«La mia vita ormai scorrerà triste come questa pianura»
«La mia vita ormai scorrerà triste come questa pianura» racconto «La mia vita ormai scorrerà triste come questa pianura» La Marchesa Colombi DISSE a suo padre: che lei non aveva più pace al pensiero che sua sorella era sola, espòsta al pericolo d'un contagio, che voleva andare ad aiutarla, a dividere la sua sorte, ad assisterla, in caso che si ammalasse, a morire con lei... E si mostrò, o parve, nel suo eccitamento, animata da tanto affetto fraterno e datante sentimento di carità, che suo padre le concesse di partire. Soltanto, lui non poteva accompagnarla. Era professore in un bceo privato, e, in coscienza, non poteva correre il rischio di portare il contagio ai suoi allievi. Fors'anche non gli garbava di pigliarlo neppure per se. Però conosceva un possidente di Tronzano, presso Santbià, che, di sohto, era sempre a Novara, nei giorni di mercato, e disse: «Vedrò. Se Beltrami è qui, domattina lo pregherò d'accompagnarti». Beltrami c'era. Accettò cordialmente l'incarico, prese la valigia della Carmela, e fece entrare la signorina in un vagone di prima classe, dove rimasero soli. Era un vecchio signore grasso coi capelli grigi. La Carmela si rincantucciò in un angolo del vagone, e, col viso contro il vetro del finestrino, stette a guardare i prati verdi ed umidi, le risaie gialle allagate da un'acqua sudicia, tutta quella campagna monotona il cui piano liscio, sterminato, era appena intorrotto da qualche filare di gelsi, da pochi ciriegi selvatici sui quali s'arrampicavano le viti, dalle case coloniche isolate, rozze, povere. E pensava: «Ecco; la mia vita ormai scorrerà triste, monotona come questa pianura. Arriverò a cinquant'anni, come sono oggi; più vecchia, più brutta, ma senza gioie, dacché non ho più amore né speranza...Preferirei pigliare la difterite e morire...sarebbe finita!». Sbirciò un'occhiata al vecchio signore, e vedendo che aveva spiegata la «Perseveranza», e leggeva attentamente il bollettino della borsa, ne profittò per piangere liberamente. Ma il suo compagno non era tanto assorto nel bollettino della borsa da non udire i piccoli singhiozzi che le sfuggivano. Si volse stupito, stette un tratto a considerarla, poi lasciando la «Perseveranza» abbandonata sul sedile, le si fece accosto e le disse: «Come! Piange? Un'eroina?». La Carmela stava in un momento d'eccitazione. Aveva bisogno di sfogo, ed in un impeto di sincerità esclamò: «No, non dica...Io non sono un'eroina!». «Ma se va a sfidare la morte percurereicontadini difterici...» Il signor Beltrami diceva questo con un'ombra d'ironia. Non amava gli atteggiamenti drammatici, e le ostentazioni d'eroismo inutile. La Carmela intuì quella disapprovazione per quanto celata, e , ne fu punta. Quel vecchio signore aveva un'aria buona ed intelhgente nel volto florido, negli occhi scintillanti come quelli d'un giovinetto. Le inspirava fiducia, ed avrebbe voluto che la stimasse, e senza rifletterci molto, tornò a dire: «Ma io non vado a sfidare la morte. Vado a cercarla, o vado a nascondermi perché ho un gran dispiacere, e non ho il coraggio di sopportarlo. Ecco che eroina sono!». E ricacciando il volto nella pezzuola, che eragià tutta bagnata, riprese a piangere, senza ritegno, un po' sollevata da quella confidenza. Il vecchio signore lasciò che si sfogasse un poco, ed intanto la guardò fisso con occhio di profonda pietà; poi le disse: «Via, ora smetta di piangere. Le fa male, e si fa gli occhi gonfi che è un peccato. Mi confidi il suo gran dispiacere. Faccia conto ch'io sia il suo babbo...Ma non tanto severo come lui; un babbo indulgente, pieno di compatimento pei dispiaceri della gioventù, e disposto a ricevere le sue confidenze con cuore da ami¬ co...Dica, via. Vuole che siamo amici? Vuol dirmi perchè è afflitta, perchè piange?». Era appunto quanto aveva bisogno quel povero cuore crucciato ed oppresso dal suo cruccio segreto. Un amico a cui confidarlo. Rispose senza scoprirsi il volto, perché si vergognava: «Piango perché il mio amante mi ha abbandonata». Il vecchio signore fece un balzo sul sedile, ed esclamò meravigliato; «Il suo amante? Lei aveva un amante? Ma quanti anni ha?» «Ne ho diciannove. Ed erano già tre anni che ci si voleva bene...» «Ma il suo babbo, che è tanto severo, le permetteva questa relazione?» «Non la sapeva». «Non avrà saputo in che rapporti erano; ma infine, che lei conosceva quel giovinetto, che veniva in casa sua, doveva pure saperlo...» «Ma no. Non veniva in casa mia..» Il vecchio signore stette un po' confuso, poi riprese un po' esitante, e colla voce un po' meno dolce: «Allora era leL.Dove lo vedeva, insomma?» «Lo vedevo dalbalcone». «Ah!» esclamò il signor Beltrami; ed i suoi occhi brillarono più che mai, ed il suo volto tornò sereno. Riprese l'interrogatorio coli'indulgenza di prima. «E, si scrivevano?». «No...» «Ma come avevano fatto per sapere di volersi bene? Avevano pure dovuto dirselo, o scriverlo...». Copyright «Interlinea» «Racconto alla vecchia maniera» da «Cara Speranza» prefazione di E. Genevois (3-continua)
Persone citate: Beltrami, Cara Speranza, Marchesa Colombi, Tronzano
Luoghi citati: Novara
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