La mano di Dante impugna la pistola di Masolino D'amico

La mano di Dante impugna la pistola La mano di Dante impugna la pistola Masolino d'Amico UN paio di anni fa Barbara Reynolds, traduttrice della Vita JVova per i Penguin, pubblicò sul Times Literary Supplement un articolo in cui proponeva una nuova e suggestiva interpretazione della celebre profezia di Virgilio nel primo canto dèìl'Infemo: «e sua nazion sarà tra feltro e feltro». Un lettore americano scrisse subito al giornale confutando eruditamente le affermazioni della dantista, la qpiale peraltro si difese bene nel numero successivo. Quel lettore era Nick Tosches, noto scrittore hard-boiled, e biografo tra gli altri di Dean Martin, di Michele Sindona e di Sonny Liston: un autodidatta cresciuto a Newark nel bar del padre, amico di malavitosi, tifoso del rock, e in letteratura grande ammiratore e sodale di Hubert Selby Jr, l'autore di Ultima uscita a Brooklyn. Insomma, immaginate che esca sul Corriere della Sera un saggio in cui Vittore Branca commenti un passo controverso di Leopardi - e che subito dopo arrivi a mettere in discussione la sua lettura ima lettera firmata da Robert Mitchum. La differenza è che Nick Tosches conosce Dante, e la cultura del Medioevo che produsse Dante, come un accademico, anche se senza i pregiudizi che l'accademico può avere assimilato. L'amore per la materia non gh fa velo, per esempio è convinto che Dante abbia sbagliato a scegliere la terzina, gabbia troppo rigida che lo costringe ad acrobazie e talvolta a leziosità nocive per il significato; pertanto lo traduce in altro metro, convinto di migliorarlo, anche se ciò contrasta con la sapientissima esaltazione del magico numero tre che struttura tutto il poema. Questa viene spiegata a Dante stesso da un venerando giudeo presso il quale il poeta si reca in cerca di ispirazione. Già, perché il Dante di Nick Tosches è un Dante in crisi, che non riesce a terminare l'ultimo canto del Paradiso. Tosches lo manda ad abbeverarsi a varie fonti, da Venezia fino a un'isola al largo della Trinacria, ma poi conclude che le ultime tre pagine del poema non sono del sommo poeta, bensì del figlio Jacopo. Di Dante dunque si parla, e parecchio, nel romanzo La mano di Dante, ma a capitoli aitemi. Come nel Maestro e Margherita di Bulgakov, sono sviluppate parallelamente due vicende, una odierna e l'altra in un passato famosissimo, rivisitato con estro. In entrambe, e qui diversamente dal russo, l'autore si autogratifica senza ritegno. In un lungo excursus - ci sono anche degli excursus non legati a nessuna delle due trame principah Tosches mette le mani avanti, denunciando la decadenza dell'industria editoriale: i libri sono ormai prodotti confezionati artificialmente, e gh editori, semphci impiegati periferici di colossi della comunicazione per cui questo tipo di carta stampata non conta quasi più niente. In particolare si scaglia contro la prassi dell'editing: nessuno si azzardi a toghenni una sola virgola, dice, e lo ottiene, che autoindulgenze e ripetizioni non si contano (in compenso non potrà lamentarsi del suo traduttore itahano, il cui lavoro è eccellente). Avute così le mani libere, racconta come dicevo due storie: quella del perplesso Dante in esilio, con flashes back nella sua storia privata, nel suo folle amore adolescenziale per Bice Portinari, nella personalità della sua giovanissima sposa Gemma Donati..., dove Tosches sfoggia vo- luttuosamente nozioni inconsuete di mistiche occidentah e abbozza la teoria che il monoteismo sia la rovina dell'umanità; e un'altra in cui uno scrittore a nome Nick Tosches è incaricato da certi spietati gangster di controllare l'autenticità di un manoscritto autografo della Divina Commedia; esegue; diventa ricchissimo, cambia identità, fugge con la sua incantevole beneamata, e insomma trionfa. Dotato di gusto e cultura finissimi, questo Nick Tosches è un solitario e un duro che vive una sorta di purificazione quando supera un grave incidente capitatogli durante una fuga dalla civiltà. Nel passato ne ha fatte di tutti i Colori, in particolare si è drogato moltissimo ed è stato alcolizzato (adesso ha il diabete, ma a quanto pare lo controlla); ha avuto un solo grande amore che ha abbandonato quando lei rimase incinta, salvo adorare, molti anni dopo, la recuperata figlia adolescente, coccolarla, mantenerla agli studi, e perderla dolorosissimamente per un delitto. Il manoscritto dantesco è stato trovato per caso in Vaticano da un vecchio prete siculo controllato dalla Mafia; mandato a prenderne visione insieme con un sicario, Nick assiste senza batter ciglio all'eliminazione del prete stesso, della sua perpetua e di altri, così come vengono fatti fuori anche i funzionari di biblioteche, tra cui la Classense, ai quah sottopone i fogli, la cui provenienza da Fabriano ha brillantemente rintracciato. Infine tira fuori la pistola e spara freddamente ai suoi orrendi mandanti. Peggio ancora, Nick Tosches trafuga manoscritti alle Istituzioni dove si reca, smembra il manoscritto dantesco e se lo vende a pezzettini. Cerca in ogni modo di rendersi antipatico; e guardate la faccia che ha messo in copertina. Brrr. Sarà veramente così cattivo? Un «doppio» romanzo di Nick Tosches, che alterna amori e tormenti del poeta davanti all'ultimo canto del «Paradiso» e la storia di uno scrittore impelagato con mafia e gangster per una «Commedia» autografa Alla ricerca di una «Divina Commedia» autografa Nick Tosches La mano di Dante trad. di Fabio Zucchella Mondadori, pp.374, G.18 ROMANZO

Luoghi citati: Fabriano, Maestro, Newark, Venezia, Virgilio