di Corleone ma anche del mio rapporto con la Sicilia. Il percorso del giornalista che interpreto ricalca un pò il mio percorso personale: il trasferimento a Parigi, lontano dalla mia terra, ed il ritorno». Ma quello di Marco è un ritomo pieno di dubbi e domande. «È possibile vivere in quest'isola? Questo si chiede il protagonista durante tutto il viaggio», spiega Amenta. E la risposta? «Una risposta non c'è - dice il regista - Certo è che la sensazione che si respira quando si toma è che questa terra è sempre la stessa». Prodotto dalla Eurofilm con la coproduzione della francese Mediterranea e di tv francesi e tedesche, «Il fantasma di Provenzano» sarà presentato a settembre al festival del cinema di Venezia.