Addio all'Italia della mutua

Addio all'Italia della mutua Addio all'Italia della mutua Le riforme degli Anni 70 per la tutela della salute: il servizio sanitario nazionale, la psichiatria, l'aborto CI sono significativi mutamenti, neha vita collettiva di un Paese, che prendono poche righe nei manuali di storia, finendo sovrastati dall' accadere di eventi che magnetizzano ogni attenzione. Una spettacolare e pubblica tragedia - quale ad esempio l'agguato alla scorta e la prigionia e l'uccisione di Aldo Moro avvenuta nel corso del 1978 - oltre a scrivere un nefasto capitolo che ha ipotecato il futuro del Paese, deforma la nostra stessa visione del passato. Di fatto ha cacciato nell'ombra accadimenti, ad essa contemporanei, di tipo diverso ma tutt'altro che irrilevanti. Un'illuminante esemplificazione a questo proposito viene dal recente libro di Saverio Luzzi Salute e Sanità nell'Italia repubblicana che racconta la costituzione del Servizio Sanitario Nazionale, proprio sul finire di quel tesissimo 1978. Nello stesso anno, pochi mesi prima, il 22 maggio, il Parlamento approva la legge n. 194 ( "Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza") che segna un'innovazione rilevantissima nella condizione femminile. Il 13 maggio 1978 viene approvata la legge 180 ("Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori") che mette fine allo scandalo dei manicomi dove sono ancora rinchiusi quasi duecentomila italiani. I tre interventi legislativi la costituzione del Servizio Sanitario, la legge 194 e la legge 180 - sono tah di incidere per decenni sulla società italiana e tuttavia, in quei mesi di emergenza terroristica, vengono vissuti in tono minore. Solo col senno di poi se ne coglie la notevole portata. Ora, rispetto alla legge 180, è di moda intravederne le contraddizioni non risolte. Ad esempio il peso sociale dei malati psichichi che viene affidato alle famiglie, almeno nei casi in cui - e sono molti - l'assistenza territoriale non raggiunge gli obiettivi e i livelli prefigurati. Ma questo non può far dimenticare che, fino alla cosiddetta "riforma dei manicomi", i malati mentali sono sottoposti alla vecchia legge del 1904 che affronta le patologie psichiche come se fossero una questione di ordine pùbblico. A lungo, in Italia, entrare in manicomio è stato facile: basta che quattro persone sottoscrivano un documento in cui affermano che un soggetto, afflitto da turbe mentali, è pericoloso. Uscirne invece è cosa complicatissima: soprattutto se si è poveri disgraziati, magari dal comportamento bizzarro. Anche i numeri aiutano a capire l'ampiezza di questo rimosso capitolo del nostro passato. I ricoveri, decennio dopo decennio, aumentano. Sono 83.788 nel 1927, 125.407 nel 1940 e vent'anni dopo, nel 1960, raggiungono quota 154.784. Nel 1965, un altro balzo ancora, 170.715 ricoverati. Dieci anni dopo ce ne sono diecimila di più. Un salto che potrebbe far pensare che qualche prezzo del boom economico italiano possa essere stato saldato lì, nei reparti psichiatrici, dove si procede elargendo coma insulinici ed elettroshock. Molti avrannno sentito parlare di quest'ultima, brutale terapia, introdotta nel 1939 dal professor Cerletti. Ma anche il coma insulinico con cui si curavano (e si spera proprio non si curino mai più) gli schizofrenici, era anch'esso un bel mixage di violenza e ottusità. Inventata dal viennese Manfred Sakel questa "terapia", ancora praticata nei manicomi italiani negli anni Settanta, consisteva - sintetizza Luzzi - neir«iniettare negli schizofrenici l'insulina, in maniera tale che entrassero in coma ipoglicemico. Le convulsioni che si creavano in queste condizioni, secondo Sakel, avrebbero eliminato la schizofrenia... La convinzione si poggiava su una constatazione elementare: un epilettico non è mai schizofrenico. Provocando quindi un attacco di epilessia in uno schizofrenico, si pensò che gli attacchi di follia del soggetto potessero scomparire...». A metà degli anni Sessanta comincia l'attenzione dei media sulla condizione manicomiale: un libro memorabile di Angelo Del Poca, Manicomi come lager, viene pubblicato a Torino nel 1966. C'è una mobilitazione sempre più vasta attorno alle esperienze pilota. Da quelle di Mario Tommasini a Colomo, alla Gorizia di Basaglia, ad Arezzo, a Perugia. Sino all'approvazione della legge 180. Anche la legge 833 che istituisce il Servizio Sanitario Nazionale - e dunque consente l'accesso egualitario ad una sanità che sino ahora prevede gerarchie e categorie di privilegio a larga variegazione - ne deve superare di prove prima di imporsi come legge deho Stato. Adesso non sono in molti a rammentarsi di cos'era l'Italia delle mutue che - fa bene a rammentarlo Luzzi - «non furono mai istituzioni aventi come finalità unica l'assistenza sanitaria, bensì veri e propri istituti di assicurazione, e come tali si comportavano». Dunque se potevano lesinavano soldi agh ospedali (che spesso erogavano un'assistenza da paesi sottosviluppati) o, almeno, latitavano nei pagamenti delle prestazioni. A loro volta i vertici degli ospedali, gestiti in modo patriarcale e alle prese con ingentissimi patrimoni agricoli e immobiliari, spesso guardavano all'assistenza sanitaria come ad una sgradita incombenza che li distraeva dal compito di mantenere e valorizzare i beni accumulati, per donazioni, nel corso dei secoli. Il risultato erano inenarrabili peripezie di cittadini (di cui vi sono significative esemplificazioni nel saggio di Luzzi) e la mortificazione, in molti casi, deha professione medica. Questa, sia quando si svolgeva all'interno dei reparti ospedalieri sia quando era praticata dai medici della mutua, doveva penare non poco per far quadrare i doveri etici con una concretezza quotidiana fatta di norme restrittive, miopi autoritarismi, diseguaglianze verso i più deboli, che ora parrebbero incredibili. Ovviamente c'erano piccole minoranze che, incuranti del giuramento prestato ad Ippocrate, non se ne curavano. Avevano altro per la testa. Non pensavano alla salute dei pazienti ma aho stato del proprio portafoglio. Alberto Sordi nel film IZ medico della mutua, poi seguito da II prof. dott. Guido Tersilli, primario della clinica Villa Celeste convenzionata con le Mutue, delinea una figura tipica deha sanità di quegli anni. Personaggio di un'Italia, si spera, in veloce estinzione. Fu il 1978 l'anno cruciale per una legislazione che avviava una profonda rottura con un sistema che mescolava assistenzialismo e affarismo, privilegi e diseguaglianze, cercando di porre al centro i diritti del malato, valorizzando nel contempo la professione medica: ecco perché non conviene tornare al passato Alberto Sordi, mitico dottor Terzilli ne «Il medico della mutua» Saverio Luzzl Salute e Sanità nell'Italia repubblicana Donzelli pp. 411,^24

Persone citate: Alberto Sordi, Aldo Moro, Basaglia, Cerletti, Colomo, Guido Tersilli, Mario Tommasini, Saverio Luzzi, Saverio Luzzl Salute