Capucci: «Vesto le donne d'India e di musica»

Capucci: «Vesto le donne d'India e di musica» A GORIZIA A GRANDE MOSTRA RIPERCORRE LA CARRIERA DELLO STILISTA CHE HA STUDIATO SCULTURA Capucci: «Vesto le donne d'India e di musica» Marco Vallerà GORIZIA N' ON resiste, Roberto Capucd mentre accompagna autorità e signore adoranti alla presentazione della sua mostra, «Arte e creatività oltre i confini della moda», a Palazzo Attemps-Petzenstein, una quantità incalcolabile di forme, d'invenzioni, d'ibridi insetti magnifici e di molli minerali, incisi nella tagliente esattezza delle sete Mikado e dei cangianti taffetas plissés. A Gorizia, il direttore del museo, Raffaella Sgubin, ha allestito sino ad ottobre una scenografica rassegna di opere da parata, variopinte ed immaginose, con la sola eccezione, elegantissima, della prima sala «storica», in cui dialogano pirandellianamente i primi modelli, anni Cinquanta, eoa debitori all'estetica op, e al confronto con le inven¬ zioni pop, plastificate, di Paco Raban, degno rivale. Di Gorizia il neofita Capucd si dice innamorato: «da non credere che esista ancora in Italia un luogo dove la gente posteggia' dove' deve, che ti dia il passo in strada, che lavori con te, sorridendo. Com'è lontana Roma!», n suo è un grande inno alla libertà dell'isolamento: «Detesto la televisione, ma mi hanno portato un video sulle sfilate a Roma, ma è possibile credere che tutto sia vero^che non sia un incubo alla Fellini? È da trent'anni che non sfilo più, che mi sono ritirato dalla bolgia, ma non posso credere che la donna si sia adattata ad essere lo zimbello degh stilisti, che sia cosi disprezzata. Ma poi ha davvero a che fare con la moda questo mostrare l'ombelico, far trasparire tutto quanto c'è sotto?» I suoi trionfali animali di scultu¬ ra molle, possono evocare delle piriti preistoriche o delle corazze da film di Kurosawa, hanno poco a che fare con la quotidianità. Il suo è un esotismo puro delle forme. ((Forse è per questo che amo tanto l'India, d vado almeno da trent'anni. La mia interprete si chiamava Sonali, la compagna di Rossellini. Io arrivavo all'aereoporto pieno di valigie, bagagli, lei imborsino da ridere, eppure ogni sera era regale, col suo sari, le sue mani lunghe, quei monili semplid e sublimi. Ancora adesso in India d vado a lezione. Mi nutro di puri colori, di serenità. Non è vero che l'India è poverissima, o megho, è felice, anche nella sua miseria, è un altro modo di conoscere il dolore, nobile, astratto, non le nostre prefiche, i nostri pianti, le nostre querimonie esagerate. Io che ero così viziato, ho imparato molto dall'India». E dalla musica, che sembra così presente nei suoi colori? ((Moltissimo, io non riesco a disegnare se non l'ascolto. Anche quando sono al concerto, emagariho dimenticato la maledetta matita, è li che penso, un abito al giomo. Ho un mio codice: ritaglio il bighetto in vari modi, che significano, una piega lì, una sovrimpressione qui». Un promemoria per piegare le forme, un etemo scolpire? «Io ho studiato scultura da ragazzo, con Mazzacurati. Ma già da bambino, ero noiosissimo, lo so, è un mio difetto, mettevo in fila i petali, costruivo con i bottoni. È un perenne interrogare, dialogare con le forme. Anche vecchio, magari sono morto, a letto, ma se vedo un quadro un po'storto, devo alzarmi. Sì, certe volte proprio non mi sopporto. Sono così esatto, esigente, inaccontentabile».

Persone citate: Capucci, Fellini, Kurosawa, Mazzacurati, Raban, Raffaella Sgubin, Roberto Capucd, Rossellini