Tolleranza zero, va ai fischietti il primo trofeo

Tolleranza zero, va ai fischietti il primo trofeo MIGLIORI EUROPEI PER GLI ARBITRI, IL SEGNALE LO AVEVA DATO COLLINA NELLA GARA INAUGURALE Tolleranza zero, va ai fischietti il primo trofeo Gli unici falli violenti non sanzionati le randellate di Totti e Makelele analisi Gigi Garanzini MANCANO tre partite. Trattandosi delle più importanti non è detta l'ultuna parola, ma sarebbe davvero un peccato se tutto dovesse guastarsi alla fine: perché questi Europei sono stati sin qui, dal punto di vista arbitral-disciplinare, la miglior rassegna che si ricordi. E di gran lunga. In sintesi sono stati educati e corretti i giocatori, con due uniche eccezioni e una la conosciamo sin troppo bene, sono stati mediamente bravi gli arbitri, sono stati strepitosamente bravi i guardalinee. Se prendiamo come ultimo parametro di riferimento il mondiale coreano, il paragone è persino imbarazzante. Per la Fifa, non certo per l'Uefa. D'altra parte proprio da quel fallimento l'Uefa è partita. Pochi arbitri, frutto di una selezione rigorosa, nessuna concessione a paesi emergenti (e votanti), teme fìsse che garantissero il massimo affidamento dell'equipe. Dopo di che, una volta scelti, i dodici fischietti sono stati catechizzati a dovere in ripetuti incontri e seminari sul codice di comportamento prescelto. Due parole, traducibih e comprensibih in tutte le lingue: tolleranza zero. La stessa, per capirci, che Bergamo e Pairetto avevano annunciato due stagioni fa a proposito di trattenute a gioco fermo sui calci piazzati. La differenza è che, come facilmente riscontrabile dal nostro campionato, della tolleranza zero all'italiana si sta ancora ridendo, dentro e fuori le mura. Quella europea invece è effettivamente, e immediatamente, entrata in vigore. Sarà un caso che i primi a fame le spese siano stati gli azzurri? E sì che aveva provato. Collina, a spiegare sin da Coverciano come sarebbero andate le cose. Occhio ai falli da dietro, alle trattenute, alle proteste. Occhio ai comportamenti in genere, alle insofferenze, alle reazioni. Scordatevi le cattive abitudini, i vizi e i vizietti del campionato. Il bel risultato di quel sermone lo conosciamo. Una caterva di ammonizioni per gioco scorretto, le proteste continue e indisponenti di Gattuso, i due capo- lavori di Totti: il primo sfuggito all'arbitro e poi recuperato dalle telecamere, il secondo, l'entrata finale violenta e gratuita su, Henriksen, dall'arbitro colpevolmente ignorato. Che Totti avrebbe certamente scontato nel resto del tomeo se un gesto ancor più grave non lo avesse rimandato dietro le quinte. L'unico altro fallo violento e non sanzionato è stato di Makelele contro la Grecia. L'arbitro era Erisk, che forse non lo ha visto. Ma a differenza dello svedese, che resta un signor arbitro, lo spagnolo Mejuto Gonzales non ha lasciato una grande impressione soprattutto in Olanda-Repubblica Ceca, al pari dell'inglese Riley in Germania-Lettonia: due partite mediocremente dirette su 28 sono comunque, e per l'appunto, l'eccezione che conferma la regola. Questo non significa che nelle altre non ci siano stati errori. Ha sbagliato Ivanov a non dar rigore su Cassano, ha sbagliato Hauge ad espellere il portiere russo, ha sbaguato Milton Nielsen a convalidare il pareggio manuale di Trezeguet con la Croazia. Ma stante la fallibilità umana, dunque arbitrale, l'unica volta che si è avvertita puzza di bruciato, quella che inquina il calcio di casa nostra per la celeberrima disparità di trattamento, è stata quando Riley ha chiuso due volte gli occhi a favore della potente Germania contro la povera Lettonia. D'altra parte se le squadre più celebrate son cadute una dopo l'altra come pere mature, e in semifinale è arrivata la Grecia, significa che si è giocato, finalmente, ad armi pari. O ci siamo già scordati i regali che ancora due anni fa gratificarono Corea, Brasile e Germania? Il segnale lo aveva dato proprio Collina, nella partita inaugurale. Trattando la squadra di casa come ima partecipante qualunque, senza minimamente badare al calore del pubbhco e al colore delle maghe, né tantomeno farsene condizionare. Non è accaduto spesso, nel passato, che l'esordio della nazione ospitante avvenisse all'insegna della parità di trattamento. Han poi provato gli inglesi, dopo il quarto di finale, a sostenere che il Portogallo era passato grazie a Meyer. Lo svizzero ha risposto a muso duro, e a buon diritto, che se cercavano un capro espiatorio si rivolgessero altrove. In effetti il gol finale di Campbell, annullato da Meyer, era viziato da un fallo sul portiere dell'altro centrale difensivo, Terry. E la condivisione da parte di Eriksson degli accenti di fuoco dei tabloid britannici è suonata discretamente penosa. L'ultimo breve capitolo riguarda gli assistenti. Poco sollecitati nell'offside da difese per lo più statiche e assai raramente alte e aggressive. Ma sino a qui praticamente, e sorprendentemente, perfetti. Sì è sentita puzza di bruciato solo quando Riley ha chiuso due volte gli occhi a favore della potente Germania contro la povera Lettonia sempre all'altezza della sua fama A sinistra: l'arbitro svizzero Meier, sotto il danese Kim Miton Nielsen