Identità e tradizione sono il passaporto per ogni latitudine

Identità e tradizione sono il passaporto per ogni latitudine DE GUSTIBUS DiSPUTANDUM EST Identità e tradizione sono il passaporto per ogni latitudine Carlo Petrìni A New York la gastronomia -' intesa come tutto lo scibile legato al cibo - è quanto di più caotico e allo stesso tempo fertile ci si possa immaginare. Miriadi di input provenienti da diverse etnie, nazioni e culture territoriali, diversi strati di generazioni che vedono via via cambiare le loro culture originarie di immigrati, grazie allo scambio, l'incontro, lo scontro. In questo mutare ininterrotto l'identità gastronomica s'inscrive come qualcosa di molto labile, difficile da definire e incasellare. Soprattutto perché i prodotti alimentari in qualche modo perdono la loro specificità, magari per imbastardirsi, magari per innovare e migliorare; spesso e purtroppo però per peggiorare in qualità e scomparire nell'omologazione generale. Prendiamo i prodotti italiani e Little Italy: letteralmente mangiati da ima Chinatown sempre più ingombrante e invadente subiscono uno scarto culturale e d'approccio commerciale che li porta molto lontani dalla madre patria. Il tempo e la storia sono stati impietosi anche nelle altre comunità, come a Brooklin per esempio. Dietro a bottegucce ricoperte di tricolore è diventato quasi impossibile trovare qualcosa di veramente italiano: rimangono le tovaglie a quadretti, la bandiera, i nomi storpiati. L'olio non è italiano seppur venduto in quanto tale, nei retrobottega cucinano messicani e thailandesi, tutto diventa "atipico". Per questo è il caso di dare riconoscimento anche qui da noi a chi da cinque generazioni continua a fare il mestiere dell'importatore e del produttore con una perizia e un savoir faire miracolosamente intatti. Ho potuto verificare l'esistenza di un negozio che fa vera promozione del made in Italy, che ha ima storia che racconta di un'evoluzione dentro la qualità, ma soprattutto di una famiglia di italiani che da un secolo non hanno cambiato una virgola nella loro filosofia di rendere onore alla loro terra con i suoi prodotti. Di Palo's, al 206 di Grand Street, si trova ormai attorniato da negozi cinesi, ma è nato nel 1925, quando questa zona si poteva ancora chiamare di diritto Little Italy. Figlio dell'iniziativa di Savino Di Palo, un contadino immigrato nel 1903 dalla Basilicata, il negozio è in mano ai suoi discen; denti: iSantomauro. I fratelli Sai e Louis, con l'anziana mamma Viola che dà ancora una mano ("la miglior lavoratrice" sostengono, "perché lavora gratis); una schiera di cugini e i figh più giovani. Allegra e Sam, decisamente convinti a continuare il businness famihare: tutti in negozio a servire un flusso ininterrotto di clienti. Se si lavora bene gli affari si fanno: Di Palo's vende qualcosa come 2.000 forme di Parmigiano Reggiano all'anno e 1.500 provoloni Auricchio da 50 chilogrammi! Rifornisce i migliori ristoranti della città e i suoi clienti affezionati possono scegUere tra 300 diversi formaggi italiani di qualità (anche i più rari), olii tra i migliori, prosciutti eccellenti, aceti balsamici, pasta e quant'altro: il meglio del nostro paese, tutto originale, importato e ricercato personalmente da Louis nei suoi periodici pellegrinaggi in Italia. In più, visto che il negozio nacque come latteria (sempre piccolissimo e spostatosi solo una volta nella sua storia: semplicemente da un angolo all'altro della strada), producono da sempre una loro mozzarella e una oro ricotta ottimi. È straniente osservare le fotografie risalenti agli anni '40: la vetrina è sempre la stessa, con i provoloni e i prosciutti appesi nello stesso ordinato puzzle. Si tratta davvero di un fenomeno unico, che è bello riportare ai lettori italiani e al mondo dell' agroalimentare come segnale di speranza per il commercio estero delle piccole produzioni e come esempio d'integerrima ricerca del buono e del prezioso in gastronomia. Da Di Palo's i clienti assaggiano, confrontano: "l'importante è che conoscano e imparino" - sostiene Louis. Si sentono in famiglia perché il rapporto tra venditore e compratore è da sempre improntato sulla conoscenza diretta, sullo scambio di impressioni, sul consiglio appassionato. Una dimensione da negozio di quartiere che non soltanto a New York è ormai una chimera, lo è anche nelle nostre città, più o meno grandi. Un negozio in cui da quasi ottant'anni vengono venduti e «spiegati» i tesori dell'agroalimentare italiano è un'isola felice di sapori e aromi tanto a New York che in ogni città dove il cibo rischia l'omologazione

Persone citate: Auricchio, Carlo Petrìni, Savino Di Palo

Luoghi citati: Basilicata, Italia, New York