Ghirotti, il coraggio del male di Gigi Ghirotti

Ghirotti, il coraggio del male FA MORIVA L'INVIATO DELLA «STAMPA» CHE AVEVA COMMOSSO IL PAESE RACCONTANDO LA PROPRIA BATTAGLIA CONTRO IL CANCRO Ghirotti, il coraggio del male Alberto Sinigaglla QUANDO Gigi Ghirotti morì, una mattina di trent'anni fa, milioni di italiani lo piansero. Inviato de La Stampa, tra i più noti della sua generazione, colpito a 52 anni dal Morbo di Hodgkin, granuloma maligno dei vasi bufatici, si fece cronista della sofferenza. «Sai che ti dico? - confidò a Vittorio Gorresio, allora capo della redazione romana - credo di poter fare un buon servizio da inviato nel tunnel della malattia del secolo». Divenne un personaggio nazionale con gli articoli e con un indimenticabile servizio televisivo, appunto il Lungo viaggio nel tunnel della malattìa, che generò un piccolo libro (Eda, 1974). Apparve sui teleschermi in vestaglia e pantofole, i folti capeìb un po' arruffati, le borse sotto gb occhi. Malato tra malati nelle corsie di ospedali pubbbci, continuò il suo mestiere. Non raccontò il dramma personale, raccontò come vive chi è ricoverato in attesa di morire. Denunciò disfunzioni, arretratezze, consuetudini assurde. Spezzò isolamento e indifferenza. Dettò agli stenografi de La Stampa: «Quando si esce dai nostri ospedali la prima sensazione è di essere emersi da una città sotterranea, da una immensa segreta entro cui la società tiene in deposito i malati. E insieme nasconde alcune delle sue piaghe più brucianti. Non c'è crisi che non si venga a scaricare tra le mura dell'ospedale: le crisi delle istituzioni, dei valori, dei miti; dei fini e degh strumenti». Sereno e irriducibile, Ghiirotti accese con i compagni di dolore nuove amicizie e affetti, come Vincenzo Sdvoletto, il bambino di un falegname romano, colpito dallo stesso morbo maledetto, al quale dedicò uno struggente addio. Soprattutto suscitò un'eco vasta, profonda. Lettori e telespettatori inviarono centinaia di lettere al malato-cronista che implacabilmente pronunciava la parola innominabile, cancro. Coraggiosa era stata la sua vita. Nato a Vicenza nel 1920, laureato in Lettere a Padova con Diego Valeri, in guerra volontario negH alpini, dopo 1*8 settembre si presentò ai partigiani con una vanga: «Ho visto troppa violenza, non me la sento di imbracciare ancora un fucile». Contestatore contadino rimase da giornalista al Giornale di Vicenza. Cronista del consiglio comunale, Ghirotti, laico e «un poco giacobino», vi ritrovò Mariano Rumor già compagno-modello all'oratorio, e ne pubbbcò una biografia con pagine memorabili, affettuosamente impietose sui vicentini, sul «Veneto dei santini»: tonache, chiacchiere, intrecci pobtid. Curiosità mai sazia, pronto intuito, vigile interesse per i più vari temi di vita itabana sociale, culturale, politica, approdò nel 1951 aLo Stampa. Caparbio investigatore dalla scrittura ironica, da alcune inchieste ricavò libri di successo. Con Italia mia, benché (Comunità, 1963), sebbene convinto con Petrarca che «il parlar sia indarno», esaminava e denunciava i mah nazionali. A Mitra e Sardegna diede un sottotitolo provocatorio: «Guida documentata per continuare impuniti il sequestro di persona». Affrontò poi un mestiere già allora difficile: li magistrato. Fermato dal «signor Hodgkin» - così nominava l'avversario - si rammaricava di essere «debole come una boccetta di profumo svaporato. Peccato. Dovrei finire l'inchiesta sul divorzio e completare lo schedario sulle piste nere nel Veneto». Aveva perso il ritmo gioioso e le rumorose risate, non l'ironia «nostra redentrice sublime». Alla moglie Mariangela diceva: «Aiutami a rubare alla morte anche un solo minuto, la faremo soffrire». Trasmettendoci j^i articoli dell'ultima battagUa dvile, combattuta con pudica forza poetica, ci parlava del dovere di affrontare i mah dell'esistenza «scacciando la paura dell'irrazionale, liberandoci dell'infima grettezza della rassegnazione». Ripeteva: «Quello che importa, sia durante la vita, sia di fronte alla morte, è non sentirsi abbandonati e soli». Oggi e domani Vicenza ricorda Ghirotti con due giornate di studio e dibattito Gigi Ghirotti

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