L'ombra di Shamil Basaev l'irriducibile di Grozny di Anna Zafesova

L'ombra di Shamil Basaev l'irriducibile di Grozny L'ombra di Shamil Basaev l'irriducibile di Grozny Le fonti dei .ribelli smentiscono la notizia: «E' un'ennesima bugia» Per mesi si parlò della «Brigata 055», ma non se ne trovò traccia Anna Zafesova MOSCA «Non abbiamo dimenticato nulla in Iraq, i ceceni hanno un solo nemico, l'impero russo». Le fonti dei ribelli caucasici smentiscono dalla Russia la notizia di trecento ceceni pronti a scagliare l'attacco cóntro le truppe italiane a Nassiriya. «E' un'ennesima bugia», replicano anche i ceceni più leali al Cremlino, ricordando che non sono mai state trovate prove del nesso tra la resistenza armata di Grozny e Al-Qaeda. Anzi, qualcuno degli indipendentisti giunge a ipotizzare che i 300 terroristi esistono davvero, ma sono i ceceni fedeli a Mosca, inviati in Iraq nell'ambito di un'operazione russo-britannica, per dare una mano a Vladimir Putin. Il quale sul binomio «ceceni-islamisti» ha costruito tutte le sue giustificazioni dell'invasione della Cecenia, presentata da lui all'Occidente come parte della crociata antiterroristica che la Russia avrebbe cominciato ancora prima dell'I 1 settembre. Scenario di cospirazione fantapolitica. Eppure l'ombra del «cattivo ceceno» ritoma con insistenza nei conflitti degli ultimi anni, tra segnalazioni di «fonti anonime meritevoli di fiducia» di vari Paesi e miti di guerra. Per mesi si è parlato della micidiale «brigata 055», la guardia personale del mullah Omar, composta quasi esclusi- vamente da ceceni. Qualcuno ha addirittura fornito testimonianze della loro presenza a Kabul, arroganti, agressivi, pieni di soldi, che si infischiavano dello «shariah» talebano impunemente, tanto grande era considerato il loro valore militare. Con la caduta del regime talebano di questi superuomini del fronte Al-Qaeda non è stata trovata traccia. Alcuni li davano rintanati a Torà Bora, altri rifugiati in Pakistan, dove a quanto pare sono stati ospitati dai pushtun ostili al govemo di Islamabad. Tra gli otto cittadini russi deportati a Guantanamo non risulta nessun ceceno etnico: solo tartari, bashkiri, balkari, reclutati per la maggior parte non nel Caucaso, ma nelle «medresè» radicali del Volga, nel cuore islamico della Russia. Anzi, paradossalmente alla vigilia della guerra irachena il leader separatista Aslan Maskhadov aveva addirittura appoggiato gli Osa. Probabilmente per fare un dispetto a Mosca che invece si era schierata con il fronte anti-Bush, e per conquistare i favori degli americani che sotto la pressione di Putin avevano accettato di qualificare alcuni gruppi ceceni come «terroristi». L'ex presidente ceceno - considerato ancora da molti il leader politico e militare della guerriglia caucasica ha addirittura invocato la caduta di Saddam, «un male a prescindere dal suo essere arabo o musulmano», una «marionetta delTUrss e del Kgb che ora si cerca di presentare come un martire». Una contraddizione per l'immagine del ceceno fondamentaUsta che gravita nell'orbita di Al-Qaeda. Ma il fatto è che la resistenza antirussa è cominciata in Caucaso prima e durerà dopo Bin Laden. La prima leva dell'indipendentismo, quella di Maskhadov, è laica e nazionalista e ha abbracciato la fraseologia islamica più per darsi una bandiera e sfruttare eventuali finanziamenti stranieri che per reale amore della jihad. Una guerriglia che appare però in declino: i tentativi di Maskhadov di conquistare l'Occidente con la sua retorica di «liberazione nazionale» si sono rivelati meno efficaci delle mosse verso oriente dei suoi oppositori, primo tra tutti Shamil Basaev. Da Ovest arrivano invocazioni di una «soluzione politica» con il Cremlino, da Est soldi e armi. Le operazioni più feroci dei ceceni, come l'ondata di kamikaze modello Palestina degli ultimi due anni, sono state copiate da manuali fondamentalisti e secondo i servizi russi - finanziati e organizzati dagli arabi. Del resto, nel Golfo vive una comunità numerosa e influente di ceceni fuggiti dalla Russia ancora all'epoca della guerra con gli zar. Nel Qatar aveva trovato rifugio l'ex presidente indipendentista Zelimkhan Jandarbiev, ucciso nel febbraio scorso in un attentato organizzato dai servizi russi che lo consideravano il collegamento tra il Caucaso e Al-Qaeda. E in Cecenia hanno operato diversi comandanti arabi, tra qui il giordano Hattab considerato collaboratore di Bin Laden. . Ora Washington, Parigi e Londra temono che dopo la caduta dei taleban il poligono del terrorismo si sposti nella Cecenia mai domata dai russi e nella vicina Georgia in perenne tumulto. I russi e i loro colleghi dei servizi occidentali riscontrano analogie tra la serie di autobombe in Iraq e in Cecenia, e segnalano 50 ceceni infiltrati per insegnare agli iracheni la guerriglia contro truppe regolari. La situazione si inverte: non sono più i ceceni ad andare a scuola di bombe in Afghanistan, ma estremisti di altri Paesi a fare tirocinio nel Caucaso. Anche trai cittadini russi deportati a Guantanamo solo tartari, bashkiri e balkari reclutati soprattutto nel Volga II leader della resistenza radicale cecena Shamil Basaev Un guerrigliero ceceno. La guerriglia cecena potrebbe essere presente in Iraq