I RUSSI IN CODA NELLE BANCHE CHE FALLISCONO di Anna Zafesova
I RUSSI IN CODA NELLE BANCHE CHE FALLISCONO IL RUOLO AMBIGUO DI PUTIN I RUSSI IN CODA NELLE BANCHE CHE FALLISCONO Anna Zafesova MOSCA ~ A Mosca è di nuovo crisi finanziaria, e i risparmiatori eseguono senza speranza gli ormai abituali riti delle code davanti alle banche e dei bancomat vuoti come una matrioshka. Un déjà-vu, con una piccola differenza: l'ultima volta, nel 1998, si era trattato di un crack annunciato e oggettivo, mentre il panico del 2004 avviene in un Paese che sfoggia brillanti indici economici. La Russia postcomunista non aveva mai vissuto un momento economicamente così felice. Questo Paese delle vacche grasse offre però un volto da crisi: la sua azienda più grande, la quarta compagnia petrolifera mondiale Yukos, è in bancarotta con il greggio a 40 dollari a barile, mentre le sue banche crollano una dopo l'altra in un effetto domino. Il panico bancario, generato da alcune incaute - e non si sa fino a che punto involontarie - mosse della Banca Centrale. Dello Stato, dunque. E la più illustre finora vittima della crisi, la Guta-bank, viene assorbita dalla Vneshtorgbank, un istituto statale. Chiamando le cose con il loro nome, una nazionalizzazione. Che rafforza ulteriormente il monopolio che lo Stato ha con il 60 per cento dei russi già clienti della sua Sberbank. E' sempre lo Stato ad aver fatto fallire, con un attacco spietato della Procura, la Yukos, mettendo in galera il suo presidente Mikhail Khodorkovskij, il russo (tuttora ma ancora per poco) più ricco. E l'Alfa-bank, una delle banche più importanti e solide, colpita però, forse a morte, dalle voci di panico, appartiene all'ultimo gruppo «oligarchico» rimasto indenne, l'unico che simpatizzava ancora per l'opposizione liberale. Messi insieme, questi particolari fanno un trend, pohtico più che economico. Il govemo del Cremlino vuole ridurre e controllare strettamente qualunque soggetto del mercato, come ha già fatto con quelli della pohtica. Vladimir Putin punta a far fare alla Russia un grande balzo e gira come un commesso viaggiatore per convincere occidentali e asiatici a investire nella sua nuova Russia di garanzie e libertà. Ma questi cospicui sforzi vengono azzerati dall'immagine di un Khodorkovskij dietro le sbarre o da quella di russi che assediano disperatamente le banche. Un rischio che il Cremlino accetta di correre: o convinto che l'Occidente, spaventato dagli arabi, perdonerà qualunque cosa al più grande produttore di petrolio alternativo, o perché il calcolo di potere interno prevale sul desiderio di farsi accettare come democrazia di mercato all'estero.
Persone citate: Khodorkovskij, Mikhail Khodorkovskij, Vladimir Putin
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