La sanguinosa strategia della caccia ai più deboli di Paolo Mastrolilli

La sanguinosa strategia della caccia ai più deboli GLI UOMINI DI AL ZARQAWI CERCANO DI INTIMIDIRE GLI ALLEATI DEGLI USA La sanguinosa strategia della caccia ai più deboli Il contingente di Seul dovrebbe diventare il più numeroso dopo quello americano. Ma l'opinione pubblica non voleva l'intervento Paolo Mastrolilli NEW YORK Colpire gh alleati degh Stati Uniti per spaccare la coalizione, indebolirla sul piano militare, e mettere in fuga le aziende private, l'Onu e le organizzazioni non governative, che dovrebbero ricostruire Hraq. La strategia dei tarroristi e dei sostenitori del vecchio regime non è nuova, ma sta prendendo un connotato molto più tragico con le decapitazioni dei civili, che hanno un impatto più diretto sull'opinione pubblicailei Paesi presi dì mira. L'intimo caso è quello coreano, che secondo il responsabile degli studi strategici della think tank «Csis», Anthony Cordesman, ha un chiaro valore esemplare: «Seul appartiene al gruppo dì alleati meno abituati a questi interventi, e meno vìdnì alla realtà del fondamentalismo islamico. Nel paese c'è un generale sentimento antimihtare crescente, legato in parte allo sforzo dì risolvere i problemi con la Corea del Nord per'vìa diplomatica, e quindi la gente fatica a comprendere la necessità di mandare soldati in un teatro così distante. In più si aggiunge la revisione in corso della presenza americana nel Paese, e questo complica il quadro. Per certi versi è una situazione simile a quella del Giappone, già colpito in passato da altri rapimenti, con la differenze che Tokyo è ancora più frenata a causa della sua costituzione che vieta le operazioni militari all'estero». Non è detto che gh uomini di Zarqawi abbiano fatto tutti questi calcoli, decìdendo dì decapitare Tfim Sunil, dipendente dell'azienda sudcoreana Gana General Trading. Ma secondo l'ex generale William Nash, comandante dì brigata durante la Prima Guerra del Golfo e oggi direttore del Center for Preventive Action al Council on Foreing Relations, «e* chiaro l'intento dì colpire gh anelli più deboli dell'alleanza e la componente più esposta nel processo dì ricostruzione, cioè i civili». Poco prima del rapimento, Seul aveva deciso di inviare entro agosto 3.000 soldati ad Erbil, nella zona settentrionale dell'Iraq controllata dai curdi. A loro si aggiungeranno i circa 600 militari e medici già presenti vicino a Nassiriya, trasformando il contingente sudcoreano in quello più numeroso dopo Stati Uniti e Gran Bretagna. Una mossa che il presidente Roh Moo-hyun considera essenziale, per compensare l'impegno degh americani nelle trattative con Pyongyang. Washington ha 37.000 soldati schierati nel territorio dì Seul, in maggior parte lungo la zona demilitarizzata al confine con la Corea del Nord. All'inizio di giugno l'amministrazione Bush ha annunciato che entro il 2005 vorrebbero ritirare 12.500 uomini, proprio per spostarli in zone più calde. Il governo sudcoreano vorrebbe almeno che la scadenza fosse allungata al 2007 o al 2013, e lunedì prossimo è in programma la ripresa dei colloqui con gh Usa sulle modalità del riassetto. In questo clima, l'ultima cosa di cui ha bisogno Roh Moo-hyun è uno strappo in Iraq. ((Forse - commenta Cordesman - i terroristi non sanno tutto questo, ma comunque conoscono lo stato d'animo dei vari Paesi e leggono i sondaggi d'opinione sui giornali». Gh ultimi rilevamenti, pubblicati lunedì dai portali internet Daum e Naver e ripresi dal Korea Herald, dicono che oltre il GO1}*) dei coreani è contrario all'intervento in Iraq, mentre 32 parlamentari, 18 del partito al potere Uri, 10 dell'opposizione Democratic Labor Party, e 4 del Grand National Party, hanno firmato una risoluzione per chiedere il blocco dell'invio delle truppe. Per il fine settimana, poi, una coalizione di 365 organizzazioni civili ha indetto una manifestazione allo scopo di domandare il ritiro dì tutto il contingente coreano. Il governo finora ha resistito, confermando che i soldati partiranno comunque, ma il ministero del Commercio, Industria ed Energia ha deciso l'evacuazione degh ultimi 22 uomini d'affari civili coreani ancora presenti in Iraq. Questo è l'altro problema centrale che ri¬ guarda anche gh Usa, l'Onu e le organizzaziom non governative: «La guerriglia - spiega Cordesman - continua a colpire non solo gli alleati, ma anche gh americani e tutte le altre strutture pubbliche e private che dovrebbero ricostruire il Paese. Decine di Ong sono andate via dall'Iraq per mancanza di sicurezza, e il Palazzo di Vetro non ha ancora riaperto la sua missione a Baghdad Ciò ha rallentato moltissimo la ricostruzione». Contrastare la strategia dei terroristi è molto difficile, perché a loro basta una singola azione per impressionare tutto il mondo: «Sul piano politico e strategico - spiega Nash - stiamo facendo le cose giuste, ma ci dobbiamo aspettare altre azioni simili. La risposta più importante è la perseveranza dei governi». Secondo Cordesman «bisogna potenziare le operazioni contro l'insurrezione e favorire il successo del nuovo governo tra la popolazione, per prosciugare il terreno intomo ai terroristi. Ma prima dì vedere ì primi risultati ci vorrano almeno 4 o 5 mesi». Il presidente Roh puntava a convincere Bush a rinunciare al progetto di ritirare almeno dodicimila uomini dal Paese asiatico Contrastare i piani dei terroristi è difficile perché a loro basta una singola azione per impressionare tutto il mondo

Persone citate: Anthony Cordesman, Bush, Cordesman, Gana, Nash, William Nash, Zarqawi