Il signor minimo comun denominatore di E. S.

Il signor minimo comun denominatore IL NUOVO PRESIDENTE Er STATO L'UOMO DEL COMPROMESSO MA SCHROEDER HA RICORDATO CHE «L'UE VIVE DI COMPROMESSI» Il signor minimo comun denominatore L'etichetta dei suoi oppositori che dovrà scrollarsi di dosso personaggio corrispondente da BRUXELLES TOGLIERSI di dosso l'etichetta di «minimo comune denominatore». E' il compito più urgente che sta di fronte a José Manuel Durao Barroso. La definizione Ihanno confezionata i suoi oppositiori: quei Paesi che, alla fine, lo hanno accettato come futuro capo dell'esecutivo europeo, ma che non pensavano nemmeno lontanamente a lui quando è comindato il Conclave per la successione di Romano Prodi e Barroso appariva a tutti, o quasi, come un «signor nessuno». Minimo comune denominatore è un modo diplo¬ matico per indicare una scelta di ripiego. Al ribasso, come va di moda dire da un po' di tempo nella Uè ; che si tratti della Costituzione o, adesso, del prossimo presidente della Commissione. Ma anche il cancelhere tedesco Gerhard Schroeder - che è stato tra i suoi avversari - riconosce che, se la scelta è stata «diffidle», in fondo (d'Europa vive di compromessi». E tutta la carriera di questo avvocato di 48 anni, sposato e padre di tre figb, che è diventato primo ministro del Portogallo a soli 46 anni, è costruita sull'arte di trovare dei compromessi. Una carriera comindata in modo turbolento durante la «rivoluzione dei garofani» che nel 1974 travolse il regime sakzarista. Allora José Manuel, giovane studente di diritto all'universi¬ tà di Lisbona, militò tra i maoisti del IVùpp, il Movimento rivoluzionario popolare portoghese. Ma i suoi studi lo portarono prima a Ginevra e poi a Washington e quando tornò in Portogallo, nel 1980, il passato «gruppettaro» era soltanto un ricordo - che Barroso non ama evocare e per Id la porta della pobtica fu l'adesione al partito sodaldemocratico che è una formazione di centrodestra. Appena cinque anni dopo è sottosegretario agli Interni nel primo governo conservatore di Cavaco Silva. Nel 1992 è ministro degh Esteri. Arrivano poi gh anni della lunga traversata del deserto per il centrodestra che cede il govemo alla sinistra. Ma è proprio Barroso a riconquistare due armi e mezzo fa il potere ai danni del sodalista Anto¬ nio Guterres. Un ritomo al governo, da primo ministro, in una fase di crisi economica grave. Tanto grave che il Portogallo è il primo Paese della Uè a finire sotto procedura di defidt eccessivo per avere sfondato il tetto del 3 per cento fissato dal Patto di stabilità. Un avvio difficile per Barroso che rovesda la responsabilità sulla sinistra e che reagisce con grande rigore. La signora Manuela Ferreira de Leites, ministro del Tesoro si guadagna il soprannome di «Tathcher portoghese» e della «dama di ferro» segue le orme nei tagli alla spesa pubblica. Risultato. Il Portogallo, in un anno, rientra nei parametri di Maastricht. Ma la cura da cavallo imposta all'economia fa anche perdere al govemo consensi tra gh elettori che nel voto europeo del 13 giugno i^Stìtuiscono il'pnihalo'ffl'paHiio socialista con oltre il 44 per cento dei suffragi. Le prossime elezioni politiche d saranno tra due anni e mezzo, ma la sinistra reclama una consultazione anticipata approfittando delle dimissioni che Barroso dovrà presentare quando partirà per Bruxelles. Un'eventualità che il centrodestra vuole evitare con un avvicendamento alla guida del govemo per il quale sono già in corsa Manuela Ferreira de Leites o il sindaco di Lisbona, Fedro Santana Lopes, vicepresidente del partito socialdemocratico. Ma la crisi interna non è ancora risolta. E forse sarà più difficile di quanto non sia stato mettere d'accordo i Venticinque partner europei. A definirsi uomo di compromesso è lo stesso Barroso. In economia si dipinge come «un riformatore antistatalista, ma non un fondamentalista neoliberista». In pohtica estera vuole essere un ponte tra la fedeltà atlantica e la costruzione europea: «E' un errore pensare a un'Europa forte in contrapposizione con gli Stati Uniti». Ed è stato l'ospite del vertice delle Azzorre in cui Bush, SlaiFe'A2Sar'Mserij a punto i piani della guerra in Iraq. Ma con la sua solita prudenza: quel vertice fu definito dei «tre più uno» (dove il più uno era il Portogallo) e si dice che Chirac abbia liquidato quel summit con una battuta: «Barroso si occupò soltanto del catering». Nelle trattative sulla Costituzione ha sostenuto l'uguaglianza tra i partner come leader di un Paese piccolo. E si è battuto anche per il riconoscimento delle radid cristiane nel preambolo, pur se ha detto che la Uè non può essere un «club di cristiani» a proposito dell'ingresso della Turchia. Ha ragione Schroeder quando dice che TEuropa vive di compromessi. In un'Unione sempre più grande e sempre più diversa, rappresentare un «minimo comune denominatore» può essere un pregio e non un difetto. Almeno può essere il punto da cui partire per andare avanti. «Con grande pazienza», come ha notato anche Romano Prodi, perché «la pazienza è la più grande dote che deve avere chi siede sulla poltrona di presidente della Commissione», [e. s.]