Dehors, il calvario dei baristi

Dehors, il calvario dei baristi UN CRONISTA PER VOI: OGNI GIOVEDÌ' (14-18) UN GIORNALISTA NEL SALONE LA STAMPA DI VIA ROMA Dehors, il calvario dei baristi Il caso emblematico di un esercizio in via Po Luciano Borahesan Angelo Conti Ha per clienti politici, amministratori, oltreché dirigenti sportivi e non. Gente che conta, come si dice, ma - da buon cittadino non ha chiesto ad alcuno di aiutarlo a «ri-avere» il dehors che ogni estate era solito mettere davanti al suo luminoso locale. Perchè scambiare un diritto con un piacere? Così Enrico Rizzello, 50 anni, titolare del ristorante-pizzeria «Primo Piano» di via Po 20, ha provato la dura vita dell'uomo qualunque alle prese con la burocrazia. Non che non l'avesse mai incontrata, ma tenace e insensibile come questa, no. Per la prima volta, nella sua vita di commerciante, Rizzello - dopo tre «no» del Comune - rischia di arrendersi. E con lui i suoi dipendenti, che potrebbero essere ridimensionati per il minor carico di lavoro. La storia di Enrico è quella di tanti altri esercenti che hanno conosciuto il «maledetto» regolamento «08479/016». Ne è vittima-testimone anche Luca Piovano il presidente di Centro-Crocetta, la Circoscrizione più interessata da domande per dehors: «Ho ricevuto duemila proteste, sono subissato di telefonate, di insulti, ancora oggi. 4-5 al giorno. Noi facciamo solo gli ambasciatori, a decidere sui progetti è l'apposita commissione comunale». Le peripezie di Enrico aiutano a capire i motivi di tanta rabbia tra gestori di ristoranti, bar, pizzerie, cremerie. Tutto nasce dal nuovo regolamento dei dehors. Una disciplina studiata per dare autorizzazioni «in conformità ai principi generali di riqualificazione formale e funzionale dell'ambiente cittadino e di promozione turistica elaborati dalla Città». Flash back: negli ultimi sei anni i dehors erano cresciuti da 200 a 2000, senza regole, con arredi improvvisati. E' giusto arrestare l'abusivismo, è opportuno dare ordine e cura in vista delle Olimpiadi. Ma, si sa, è difficile azzeccare criteri oggettivi, e poi tocca agli uomini applicarli con buonsenso. Tra le correzioni, il contenimento degli spazi estemi a un terzo in più della proiezione d'esercizio (mai oltre 115 metri). Per non turbare le attività che avevano programmato lo stesso dehors estivo dell'anno precedente, il consiglio comunale aveva stabilito che chi faceva domanda entro il 15 marzo avrebbe ancora goduto dei vecchi metri quadrati. Il guaio è che l'innovazione è stata prevista troppo repentinamente e a ridosso della bella stagione. Per di più, l'Epat e la Confesercenti avevano tranquilizzato i propri iscritti, indicando come scadenza per la domanda «il 30 marzo». Hanno sbagliato data, ma a pagare sono gli iscritti. Così, il 22 marzo, Enrico Rizzello ha scoperto che la sua domanda di rinnovo non poteva più essere accolta. Addio ai suoi 85 metri quadrati sotto i portici di via Po. Via le grate in legno, via il mobiletto estemo, via molte delle piante che servivano ad isolare i tavolini dal traffico. La riduzione è drastica: 14 metri quadri, e un nuovo progetto (stilato dallo Studio Temasi). Che viene bocciato. Accidenti: supera di 35 centimetri lo spazio consentito dalla delibera «08479/016». E, come nelle più rigide scuole, Enrico viene respinto in tutto. Non che gli diano 1 autorizzazione per i metri quadri possibili, questo no, perchè «il regolamento prevede di ripresentare il progetto». Il bel tempo aumenta il rammarico di Enrico. La stagione avanza, l'attrezzatura per il dehors resta in cantina (è costata un po' di snidi), in compenso bisogna sostenere altre spese per il progetto-ter: che, di nuovo , viene respinto (in toto). Che cosa non va? Ci sono un paio di piante: non devono impedire la visuale dei portici, tolgono ampiezza, dicono gli urbanisti. «Non bastava dare l'autorizzazione ai 14 metri quadri senza piante?», chiede Enrico. «No - rispondono i dirigenti del Comune -, il regolamento non lo consente. Si deve ripresentare il progetto». Siamo al 22 di giugno. Rizzello ci ha rimesso abbastanza e non lo consola che -anche il Comune rinunci ai 2 mila e 500 euro che nel 2003 gli aveva preso in tassa per uso del suolo pubblico, anzi lo preoccupa. «Non si dice che le casse pubbliche sono in rosso? E Torino può permettersi di incrociare le braccia e rinunciare ad una voce di bilancio di questa portata?». Quello dei dehors è un problema che tocca soprattutto,! bar

Persone citate: Angelo Conti, Enrico Rizzello, Luca Piovano, Rizzello

Luoghi citati: Torino