Isteria, il male dei fratelli di Augusto Romano

Isteria, il male dei fratelli Isteria, il male dei fratelli Augusto Romano Lf ISTERIA è morta. Espunta dalle classificazioni psichiatriche, scomposta nei suoi tratti caratterizzanti e variamente assorbita in altre sindromi, sotterrata dal femminismo che la considerava un fattore di discriminazione sessuale, l'isteria sembra non trovare più collocazione nel corpus del sapere accademico né nelle diagnosi cliniche. Ma giacché eliminare la parola non significa far scomparire la cosa, l'isteria continua indomita a presentarsi nei nostri pazienti e a permeare le nostre relazioni. Dobbiamo dunque ammettere che l'isteria è viva, vivissima. Del resto la sua scomparsa sarebbe veramente un evento epocale, considerato che nessun altro disturbo psichico (tranne forse la depressione) ha alle spalle una storia tanto lunga e ramificata. I Greci la attribuivano al vagare nel corpo di un utero insoddisfatto e bramoso di contatti (il termine isteria deriva proprio da isteros, l'utero); Sant'Agostino riteneva che l'isterica fosse posseduta dal diavolo e avesse stretto un patto di sangue con lui; più tardi, nel XVI e XVII secolo, la scienza moderna ai suoi albori si sforzò di restituire all'isteria uno status di malattia, ipotizzando un'eziologia neurologica che ne spostava definitivamente la sede dall'utero al cervello. Senza dire che i sintomi isterici non hanno confini: la saka delle donne Taita che vivono nella fascia costiera del Kenya così come le paralisi e i mutismi dei soldati durante la Prima Guerra Mondiale dimostrano la diffusione ubiquitaria di questa patologia. Ma, alla fine, che cosa fa sì che l'isteria, come la fenice, rinasca di continuo dalle proprie ceneri? Juliet Mitchell, importante figura del femminismo psicoanalitico anglosassone, nel poderoso saggio Pozzi e Meduse, suggerisce che l'isteria sia «un'esperienza umana potenziale», e che perciò non possa mai scomparire. Sarebbe come se l'amore o l'odio all'improvviso si dileguassero dalla nostra società. E' indùbbio, tuttavia, che esistono forme d'amore molto diverse tra loro: l'ideale cavalleresco cantato dai trovatori provenzali nel XH secolo ha ben poco a che spartire con l'appassionata relazione di una coppia dei giorni nostri, eppure in entrambi i casi viene vissuto ed espresso un sentimento amoroso. Anche l'isteria - esattamente come l'amore - si può presentare con modalità molto differenti, ma non per questo se ne può decretare la scomparsa. Da sempre la psicoanalisi vede nel complesso di Edipo il «complesso nucleare» dell'isteria, sottolineandone la dimensione «verticale», ossia il rapporto di amore e/o di ostilità che lega il bambino ai genitori. Secondo l'ipotesi dell'Autrice, invece, l'isteria non può essere compresa se non si tiene conto delle relazioni «orizzontali», cioè dei rapporti tra fratelli. Alla nascita di un fratello il bambino può sentirsi abbandonato, ignorato, messo da parte ; dovrà allora mettere in atto delle strategie per riconquistare l'amore dei genitori e tornare a essere il più piccolo, il preferito; l'unico. In età - adulta qualsiasi «trauma», aprendo una breccia nelle difese dell'individuo, sarà in grado di far riaffiorare la catastrofica situazione di annientamento sperimentata durante l'infanzia e potrà dare l'avvio a comportamenti isterici. Questa originale ipotesi viene sostenuta dalla Mitchell attraverso un'analisi minuziosa di biografie, casi clinici, avvenimenti storici e personaggi letterari. Freud era un isterico (isterica la sua tumultuosa relazione con Fliess e isterica la sua difficoltà a tollerare i rapporti alla pari con altri uomini, identificati con i fratelli) per avere, da piccolo, intensamente desiderato la morte del fratellino Julius, cosa poi realmente accaduta. Dora, la famosa protagonista di un caso clinico descritto da Freud, aveva cominciato a manifestare sintomi isterici durante l'adolescenza in seguito al crollo dell'identificazione con il fratello maschio, ossia in seguito all'obbligo di abbandonare quei moli maschili arbitrariamente assunti per difendersi dall'ingombrante presenza del fratello. Anche i soldati della Prima Guerra Mondiale vivevano una relazione coatta tra fratelli: alcuni amati (i commilitoni), altri odiati (i nemici); la comparsa di chiari sintomi isterici quali paralisi, claudicatio e mutismo poteva essere ricondotta sia a un'identificazione con i fratelli morti, sia al desiderio di uccidere gli avversari. Ed è ancora una rivalità contro il commilitone Cassio ad accendere in Iago un isterico desiderio di vendetta nei confronti del suo generale, Otello, colpevole di aver assegnato a Cassio il posto che egli voleva per sé. Come si noterà, il meccanismo è sempre il medesimo: il bambino Iago, sopraffatto dalla gelosia, vuole distruggere il genitore Otello che ha mostrato una particolare predilezione per il fratello Cassio. Gli esempi sono molti e il libro, ricco di spunti di riflessione, non è privo di fascmo. Il punto di debolezza non sta dunque in una documentazione sommaria, quanto nel volere a ogni costo spiegare i comportamenti isterici alla luce della relazione tra fratelh. J. Hillman, relativizzando l'assolutismo della scienza, sosteneva che «vedere è credere, ma spesso credere è vedere». Abbracciare un'ipotesi senza alcuna riserva è decisione rischiosa: i comportamenti umani si spogliano della loro affascinante complessità per unifonnarsi a un modello predeterminato. Ma l'isteria, profondamente legata all'inconscio (e quindi alla psicoanalisi), alle donne e alla sessualità (e quindi a Dioniso), sfugge a qualsiasi paradigma e pare scomparsa dalla nostra società solo perché ripudiata dalla coscienza apollinea. Qualora se ne confermi l'esistenza, diventa imperativo spiegarne la causa, rintracciarne le origini, classificarne i sintomi. Dimentichi del fatto che, come Dioniso a Tebe, l'isteria si traveste, inganna, è folle, è mimetica, si aggira come un'ombra negli interstizi della nostra vita. Attenti dunque a non volerla costringere in schemi di spiegazione troppo rigidi: a Penteo, che mise Dioniso in catene, toccò una sorte davvero crudele. Rimane un ultimo quesito, che l'Autrice non prende in considerazione: come potrà voi figlio unico diventare un buon isterico? La provocatoria quanto discutibile, rigida ipotesi della femminista Mitchell in «Pazzi e Meduse»: il nucleo originario sarebbe il non essere più «unico», la rivalità, la gelosia, il trauma dell'abbandono Jeremy Irons interprete dei gemelli Mantle, famosi ginecologi, nel film «Inseparabili» di Cronenberg Juliet Mitchell Pazzi e Meduse trad. di Ester Dornetti La Tartaruga pp. 470, Gì7.50 S A G G

Luoghi citati: Dioniso, Kenya