Uccise Matteotti per soldi di Giuseppe Mayda

Uccise Matteotti per soldi Uccise Matteotti per soldi L'inquietante figura di Amerigo Dùmini, sicario brutale e avido, ricostruita da Giuseppe Mayda ^ CCHÉ, te sei compraL to er Lungotevere?» replica un monello Lmm romano, Renato Barzotti detto il "Neroncino", all'intimazione di allontanarsi, e subito, che nel pomeriggio del 10 giugno 1924 gh viene latrata addosso dal capo di un manipolo di forzuti in azione sul Lungotevere Arnaldo da Brescia. Si tratta dei sicari che, dopo aver tramortito di botte il deputato socialista Giacomo Matteotti, lo stanno ficcando in una Lancia Lambda nera. Pronta a sgommare via dal luogo del sequestro e ad accendere - con l'assassinio del leader riformista, pochi minuti dopo, su quella stessa vettura una delle crisi più drammatiche affrontate dal regime mussoliniano. L'uomo, prima di saltare in macchina, molla a "Neroncino" un mamovescio. Il ragazzo si stampa i suoi tratti in memoria e lo riconoscerà nel corso del processo-burla celebrato nel 1926 davanti alla corte di assise di Chieti. Il personaggio che secondo Neroncino «s'era comprato er Lungotevere» è Amerigo Dùmini, ex-ardito, squadrista della prim'ora, nonché coordinatore della "Ceka" fascista che attraverso Cesare Rossi, addetto stampa della Presidenza del Consiglio, opera al diretto servizio di Mussolini. L'organizzazione, formalmente clandestina ma operante in un regime di totale immunità, si fa carico dei "lavori sporchi" contro gli oppositori assegnati di volta in volta dal capo del fascismo. Con la sicurezza che le forze dell'ordine assisteranno senza reagire. Talvolta i "cekisti" di Dùmini colpiscono anche tra i ranghi interni al fascio. Accade nella primavera del 1924, con il brutale assalto, nell'affollata Stazione Centrale di Milano, contro il ras dissidente Cesare Forni. L'azione milanese costituisce di fatto la prova generale del sequestro e dell'omicidio (che la sentenza, emessa nel 1926, dalla corriva corte di Chieti definisce praeterintenzionale) di Matteotti. La squadra, collaudata già in parecchi assassina e neutralizzazioni mirate, sin dalla sua istituzione è guidata da un personaggio inquietante e brutale, Dùmini. Ora l'intera parabola "professionale" di Dùmini - killer spietato e rancoroso ricatttaore dei suoi stessi committenti a cominciare dal Duce, agente provocatore e vorace faccendiere foraggiato dai fondi dello Stato fascista - viene riscostruita nell'ampio e documentato saggio di Giuseppe Mayda, Il pugnale di Mussolini. Storia di Amerigo Dùmini, sicario di Matteotti. Nato nel 1894 - da un pittore e commerciante d'arte toscano emigrato a Saint Louis (Missouri) sposato con ima combattiva insegnante londinese, la vulcanica Jessie Wilson - Amerigo Dùmini, fa ritomo ancora ado- lescente in Italia. Arruolato in fanteria nella "grande guerra" D.ùmini, nel 1916, si presenta volontario nel "Battaglione della morte", formazione di arditi comandata da Cristoforo Baseggio. Qui Dùmini inizia di fatto uìià lunghissima carrièra di professionista della violenza. Air. servizio, nel dopoguerra, della provocazione politica condotta con uno stile che, per la cruenta spietatezza, rammenta i "proscritti" dei Freikorps tedeschi celebrati nel libro di von Salomon, responsabili, tra l'altro, dell'assassinio del ministro degh esteri Rathenau, nel giugno del 1922. Due anni prima dell'azione della "Ceka" contro Matteotti. Il dehtto Matteotti è certamente il fulcro centrale della biografia di Dùmini e per questo evento è fondamentale fare riferimento alla scrupolosa ricostruzione che ne ha fatto a suo tempo Mauro Canali nell' importante saggio II delitto Matteotti, ora ripubblicato. In quel libro, oltre a delineare la dinamica dell'agguato. Canali porta alla luce aspetti fondamentali del contesto che determina la decisione mussoliniana di liberarsi dello scomodo avversario. Oltre ai moventi direttamente politici, bruciano le investigazioni del deputato socialista attorno a piste affaristiche nate nel "cuore più interno" del fascismo. Nel libro di Canali altri rilevanti spunti economici emergono circa la tristissima vicenda della vedova del deputato ucciso, indotta a non esasperare il contrasto col regime attraverso una scaltra politica, voluta direttamente da Mussolini, che copre con ingenti finanziamenti e mutui le difficoltà finanziarie della famiglia Matteotti. Ora, in aggiunta a quanto già ricostruito nel libro di Canali, il libro di Mayda consente di inquadrare la biografia di Dùmini nell'ambito delle attività della Ceka. Non solo: fa emergere con notevole forza le implicazioni economiche del patto al silenzio che Dùmini, dopo il dehtto Matteotti, stringe con Mussolini. L'ex-sicario, mettendo a profìtto i segreti di cui è depositario, acquisisce ima vasta concessione in Cirenaica. Portando a casa - secondo i conteggi di Balbo - qualcosa come 2.376.780 lire dell'epoca (non dimentichiamo che siamo nei tempi in cui si sognano "mille lire al mese"). Più tardi la segreteria di Mussolini aggiorna il conteggio: aggiungendo altre 380.386 lire e 40 centesimi. Versati dai fondi della pohzia segreta a Dùmini, o a Jessie Wilson, la biondissima e indomita mamma del killer (pronta a minacciare rivelazioni sulla stampa intemazionale se non accontentano il figliolo). Mayda documenta i passaggi attraverso i quali l'ex-sicario, prima condannato a un beve pena carceraria dai giudici di Chieti e poi finito dentro e fuori dal carcere e dal confinò per altri reati, gioca la sua partita col Duce e con Bocchini, capo della polizia. La posta a cui Dùmini mira, e che raggiunge a metà degh anni Trenta, è la ricchezza. Tanti soldi e una bella proprietà in Cirenaica. Nonché consistenti benefìts, sempre a spese del regime, fatti di viaggi aerei e soggiorni in alberghilussuosi e vacanze confortevoli. La pacchia finisce con l'invasione della Cirenaica, il ritomo in Itaha e la condanna nel 1947, per il dehtto Matteotti, all'ergastolo. Liberato nel 1956, muore nel 1967. Ha fatto in tempo a raccontare le sue prodezze in Diciassette colpi, pubblicato da Longanesi. I colpi a cui fa riferimento il titolo non sono relativi all'assassinio Matteotti. Alludono ad una specie di esecuzione - in Cirenaica, da parte degh inglesi - a cui Dùmini asserisce di essere miracolosamente sfuggito. Di certo c'è solo il suo incontrovertibile esser rimasto vivo. Tanto da poter raccontare, dieci anni dopo, quella sua misteriosa messa a morte. Un killer spietato e rancoroso, ricattatore dei suoi stessi committenti a cominciare dal Duce, agente provocatore e vorace faccendiere foraggiato dai fondi dello Stato fascista, si faceva carico degli affari sporchi del Regime eliminando non solo gli oppositori